Si sono svolti ieri a Bologna, alla chiesa del Sacro Cuore, vicino a dove viveva, i funerali dell'attore Gianni Cavina, volto molto popolare del cinema e della tv, grazie soprattutto alla collaborazione lunga una vita col regista Pupi Avati. Purtroppo l'ultimo saluto a Cavina è stato amaro per chi gli voleva bene: assenti le autorità e scarsa la partecipazione dei bolognesi, per un attore che tanto aveva dato alla città. Come riporta un lungo articolo nella sezione locale di Repubblica, a firma Emanuela Giampaoli, Pupi Avati, dando l'ultimo saluto al suo amico, interprete e collaboratore, ha pronunciato quasi un'invettiva, esprimendo tutta la sua amarezza per questa situazione.
Pupi Avati saluta Gianni Cavina che avrebbe meritato di più da Bologna
Ai funerali di Gianni Cavina, scomparso dopo una lunga malattia il 26 marzo, secondo quanto riporta la cronista erano presenti i parenti stretti, tra cui la seconda compagna, Giovanna Galota, il figlio Fabrice e la cerchia più intima di amici tra cui gli Avati, per un totale di una cinquantina di persone, con molti posti vuoti nella Chiesa. Spiccava l'assenza dei rappresentanti delle istituzioni cittadine, anche se Cavina era stato ricordato in consiglio comunale, secondo un altro articolo, dal consigliere comunale del PD Maurizio Gaigher. Quando Pupi Avati alla fine delle esequie è andato a portare la sua testimonianza di affetto e riconoscenza all'amico ha avuto parole dure, tanto da confessare, lui che è credente, di non aver fatto la comunione durante la messa perché, ha detto, "sono nel peccato, sono profondamente rammaricato, provo addirittura odio nei riguardi della mia città guardando questa chiesa. Ed è lo stesso odio che ho provato a Roma tre anni fa quando venne a mancare il socio di Gianni, Carlo Delle Piane, e la scena è stata simile". Avati ha poi continuato ricordando che Cavina ha fatto tanto per portare la bolognesità in giro per l'Italia, ma non è stato capito: "Io immaginavo di trovare qui non dico le fanfare, le bande, non dico il sindaco, il presidente della Regione, il cardinale, ma Gianni meritava la presenza della città. Facciamogli un applauso vero".
Ha poi parlato del coraggio di Gianni Cavina e del fatto che aveva sempre minimizzato la sua malattia, anche quando si sentivano al telefono, per non deludere se stesso e Avati, nella speranza di un altro progetto insieme, per continuare il sogno che li aveva uniti e che lo aveva trasformato da comparsa in protagonista per lui e per il fratello Antonio. Riportiamo anche le commoventi parole con cui Pupi Avati ha salutato l'amico:
"Ecco Gianni, quando da bambini andavamo a giocare in cortile c'era sempre la luce, fino a quando la sera scendevano le tenebre. Le nostre mamme allora ci chiamavano per fare ritorno a casa. Era l'ora più brutta. Siamo arrivati a questo punto della nostra vita. Ci stanno chiamando a casa. Ciao Gianni".
Chi scrive in questo caso condivide l'apprezzamento per la figura umana e professionale di Gianni Cavina e l'amarezza di Pupi Avati per la sorte che tocca a certi professionisti che ci hanno rallegrato tante volte al cinema o in tv, ma che, per carattere, scelta o altre circostanze, si tengono lontani dal cosiddetto star system e vengono ingiustamente dimenticati.
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