Nel 2016 il regista e produttore inglese Mick Jackson firma il film La verità negata, con Rachel Weisz, Timothy Spall, Andrew Scott, Tom Wilkinson e Mark Gatiss. La storia è tratta da un libro della professoressa e storica americana Deborah Lipstadt, che racconta la causa per diffamazione intentatale dallo storico britannico David Irving, negazionista dell’Olocausto.
La vera storia e i veri protagonisti di La verità negata
Il film con Rachel Weisz e Timothy Spall nei ruoli principali è tratto dal libro del 2005 della storica americana Deborah Lipstadt “History on Trial: My Day in Court With a Holocaust Denier”, pubblicato in italiano col titolo “La verità negata. La mia battaglia in tribunale contro chi ha negato l'Olocausto”. Lipstadt da sempre si era occupata dei crimini nazisti sul popolo ebraico e il suo saggio più noto, del 1993, intitolato “Denying The Holocaust: The Growing Assault on Truth and Memory” (Negare l’Olocausto: il crescente assalto alla verità e alla memoria), smontava le tesi di chi minimizzava o negava addirittura l’esistenza stessa dello sterminio sistematico di massa del popolo ebraico da parte del regime nazista. Proprio per questo libro, nel 1996, lo storico britannico David Irving, specializzato sui temi della seconda guerra mondiale e da sempre schierato su posizioni revisioniste, chiamato in causa, l’ha clamorosamente citata in tribunale assieme alla casa editrice Penguin Books per diffamazione. Il processo si è aperto nel 2000 e concluso ad aprile dello stesso anno assolvendo Lipstadt e ribadendo le sue tesi: non solo Irving è un negazionista dell’Olocausto ma ha manipolato dati e prove storiche per aggiustarle alla propria ideologia. A processo, in tribunale, non andarono solo individui ma i concetti stessi di verità e giustizia. Anni dopo, a Irving andrà anche peggio: nel 2005 è stato arrestato in Austria per la sua adesione al partito nazionalsocialista e ha scontato 400 giorni in carcere (dei tre anni a cui era stato condannato), prima di essere rilasciato in libertà vigilata. Nonostante questo, ha provato a organizzare tour dei lager a pagamento (solo l’intervento delle autorità polacche glielo ha impedito) e ha pubblicato un’autobiografia intitolata “Perseguitato”, non rinunciando mai alle sue idee.
La verità negata: gli attori e il lavoro sul film
Rachel Weisz per il ruolo ha avuto il permesso, assieme a una troupe ridotta, di girare alcune scene nel campo di sterminio di Auschwitz Birkenau, dove venne assassinato il maggior numero di ebrei. Nella sceneggiatura c’è poco di inventato: tutte le frasi che gli interpreti pronunciano in tribunale sono tratte fedelmente dalle trascrizioni del processo. Ovviamente il film si prende delle libertà sui personaggi. Ad esempio la vera Deborah Lipstadt si è detta divertita da quanto Rachel Weisz sia più alla moda ed elegante di lei “Mi sono vestita bene per il film, ma non sono elegante: sono una docente!” sono state le sue esatte parole. Però le sciarpe che l’attrice indossa nel film le sono state prestate proprio da Lipstadt. Nel film Tom Wilkinson è l’avvocato Richard Ramtpon, esperto in cause per diffamazione. L’altro avvocato, Anthony Julius, è interpretato da Andrew Scott, che qua ritrova il suo autore e compagno di recitazione in Sherlock (dove il primo è Moriarty e il secondo Mycroft Holmes) Mark Gatiss, che ha il ruolo dello storico olandese dell’Olocausto Robert Jan Van Der Pelt. Irving è interpretato dal celebre attore inglese Timothy Spall. Sul personaggio, che è vivo e vegeto ed ha visto la sua interpretazione, Spall ha così commentato: “Il film non spiega la psicologia di David Irving, ma guarda alle conseguenze di quello che ha fatto. Il mio lavoro è di interpretarlo partendo dal centro, non dalle conseguenze”. Attore e personaggio non si sono mai incontrati ma Spall ha avuto a disposizione tantissimo materiale su you tube e ha studiato soprattutto la voce e il modo di parlare di Irving, a cui fisicamente non somiglia affatto. Sulla responsabilità di interpretare personaggi negativi, l’attore ha detto: “Si tratta di provare ad attingere dalla loro essenza, non di indagare le conseguenze delle loro azioni ma su quello che sono dentro. E’ sempre difficile e non lo prendo mai alla leggera, cerco sempre di pensare in modo profondo, empatizzo sempre con loro come esseri umani. Metto da parte quello in cui credo e i miei personali sentimenti e li interpreto per come sono, per quanto possibile”.
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