giovedì 19 dicembre 2019

La Dea Fortuna: 5 ottimi motivi per andare a vedere il film di Ferzan Ozpetek

Vi spieghiamo cosa abbiamo amato nel melò con Stefano Accorsi, Edoardo Leo e Jasmine Trinca.

Ferzan Ozpetek ha una nutrita schiera di fan e di estimatori. Quelli duri e puri lo seguono e lo amano da Il bagno turco, il suo folgorante esordio dietro alla macchina da presa che dalla città di Roma, dove all'epoca risiedeva, lo ha riportato nella nativa e mai dimenticata Istanbul. Altri lo hanno scoperto e inserito nella loro top five dei nostri registi all'indomani de Le fate ignoranti, il suo film più personale e anche più politico, perché parlare di famiglia allargata e di omosessualità nel 2001 senza fare di proposito un film di rottura, ma partendo dal proprio gioioso vissuto, era cosa da pochi. Questi due contingenti di ammiratori andranno certamente al cinema a vedere La Dea Fortuna. A loro e a maggior ragione a chi sta cercando di capire da quale storia lasciarsi sedurre, e se optare per una commedia, un dramma, una fiaba, un film d'animazione o un action movie, vogliamo spiegare le ragioni per cui vale la pena scegliere la vicenda di una coppia in crisi, formata da Edoardo Leo e Stefano Accorsi, che viene messa ulteriormente alla prova dall’arrivo di due bambini.

Le 5 ragioni per cui non bisogna perdere La Dea Fortuna

Edoardo Leo

Ne La Dea Fortuna Edoardo Leo è Alessandro, un idraulico con una bella casa che da 15 anni è fidanzato con Arturo (Stefano Accorsi). L'attore ammirava da lontano il cinema di Ozpetek e per lui entrare nella sua factory era un sogno che stentava ad avverarsi. E invece la sua fantasticheria è diventata realtà e Leo ha potuto cimentarsi in un ruolo drammatico che gli calza a pennello, pur restando, nell'economia del racconto, il motore della comicità e la parlata "bassa" che fa da contraltare a quel minimo snobismo intellettuale che caratterizza invece il personaggio di Accorsi. Leo fa vibrare Alessandro, lo rende dolcemente impulsivo e in alcune scene ne mostra la fragilità, l'incertezza, la delicatezza e un lato femminile che contrasta felicemente con la sua aria da macho. Da artista meticoloso qual è, Edoardo ha parlato a lungo della sceneggiatura con Ozpetek e Accorsi, e ha suggerito una scena di litigio con Arturo senza la quale forse non capiremmo fino in fondo il rapporto fra Arturo e Alessandro. Edoardo Leo piange anche, e noi con lui, molto più spesso di quanto, fingendo di possedere una scorza dura che non abbiamo, vorremmo.

Danzando sotto la pioggia

Jasmine Trinca, e non soltanto lei, ha dovuto ballare in una delle sequenze più gioiose e insieme struggenti del film, che appartiene di diritto al genere melò. L'attrice ha dovuto far fronte a uno dei quattro maggiori pericoli che atterriscono chi recita e che cominciano tutti con la B: il ballo. La sfida l'ha vinta, muovendosi benissimo, così come la piccola Sara Ciocca e Cristina Bugatty, che si lanciano in pista prima di Jasmine. La pista è una terrazza ampia, di quelle a cui Ozpetek raramente rinuncia nei suoi film, che fanno da sfondo a rituali in cui i rapporti si fortificano e si condividono cibi ed emozioni. Danzano sulle note di "Aldatıldık", le tre donne, ottimamente coreografate da Luca Tommassini, e se ne infischiano della pioggia, perché sono persone calde, "affettive", recipienti di emozioni che traboccano e si mescolano a quelle degli altri. Al ballo si uniscono pian piano gli altri personaggi, contagiati dalla gioia incosciente di Annamaria (la Trinca). La scena arriva quando le carte dei sentimenti sono in tavola e perciò c'è bisogno di un momento in cui sentirsi tutti uniti e dimenticarsi per un attimo che la vita è difficile e ci mette continuamente alla prova.

L'amore quando la passione non c'è più

Al contrario di molto registi, o del se stesso del passato, Ferzan Ozpetek non racconta un amore che nasce, con i primi sguardi compici e carichi di desiderio e le manovre attuate per vedersi, conquistarsi, mettersi insieme. No, un po’ come aveva fatto in Saturno Contro, il regista si concentra su unioni di lungo corso, focalizzandosi su una crisi, sul momento in cui, se non ci si lascia o ci si rinnova, si rischia di farsi del male. La crisi, tuttavia, coincide con un passaggio obbligato, una trasformazione che fa un po’ paura ma che è bellissima: la transizione dalla passione all'affetto. La Dea Fortuna ci mostra l’amore dopo i 40 e forse anche dopo i 50, quel periodo in cui ancora non si invecchia insieme ma l’intimità non è più la stessa, e quindi si soffre perché ci si sente rifiutati. E’ un tempo di bilanci, di piccole follie per sentirsi ancora giovani, di ricerca di qualcosa di nuovo, di parole che intendono ferire e di una tenerezza racchiusa in piccoli gesti a cui cedere oppure rinunciare per sempre.

Una coppia universale

Proprio perché fotografa una fase della vita di relazione che tutti abbiamo attraversato, la vicenda di Arturo e Alessandro diventa fin da subito archetipica. La verità, insomma, è anche nelle più impercettibili sfumature, e trascende il sesso di appartenenza dei componenti della coppia. Ozpetek, in apertura, cita un po’ Le fate ignoranti e Saturno Contro e indugia sul matrimonio fra due uomini, e lo fa in modo quasi scherzoso. Poi, però, ci fa dimenticare l’omosessualità dei personaggi di Accorsi e Leo, perché l'amore è universale e uguale per tutti, e perché i tempi delle sacrosante bandiere da sventolare forse sono passati. In primo piano ci sono i sentimenti, e né Edoardo LeoStefano Accorsi tradiscono l'irresistibile e intenzionale affettazione dei ragazzi muscolosi danzanti di Mine Vaganti. Le emozioni, nel film, trascendono i corpi ed entrano in campo quasi con prepotenza, come sempre succede nelle storie di Ferzan.

I bambini

Ne La Dea Fortuna i bambini ci guardano, silenziosamente registrano i nostri sbalzi d'umore, timidamente testano la nostra affidabilità e non conoscono pregiudizi. I bambini sono uno specchio della capacità di lasciarsi andare di Alessandro e di Arturo, il primo più generoso del secondo, inizialmente infastidito dall'allegra confusione che Martina (Sara Ciocca) e Alessandro (Edoardo Brandi) scatenano, dalle parole pronunciate senza filtri e con un tono di voce appena più alto del dovuto. Ozpetek non ci racconta due bambini che mettono a soqquadro una casa e chiedono continuamente perché, ma una bambina-donna saggia e smaliziata e un bambino di una tenerezza infinita che hanno già scritto negli occhi il destino delle persone che li circondano, anzi sono veri e propri emissari del destino, un po’ come Annamaria. Il loro ingresso nella casa di Arturo e Alessandro non è per il regista un imput per parlare delle famiglie arcobaleno, perché per lui tutti possono essere madri e padri di qualcuno anche per una piccola parte della vita, visto che "essere genitori non è una questione genetica, ma di cuore, cervello e moralità".



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