In tempi di Coronavirus si fa un gran parlare di quale sarà il destino del Cinema, se i film torneranno prima o poi fruibili nelle sale, e se queste potranno nuovamente riempirsi di spettatori assiepati in ogni ordine di posti una volta passato il pericolo del contagio, chissà quando, chissà come… Ma al di là della prassi della visione, c'è da chiedersi anche come una pandemia così profondamente segnante influirà, se non ha già cominciato a influire, sulle storie che il cinema ci racconterà d'ora in avanti, e sulle modalità stesse del racconto. È evidente come tutte le prossime e future creazioni della letteratura e della fiction con ambizioni di fedeltà alla vita reale non potranno non tener conto di un evento spartiacque della storia del nostro pianeta, se è vero, come dicono in tanti, che cambieranno radicalmente i nostri comportamenti sociali pubblici e privati, dall'abbracciarci, baciarci e far l'amore, al semplice stringersi amichevolmente la mano.
Perciò stupisce come già dallo scorso autunno (se ne è registrato il passaggio alla più recente Festa del Cinema di Roma, dove nella rassegna Alice nella città ha ottenuto il Premio Raffaella Fioretta per il Cinema Italiano) girasse per diversi festival internazionali, in attesa di trovare una distribuzione, Buio, opera prima di Emanuela Rossi, autrice finora di apprezzati cortometraggi (Il bambino di Carla del 2007, Il citofono dell'anno successivo, e Lacrime nere del 2010), che sorprendentemente preconizza tematiche entrate oggi con prepotenza nella normalità del nostro quotidiano, e decisamente impensabili anche soltanto fino a due mesi fa. Beninteso, Buio, scritto dalla stessa Rossi insieme a Claudio Corbucci, è una ‘favola moderna', una sorta di versione aggiornata di Hänsel & Gretel, dove al posto dei due fratellini e della strega cattiva della fiaba dei Grimm, le sorelle sono tre, e ‘l'orco' è un papà mentalmente disturbato per la sua stessa natura di ‘padre padrone' tra il viscido e l'affettuoso, che tiene le figlie rinchiuse in casa, blindate in un confinamento obbligato del tutto simile a una quarantena cautelativa, impedendo loro di uscire all'aperto con il pretesto di un'imminente Apocalisse, annunciata da eventi spaventosi che a poco a poco stanno distruggendo l'umanità e il mondo. Il film di Emanuela Rossi, che non è propriamente un thriller, pur adombrandone qua e là il profumo, è tuttavia la rappresentazione di una storia fondata sulla violenza e sulla prevaricazione di una figura paterna subdola e forse anche assassina (la madre delle ragazze è scomparsa tempo addietro, e non si sa bene che fine abbia fatto) che ha l'ambizione di denunciare con l'allestimento di una sorta di parabola contemporanea, quali violenze siano costrette a subire le donne nelle tre fasi decisive che precedono la loro vita adulta (l'infanzia, la prima pubertà, e l'ingresso nella maturità) se sottoposte alle vessazioni fisiche e psicologiche di famiglie ‘sbagliate' o quantomeno compromesse da pericolosi scompensi. Ambizione perfettamente riuscita, anche per l'adozione di un linguaggio cinematografico schiettamente ‘italiano' (e non ‘italico, si badi, come la maggioranza dei prodotti destinati alla spasmodica conquista del box office e di un pubblico ormai assuefatto all'estetica colorcorretta e patinata delle serie televisive), ispirato ai ritmi ponderati dei maestri degli anni '70/'80 come Olmi o Bellocchio, con moderate strizzatine d'occhio a certa crudeltà di un cinema contemporaneo lontano dai modelli statunitensi, come i film di Lanthimos e Avranas, espressamente citati dalla Rossi con il garbo e la grazia, tuttavia, di una timida e discreta ammiratrice. Inedita, o almeno assai poco vista nel cinema italiano che circola regolarmente in sala, è l'ambientazione nella provincia di Torino (gli esterni del film sono stati girati a Collegno, Moncalieri e Avigliana), fotografata con indugio autunnale da Marco Graziaplena, che negli interni della casa-prigione ricrea tra i colori caldi degli ambienti e l'algore acido dei neon e delle lampade a infrarossi per simulare una parvenza di sole, il senso di claustrofobia e le ansie che soffocano la naturale fioritura dei sentimenti e delle emozioni delle tre bambine, tenute in ostaggio dal padre in una fitta griglia di infelicità e sensi di colpa. A scaldare un così lucido oggettivo racconto di crudeltà e abuso, Emanuela Rossi interviene mutuando la propria regia in un vibrante amore maternale per tutte e tre le sue dolcissime e bravissime attrici protagoniste: Denise Tantucci ha i delicati e spauriti tratti di Stella, la maggiore delle tre, che troppo in fretta ha dovuto assumersi responsabilità troppo grandi per una ragazza della sua età lacerata dalla nostalgia della mamma scomparsa e l'incertezza di un futuro gravido di pericoli, mentre Gaia Bocci e la piccola Olimpia Tosatto, entrambe per la prima volta sullo schermo, sono le sue sorelline Luce e Aria. Apprezzabile tocco ulteriore di una regia calibrata con la delicatezza e la sensibilità tipiche di un occhio femminile è non aver caricato il padre di quei tratti grotteschi e pericolosamente in bilico tra l'eccesso e la caricatura con cui certo nostro cinema di genere dipinge i cattivi, i ‘mostri': al contrario, l'asciutta prestazione di Valerio Binasco conferisce allo squilibrio mentale del padre la necessaria ambiguità perché le giovani prigioniere possano verosimilmente affidarglisi come unica figura di riferimento disponibile in una situazione tanto precaria e disperata.
A causa della momentanea chiusura delle sale cinematografiche per l'emergenza Coronavirus, Buio sarà disponibile dal 7 maggio su Mymovies in direct to video (e sarà il primo a uscire in Italia con questo sistema) grazie al coinvolgimento degli Esercenti Cinematografici che potranno invitare il pubblico alla visione in VOD attraverso le proprie mailing list con link personalizzati per ciascun cinema.
(Buio); Regia: Emanuela Rossi; sceneggiatura: Emanuela Rossi, Claudio Corbucci; fotografia: Marco Graziaplena; montaggio: Letizia Caudullo; musica: Corrado Carosio, Pierangelo Fornaro; interpreti: Denise Tantucci, Gaia Bocci, Olimpia Tosatto, Valerio Binasco; produzione: Courier Film; distribuzione: Courier Film; origine: Italia, 2019; durata: 98'
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