venerdì 30 agosto 2019

Venezia 76. - Ad Astra

Esistono due possibilità: o siamo soli nell'universo, o non lo siamo. Entrambe sono terrificanti ”. Come egli stesso ha affermato, James Gray si è lasciato ispirare da questa citazione di Arthur C. Clarke – co-sceneggiatore di 2001: Odissea nello Spazio – quando ha iniziato a scrivere – con la collaborazione di Ethan Gross – la sceneggiatura di Ad Astra – in gara per il Leone d'Oro, a Venezia 76., e dal 26 Settembre nelle sale italiane. Il cineasta newyorchese ha, infatti, dichiarato, in più occasioni, di aver attinto molto dal capolavoro di Stanley Kubrick. Ma non solo; perché, il suo settimo lungometraggio – che lo ha riportato al festival dov'era stato celebrato e premiato, con il Leone d'Argento, per l'opera prima, Little Odessa – prende spunto anche da Apocalypse Now , di Francis Ford Coppola, e dai romanzi di Joseph Conrad. Attenzione, però. Nell'ultimo decennio, non sono, affatto, mancati, space movie di grande successo e, probabilmente, alcune sequenze – e il modo in cui sono state filmate – potrebbero suscitare echi o reminiscenze di tali titoli e, in particolare, di Gravity e First Man – Il Primo Uomo – i due, indubbiamente, più riusciti del filone.

Tuttavia, Ad Astra richiede pazienza e attenzione e, soprattutto, pone lo spettatore nella condizione di non potersi fermare a osservare il film in superficie; ma di dover andare oltre e, più, in profondità – un po', alla stessa maniera del protagonista. In un futuro incerto e non troppo lontano, l'umanità avanza verso le stelle, alla ricerca d'intelligenze artificiali – i “fratelli” e le “sorelle” dei quali non abbiamo, mai, appurato la vera presenza, nell'universo. L'astronauta Roy McBride (Brad Pitt) riceve l'incarico di guidare una missione ai confini del sistema solare, con l'intento di salvare il pianeta da tempeste radioattive; le quali, potrebbero essere legate a una scoperta sconvolgente che ha portato il padre Clifford (Tommy Lee Jones) ad un decesso, perlomeno, apparente. Gray è un regista, davvero, sorprendente e, sin dai primi minuti, veniamo catapultati in sequenze vertiginose e vorticose; che, con il 3D aggiuntivo – quasi rottamato, oramai, per la seconda volta nella storia – avrebbero avuto un effetto destabilizzante, ancora, maggiore. L'approccio narrativo, invece, è, del tutto, differente dagli altri prodotti recenti del genere. Prendendo esempio dallo stile di Terrence Malick, il film opta per un registro filosofico, esistenziale e meditativo; scegliendo d'inserire – proprio come nelle acclamate opere d'arte dell'autore di The Tree of Life – la voce fuori campo del personaggio principale – utilizzata come guida verso un'”Odissea” piena di mistero e dalle complessità pari a un rebus. Pur menzionando l'autore statunitense, Gray non si limita solo a una riproposizione di una sua cifra, ma si spinge, ben, più in là; anche, contestulizzando ciò alla storia che ha scelto di portare sullo schermo. Se, difatti, scienza e fede sono, da sempre, state agli antipodi, in questa pellicola coesistono in modo equanime: i personaggi credono tanto nel sapere e nella conoscenza quanto in ciò che è spirituale e incomprensibile; rivolgendosi, a Dio e ai santi, affinché, possano accompagnarli nei loro viaggi intergalattici.

Ad Astra è, incredibilmente, ambizioso e l'esplorazione spaziale – ovvero, il fulcro del plot – è, metaforicamente, espressa in diverse declinazioni. In primis, essa indica una fuga dalla Terra, dalle difficoltà quotidiane dell'epoca più recente e da una realtà che non sia ha, più, voglia di vivere: un suicidio inconscio e irrazionale. In secondo luogo, è la rappresentazione di un'umanità sempre più marcia, che distrugge il pianeta, rubandosi le risorse perennemente scarseggianti. Più di ogni altra possibile interpretazione, quella intrinsecamente, significativa, è, in ogni caso, il sogno di tutta la vita che ha separato un padre e un figlio e che, potrebbe, forse, riunirli o divederli, una volta per tutte. Il rapporto tra Roy e Clifford è il vero e centrale topoi; il quale, viene esposto al pubblico attraverso il passo biblico che recita: “ Le colpe dei padri, ricadono sui figli ”. Da una parte, c'è il divo Premio Oscar Brad Pitt – in veste di produttore e attore, in una delle performance più intense della sua carriera – che regge il film, quasi, solo sulle imponenti spalle. Dall'altra, Tommy Lee Jones – altro vincitore di Oscar – in un ruolo enigmatico e straziante.

Se dovessimo identificare un erede del nuovo millennio del capostipite filmico 2001: Odissea nello Spazio , Ad Astra sarebbe il candidato migliore. Tra le tante sequenze colme di riferimenti simbolici, strettamente legati alla realtà, due sembrano degli omaggi dichiarati – da parte del regista di C'era una Volta a New York e Civilità Perduta – all'opera del 1968. Nel casco della tuta spaziale di Roy, vediamo riflesso un oblò, in primo piano, non molto differente da quella sorta di occhio dalla luce rossastra, che era l'anatomica raffigurazione di un androide colpevole di aver sabotato la missione di due personaggi del lungometraggio di Kubric. Poco dopo, Roy, viene attaccato da uno scimpanzé – elemento fondamentale dell'atto che narra la nascita delle prime specie umane – il quale, coincidentemente, è l'emblema della rabbia degli uomini: un sentimento in grado di spingerli fino all'omicidio di altri simili.

Il film a cui abbiamo assistito è oscuro e luminoso, pessimista e speranzoso, crepuscolare e vespertino tutto insieme. Uno sci-fi intimista, profondo e psicologico, che si chiede (e ci chiede) quale sia il senso della vita. Probabilmente, non ci sono verità assolute ed è inutile farsi domande per le quali, chissà, non potremmo mai trovare risposte. Ciò che conta è godere delle piccole cose e degli affetti che abbiamo attorno: vivere e amare, amare e vivere.

(Titolo originale) Ad Astra; Regia: James Gray; sceneggiatura: James Gray, Ethan Gross; fotografia: Hoyte Van Hoytema; montaggio: John Axelrad, Lee Haugen; musica: Max Richter; interpreti: Brad Pitt, Tommy Lee Jones, Ruth Negga, Liv Tyler, Donald Sutherland; produzione: New Regency Pictures, Bona Film Group, Keep Your Head, MadRiver Pictures, Plan B Entertainment, RT Features, Regency Enterprises, Twentieth Century Fox; distribuzione: 20th Century Fox; origine: Brasile, USA, Cina, 2019; durata: 124'; webinfo: https://www.foxmovies.com/movies/ad...



from Close-Up.it - storie della visione https://ift.tt/30VZffT

Nessun commento:

Posta un commento