L'ultima apparizione pubblica di Adèle Haenel, dopo le perforamance in film come The Fighter e Ritratto della giovane in fiamme una delle giovani attrici più promettenti e già premiate del cinema europeo, è stata un'uscita di scena gridata dalla sala in cui si teneva in diretta la cerimonia di premiazione dei César, nel 2020. Aveva protestato contro le dodici candidature per L'ufficiale e la spia e in particolare il premio alla regia per Roman Polanski, pur assente, accusato di violenze sessuali. Nel novembre precedente, in seguito a un'inchiesta di Mediapart, aveva rilasciato una lunga intervista confessione in cui aveva parlato delle molestie subite dal regista del suo primo film, quando lei aveva fra i 12 e i 15 anni. In seguito ha sporto denuncia e il procedimento non si è ancora concluso.
Tutto ciò è avvenuto a fine febbraio 2020. Poi lo scoppio della pandemia e un lungo silenzio per l'attrice, sparita non solo dalle pagine dei giornali ma anche dai set cinematografici, che non ha più frequentato. Invece è apparsa in alcune occasioni durante manfestazioni politiche, specie contro la riforma delle pensioni poi trasformata in una legge voluta dal presidente Macron. Non ha più recitato dal 2019 e oggi conferma la sua decisione di impegnarsi per cambiare le cose in maniera radicale, in un mondo che si muove nella direzione che Haenel ritiene totalmente sbagliata e suicida. Capello corto, parka e zainetto, è stata immortalata recentemente durante una visita agli scioperanti del principale sindacato francese in una raffineria della Normandia.
In quell'occasione ha detto di essere lì "in quanto femminista e lesbica, per dire che se siamo uniti così, ora, sui temi caldi, possiamo vincere". Con il surriscaldarsi delle proteste in Francia negli ultimi mesi, Adèle Haenel è stata sempre più partecipe, vicina all'organizzazione di estrema sinistra Rivoluzione permanente, a incontri, riunioni, azioni dirette, per "per difendere un mondo post-capitalista, cioè comunista". Sollecitata più volte dal settimanale Telerama sulla sua decisione di lasciare il cinema, ha risposto inviando una lettera molto chiara.
Ecco di seguito ampi estratti della lettera aperta di Adèle Haenel.
"Ho deciso di politicizzare il mio stop al cinema per denunciare la complicità generalizzata della professione nei confronti degli aggressori sessuali e, più in generale, la maniera nella quale l'ambiente collabora con l'ordine di morte ecocida e razzista del mondo così com'è. Diciamolo chiaramente: mentre la biodiversità crolla, la militarizzazione dell'Europa si scatena, la fame e la miseria continuano a dilagare, qual è l'ossessione del mondo del cinema - collegialmente riunito nei Premi César, a promuovere i propri film? Voler rimanere 'leggero'? Parlare soprattutto di niente. Nel contesto di un movimento sociale storico, aspettiamo di vedere se i big dell'industria cinematografica contano - come gli sponsor dell'industria del lusso - sulla polizia per garantire che tutto si svolga come al solito sul tappeto rosso del Festival di Cannes". Come dire, aspettiamoci che Adèle Haenel possa tornare a Cannes, ma nelle vesti inedite di manifestante contro quel tappeto rosso che molte volte ha calcato in passato.
Poi nella lettera prosegue, "Continuare a rendere desiderabile questo sistema borghese e ritenuto come naturale è criminale. Non c'è più un futuro vivibile per nessuno a brevissimo termine, nel quadro del capitalismo. È urgente lanciare questo allarme il più forte possibile. Ma tutti si uniscono per salvare la faccia di Depardieu, Polanski [...]. Li infastidisce che le vittime facciano troppo rumore, preferirebbero che continuassimo a scomparire e a morire in silenzio. Sono pronti a tutto pur di difendere i loro padroni stupratori, quelli che sono così ricchi da credersi di una specie superiore. Di fronte al monopolio della parola e della ricchezza della borghesia non ho altre armi che il mio corpo e la mia integrità. 'Cancel culture' nel senso primario: avete i soldi, il potere e la gloria, potete vantarvene, ma non mi avrete come spettatrice. Vi cancello dal mio mondo. Me ne vado, sciopero, mi unisco ai miei compagni per i quali la ricerca di senso e dignità ha la precedenza sulla ricerca di denaro e potere. Dal 2019 porto avanti il mio lavoro artistico in collaborazione teatrale e coreografica con Gisèle Vienne. È un'artista che costruisce una delle opere più potenti che abbia mai incontrato. Di fronte al distacco, al vuoto e alla crudeltà che l'industria cinematografica pone come principio, il significato, il lavoro e la bellezza che lei mette costantemente in gioco sono una luce che mi permette di mantenere la fede in ciò che il potere dell'arte può significare."
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