sabato 7 dicembre 2019

Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi, la Hollywood degli effetti analogici che non c'è più


L'esordio alla regia di Joe Johnston con Rick Moranis non è solo un cult degli anni Ottanta.

Nell'epoca in cui la Disney porta a casa oltre 7 miliardi di dollari in un anno solare, fa tenerezza ricordare il successo di Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi, che nel 1989 divenne il più alto incasso per un film dal vero Disney: registrò al boxoffice americano 130.000.000 di dollari, a fronte di un budget di 18. Traducendo queste cifre nelle attuali, parleremmo rispettivamente di 265.800.000 e 36.800.000. Altri tempi: sarebbe impossibile oggi per un film del genere, basato su effetti speciali e visivi, esistere con un budget così ridotto, almeno nel contesto di alta qualità hollywoodiana. Poco prima però che il cinema scoprisse i costosi effetti digitali di Terminator 2 (1991) e Jurassic Park (1993), Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi fece tesoro di tutta l'esperienza fisica e analogica della macchina cinema artigianale: oggi la spartanità del film intenerisce, e di certo si ricorderanno con più nostalgia le smorfie di Rick Moranis, ma questo era un lungometraggio pensato per stupire.
In questo articolo distinguiamo tra "effetti speciali" (quelli fisici, sul set, tra burattinai e animatroniche) ed "effetti visivi", quelli realizzati in postproduzione tramite fotomontaggi.

Gli effetti speciali di Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi

Nella storia quattro ragazzi si ritrovano rimpiccioliti da un raggio miniaturizzante dello scienziato imbranato Wayne Szalinski (Moranis): due di loro sono persino i suoi stessi figli! Nel 1988, quando il film fu girato, non c'era altro modo per ottenere questo effetto che nel calare gli attori "rimpiccioliti" in un mondo fisicamente ingigantito. Foglie, palette dell'immondizia, tazze di latte coi cereali: ovunque i nosti eroi precipitino, sappiamo che gli attori si sono trovati effettivamente sul set infilati in questi oggetti comuni ricreati in studio, ingranditi. La leggenda tramanda che questi set speciali furono realizzati in ben nove mesi di preproduzione: la "tazza di latte" per esempio era una vasca piena di acqua clorata, addensante e tintura, con i cereali "interpretati" da camere d'aria di trattori ricoperte di schiuma colorata! Il biscottone era di poliuretano (ripieno però di crema vera!) e la formica gigante richiese l'intervento di dodici burattinai per essere mossa sul set.
Da notare che in quest'ultima sequenza come nella sequenza della lotta contro lo scorpione (alla quale pare abbia messo mano il maestro degli effetti Phil Tippett), le creature esistevano in due versioni: una di grandi dimensioni per agire con gli attori, un'altra in modello in scala, per le animazioni in stop-motion da realizzare nelle inquadrature a figura intera. Sì, quando non esisteva la CGI, la ripresa a passo uno di modelli e modellini era la tecnica d'elezione, dai tempi di King Kong (1933) passando per L'impero colpisce ancora (1980).
Non c'era nulla di realmente nuovo, concettualmente, in Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi: Hollywood aveva cercato di ottenere gli stessi effetti seguendo gli stessi principi, solo con meno perizia tecnica. Il film è infatti un omaggio al bellissimo Radiazioni BX: distruzione uomo (1957).

Gli effetti visivi di Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi

Se già negli anni Cinquanta nessuno avrebbe mai creduto a un semplice montaggio alternato tra realtà a dimensioni naturali e realtà rimpicciolita, a maggior ragione il pubblico del 1989 non poteva essere abbindolato: in un cospicuo numero di scene, i due mondi dovevano essere presenti entrambi nell'inquadratura. Gli effetti speciali andavano perciò combinati con quelli visivi, cioè con fotomontaggi e animazioni speciali (come il raggio stesso). D'inestimabile aiuto fu proprio il regista, perché Joe Johnston, qui al suo debutto dietro alla macchina da presa, era un veterano dell'Industrial Light & Magic, dove aveva vinto l'Oscar per gli effetti di I predatori dell'arca perduta.
Se al giorno d'oggi potete realizzare un fotomontaggio anche a casa vostra, con un computer di media potenza, un green screen artigianale e un software come Adobe After Effects, fare tutto questo in pellicola alla fine degli anni Ottanta non era una passeggiata: fortunatamente, quando Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi arrivò in postproduzione, Chi ha incastrato Roger Rabbit aveva già alzato la posta per questo tipo di certosino compositing analogico. A sgobbare su mascherini, blue screen chimici e stampanti ottiche (cioè le cineprese che combinavano più pellicole insieme) fu l'Illusion Arts, un'azienda fondata nel 1983 e chiusa nel 2009, nata da una costola della Universal Pictures. Grazie al loro lavoro, Wayne Szalinski poteva osservare i figli rimpiccioliti davanti a lui, o quest'ultimi potevano cavalcare un'ape che svolazzava nel giardino, ripreso con un'assai mobile steadycam.
Oggi come allora, CGI o non CGI, la sinergia tra gli effetti speciali sul set e gli effetti visivi in post-produzione è indispensabile per alimentare l'illusione di un film spensierato e fantasioso come Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi.



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