venerdì 30 agosto 2019

Imelda e il ritorno dei Marcos sulla scena politica filippina: fuori concorso al Festival di Venezia c'è The Kingmaker


Un documentario in equilibrio tra racconto disincantato del folklore legato alla ex First Lady delle Filippine e il reportage giornalistico sui rischi per la democrazia del paese.

Non bisogna farsi ingannare né dal curriculum di Lauren Greenfield, né da quello che viene raccontato nei primi minuti del film.
Certo, avendo alle spalle due documentari che The Queen of Versailles (sui bizzarri Jackie e David Siegel, proprietari della più grande residenza privata degli Stati Uniti) e Generation Wealth (parte di un progetto artistico multimediale che esplorava gli eccessi e il distacco della realtà dei super-ricchi del pianeta: potete vederlo su Amazon Prime Video), la regista è perfettamente a suo agio con gli aspetti più folkloristici e kitsch della sua nuova protagonista, Imelda Marcos. E non lesina nel raccontare lo sguardo tra l’ironico e lo stupefatto che gli è proprio gli arredi sfarzosi e di dubbio gusto in mezzo ai quali spuntano i Picasso e i Michelangelo, la distribuzione di banconote ai margini delle strade, gli abiti improbabili e la collezione di fotografie dalle pesanti cornici che la raffigurano al fianco di personaggi più o meno famigerati della storia del Novecento -: da Gheddafi a Saddam passando per Mao e Nixon.
Ma Imelda Marcos non è soltanto una donna ricca, molto ricca, e che ama ostentare questa sua ricchezza: è una figura che ha fatto, e continua a fare, la storia delle Filippine in maniera assai controversa. E Lauren Greenfield è troppo attenta, curiosa e intelligente per trascurare o perfino sottovalutare questo aspetto.

Nella sua prima parte, The Kingmaker racconta la storia di Imelda: la sua ascesa, la sua caduta, l'esilio, il ritorno in patria. Una storia che è poi è anche quella del suo paese. Il legame stretto e discordante tra Imelda Marcos e le Filippine emerge via via più evidente nel corso della narrazione, fino a trasformare il film in una sorta di attento reportage su quello che molti di noi non sanno, dato che la politica estera non è esattamente il punto di forza del nostro giornalismo: il progressivo tornare da protagonista della famiglia Marcos sulla scena politica filippina, il testardo e costante lavorìo di Imelda, nell’ombra o meno, per far dimenticare gli orrori del passato (la dittatura di suo marito, la legge marziale, le torture e le repressioni violente) e per lanciare un altro Marcos verso la presidenza, con metodi legali e meno legali. Bongbong Marcos, infatti, ha perso l’elezione alla vicepresidenza, ma il presidente Duterte (eletto con l’aiuto di Cambridge Analytica - ne parlano anche in The Great Hack - e dei fondi ricevuti da un’altra figlia di Imelda, Imee, a sua volta in politica) sta mettendo sotto accusa Leni Robredo, che aveva battuto Bongbong.

Pur mantenendo allora quel taglio particolare che nasce dallo sguardo della regista e dalla natura della sua protagonista, The Kingmaker è anche un documentario che ricorda certi ritratti firmati da Erroll Morris, e che s’inserisce a pieno titolo in quel recente filone di cinema documentario che non si fa troppe ossessioni sul rigore formale, o sull’asetticità dello sguardo, per farsi appassionato pamphlet che alle esigenze dell’informazione oggettiva, e a quelle del cinema, unisce una dichiarata passione democratica e progressista.
Al di là dei suoi meriti, che non sono affatto irrilevanti, ci sarebbe da chiedersi perché come mai è sempre più spesso il cinema a cercare di occuparsi di questioni centrali per il nostro presente. Di destrutturare la complessità e le menzogne per raggiungere il grado più alto possibile di verità. C’entrano sicuramente i social network; c’entra sicuramente la crisi del giornalismo. C’entra, forse, l’esigenza sempre più forte del pubblico, che siamo noi, di riuscire a trovare nuove fonti autorevoli nel caos crescente del mondo in cui viviamo.
E capire, grazie a The Kingmaker, cosa sta succedendo oggi nelle Filippine, e perché, e quali ne sono le radici storiche, e cosa si è dimenticato perché potesse succedere, è imporante anche per comprendere molte dinamiche che ci riguardano ben più da vicino.



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