Altro che parenti serpenti. Se ci sono di mezzo soldi importanti, il nucleo sociale più immediato, quello che dovrebbe essere per noi tutti un rifugio, spesso si dimostra un campo di battaglia che alimenta molte storie gustose al cinema. Cosa che accade non di rado nelle pellicole dei nostri cugini francesi, che ci hanno abituati a delle stoccate niente male, come conferma l’intrigante Un vizio di famiglia, diretto da Sébastien Marnier, in uscita nelle sale il 4 gennaio distribuito da I Wonder Pictures e presentato con successo alla scorsa edizione della Mostra del cinema di Venezia.
Proprio al Lido ormai è una diva e garanzia di qualità Laure Calamy, stratosferica segretaria di Call My Agent, e miglior attrice nella sezione Orizzonti per Full Time - Al cento per cento. Insieme a lei nel cast Doria Tillier (La Belle Époque), Suzanne Clément (Mommy), oltre alla veterana Dominique Blanc e Jacques Weber nei panni dello spietato patriarca della famiglia.
La vicenda è ambientata in una sontuosa e ricca villa in riva al mare in cui l’operaia Stéphane (Laure Calamy) si ritrova in una famiglia a dir poco benestante che scopre essere la sua. Il padre (Jacques Weber) la accoglie per la prima volta, sapendo di avere una figlia da una relazione extra coniugale ma non avendola mai direttamente conosciuta. La nuova arrivata si troverà di fronte la eccentrica moglie (Dominique Blanc), una figlia ambiziosa (Doria Tillier) e una cameriera inquietante. Tutti si studiano, sfoggiano ogni tanto qualche sorriso di circostanza ma la menzogna regna sovrana, mentre il clima di sospetto si diffonde e un mistero sconvolge ulteriormente le cose.
Un miscuglio di generi diversi, Un vizio di famiglia, nato da una situazione tanto curiosa quanto reale, come ci ha raccontato il regista, Sébastien Marnier. “L’idea è nata da un evento personale, il fatto che mia madre abbia finalmente trovato a 65 anni il padre biologico che non aveva mai conosciuto. La mia visione della famiglia, come si intuisce vedendo il film, non è particolarmente positiva ma questo evento mi ha dato l’idea di trasformare la sua vicenda in un’opera di finzione. La cosa che trovo particolarmente ironica è che mia madre ci ha cresciuti con una visione di sinistra, una famiglia proletaria politicamente impegnata, arrivando addirittura a vietarci di frequentare persone schierate a destra, per poi scoprire che il padre biologico era un banchiere di ovvie tendenze conservatori, con un’idea di classe completamente diversa. A quel punto la nostra educazione è stata totalmente scombussolata”.
Un personaggio inusuale, quello interpretato in Un vizio di famiglia da Laure Calamy, spesso frenetica e divertente, mentre in questa occasione è spiazzante e dotata di una ironia assolutamente nera. “Quello che caratterizza e muove il mio personaggio è un grande bisogno di amore e riconoscimento da parte degli altri”, ci ha detto nel corso di un’intervista a Venezia. “Del resto è quello che spinge ognuno di noi a metterci in primo piano senza necessariamente ascoltare gli altri. La sensazione che ho è che agisca anche per aiutare queste donne, portando a chiederci dove collochiamo nella vita, fra le nostre priorità, l’etica e i nostri principi morali. Abbiamo tanto discusso con il regista come ciascuno di noi proietta quello che gli altri si aspettano da noi. Per esempio, il mio personaggio in Chiami il mio agente è agli antipodi rispetto a come sono io nella realtà. È come se la gente si aspettasse un quadro di Renoir e se ne trova uno di Francis Bacon. Ma non solo gli attori interpretano dei ruoli, accade a tutti nella vita di tutti i giorni di indossare delle maschere”.
Un vizio di famiglia è una storia al femminile, con l’unico elemento maschile rappresentato dal patriarca, il capofamiglia Serge. “Ho immaginato la famiglia come un gruppo di donne, provenienti da realtà e universi differenti”, ha detto il regista. “Per dipingere questo universo femminile così sfaccettato mi sono affidato ai generi più idonei a dare un ritmo adeguato alla storia, con una note ironica. La mia cinefilia è stata nutrita da tanti generi che ritengo fondamentali e amo. Il cinema di genere è quello che meglio si presta a raccontare la società di oggi. Ho poi voluto omaggiare un regista per me fondamentale, Claude Chabrol. Sono diverse le origini del male (per richiamare il titolo originale del film). Non secondario è il ruolo del denaro, che guida la nostra esistenza e, almeno in Francia, è presente anche una realtà patriarcale che genera padri incombenti che spesso generano delle famiglie tossiche”.
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