Possiamo considerare Paulette la versione francese de L'erba di Grace? Non esattamente. La protagonista Bernadette Lafont, che è stata attrice per Claude Chabrol e François Truffaut non somiglia affatto alla Brenda Blethyn della garbata commedia inglese di Nigel Cole. Inoltre, qui ci troviamo nella banlieue parigina, in piena crisi economica, e non si parla di donne di mezza età dotate della proverbiale classe britannica, ma di vecchiette, anzi di una vecchietta, arcigna, xenofoba, impaziente e brontolona. Anche lei comincia a vendere droga perché i soldi scarseggiano, ma la morale della favola è diversa e ci suggerisce che senza denaro siamo tutti più cattivelli e meno generosi. "Paulette non è un film sulla legalizzazione della droga ma sulla precarietà della terza età" - ha dichiarato il regista Jérôme Enrico, che ha scritto la sceneggiatura insieme a tre studenti della scuola di cinema in cui insegna regia e sceneggiatura e che ha chiamato a recitare sia attori presi dalla strada che professionisti. Fra questi ultimi, l'intramontabile Carmen Maura. Anche se Paulette ricorda al regista sua nonna, che dall'Italia emigrò in Francia e dopo due giorni già riteneva che ci fossero troppi arabi, il personaggio è ispirato a una donna realmente esistita.
Paulette: la vera storia alla base del film
La donna che è diventata la Paulette del film di Jérôme Enrico non ha un nome, almeno sugli articoli che parlano di lei. Una testata giornalistica francese ha voluto chiamarla Sylvie, e ci racconta che Sylvie aveva un marito, Gérard. Anche noi useremo questi nomi. Dunque, Sylvie e Gérard se la passavano piuttosto male all'epoca dei fatti. A spingere la prima a diventare prima nourrice (termine che i poliziotti francesi usano per definire una persona che tiene in casa propria la droga che riceve dai pusher) e quindi spacciatrice di cocaina furono i debiti impossibili da pagare. La donna faceva qualche lavoretto, mentre Gérard, che di mestiere consegnava giornali, era in pensione. La coppia aveva chiesto dei prestiti e non aveva modo di restituire il denaro. Un giorno, grazie alle cattive frequentazioni del figlio, decise di lanciarsi nel traffico di droga. "Volevo solo guadagnare abbastanza soldi per pagare immediatamente i nostri debiti" - ha raccontato Sylvie più tardi. "Poi, una volta ritrovata la tranquillità, avrei smesso". Sylvie e il marito andavano a prendere la droga in Belgio, passavano il confine, la portavano a casa, dove la dividevano in dosi, e la rivendevano, senza consumarne nemmeno un milligrammo. La mente del duo era certamente lei. "Mi sono resa conto che stavo per sprofondare" - ha detto ai tempi del processo. "Sapevo bene che quello che facevo era illegale. Ma capivo anche che, se non l'avessi fatto, avrei perso la casa, i mobili e tutto ciò che ero riuscita a costruire. Ricominciare da capo alla mia età non era possibile". Sylvie ha ricordato inoltre di quanto fosse diventato difficile, a un certo punto, mantenere il ritmo. I loschi nuovi datori di lavoro bussavano continuamente alla sua porta, così come i compratori.
A un certo punto Sylvie e Gérard sono stati scoperti e processati, e Sylvie è stata condannata a 2 anni di prigione. Altre fonti parlano di 4 mesi, ma non è chiaro se questo lasso di tempo indichi o meno l'effettiva permanenza in carcere. Anche Gérard è finito in gattabuia. Entrambi sono usciti nel 2013.
Paulette: La nostra intervista al regista
Paulette è stato presentato al Bari International Film Festival nel 2013. Noi di comingsoon.it lo abbiamo visto là e abbiamo anche incontrato il regista. Ecco la nostra intervista:
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