L'ultima corvée è un film degli anni '70 diretto da Hal Ashby e tratto da un romanzo di Darryl Ponicsan: un giovane marinaio della Marina Militare degli Stati Uniti viene scortato da due sottufficiali verso il carcere di Portsmouth, dove dovrà scontare una pena di 8 anni per aver commesso un furto; durante il percorso le cose si complicano e la vicenda prende una piega drammatica per concludersi con un finale amarissimo. Trent'anni dopo, Ponicsan ha voluto riunire i tre militari del suo romanzo in una storia tutta nuova ambientata nel 2003 durante la II Guerra del Golfo, che Richard Linklater ha scelto di raccontare in questo Last Flag Flying presentato alla Festa di Roma e distribuito in USA da Amazon. Dopo trent'anni di silenzio, Larry Meadows ha appena perduto suo figlio ucciso a Bagdad e decide di recuperare i due sodali di un tempo per farsi accompagnare al funerale.
Decisamente più riuscito di tutte le altre recenti prove di Linklater (il discutibile Boyhood, l'insopportabile Tutti vogliono qualcosa…), Last Flag Flying non è, tuttavia, il capolavoro cui molti vanno gridando. Per quanto oneste e sincere siano le intenzioni di un regista autoproclamatosi ufficiale cantore indie di un'America ‘normale' e prosaica, con qualità autoriali che senz'altro comprendono uno stile di scrittura cinematografica sobria e quasi minimale, quasi ritraendosi per lasciare tutto lo spazio ai suoi attori e alle situazioni che li vedono impegnati in lunghe e molto ben scritte conversazioni, in questo film senz'altro nobile, toccante, innamorato e complice di tre personaggi le cui diverse virilità la vita ha trasformato a chi togliendo troppo (Meadows ha anche perduto sua moglie pochi mesi prima, uccisa da un tumore al seno) a chi non regalando niente (Salvatore, impenitente donnaiolo e alcolista, gestisce un pub poco frequentato), tira una certa (fastidiosa?) arietta da ‘voglio l'oscar a tutti i costi'. Scandagliando con furbizia i complessi di colpa di una Nazione che dal Vietnam in poi manda i suoi ragazzi a combattere e a morire per cause tutt'altro che trasparenti, e cerchiobottisticamente restando sospesa tra un pacifismo istintivo fin quasi all'ovvietà e un misurato rispetto per i rituali e i principi dei codici e delle istituzioni militari, questa ‘ultima bandiera sventolante' pare voler raccogliere sotto la sua ombra il consenso degli americani di ogni convinzione politica in modo francamente un po' troppo ecumenico, e con il facile aiuto di musichette e canzoncine acchiappapubblico per addolcire il boccone.
Ciò detto, vanno riconosciuti al film tutti i suoi indubbi meriti, primo fra tutti un trittico di attori di bravura maestosa, che danno corpo e voce a tre ruoli scritti magnificamente saltando con disinvoltura dal dolce all'amaro in una varietà di tocco e di toni che sono il vero punto di forza della regia di Linklater. Se forse Bryan Cranston gigioneggia come suo solito, ma senza troppi danni perché in fondo è il suo personaggio a richiedere la spacconeria cialtrona tipica di quei ruoli cui spetta il compito di stemperare la gravitas e buttare tutto in vacca, Laurence Fishburne conferisce al suo ‘Mullah' (ora predicatore della Chiesa Battista, serenamente ammogliato e con figli) la giusta autorevolezza pastorale, ago della bilancia tra le intemperanze di Cranston e la composta, dolentissima prova del migliore in campo, Steve Carell: il suo Larry Meadows maturo e piegato dai lutti familiari gli frutterà quasi certamente una strameritata nomination presso l'Academy Awards, che non potrà restare indifferente alla vetta interpretativa dell'esplosione del suo fou rire nel treno notturno che trasporta la bara con il corpo di suo figlio, circondato dai suoi compagni di viaggio.
E al di là degli attori, per smussare un tantino la forse troppa severità nei confronti di un film che comunque perde colpi più si allontana il tempo della visione, non mancano alcuni bei momenti condotti con mano ammirevole da un Linklater consapevole, stavolta, di maneggiare un materiale più serio e ‘alto' del solito, come l'intera sezione della camera ardente, dove va segnalata l'eccellente prestazione di Yul Vazquez, attore cubano e naturalizzato USA, in uno dei ruoli che contiene forse la chiave di lettura dell'intero film: il colonnello incaricato di accogliere i familiari delle vittime di guerra e di gestirne l'iter funerario è il simbolo di un'America divisa tra un senso del dovere che affonda le sue radici in valori antichi seriamente compromessi dall'età contemporanea, e la consapevolezza di doversi forse aprire alle esigenze di un'umanità oggi più debole e disorientata in seguito alla pesante crisi che ha investito più o meno tutti i valori dell'Occidente, e perciò teneramente indifesa e bambina.
(Last Flag Flying); Regia: Richard Linklater; sceneggiatura: Richard Linklater, Darryl Ponicsan; fotografia: Shane F. Kelly; montaggio: Sandra Adair; musica: Graham Reynolds; interpreti: Steve Carell, Bryan Cranston, Laurence Fishburne; produzione: Amazon Studios; origine: USA, 2017; durata: 124'
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