mercoledì 20 luglio 2016

Eva

«Come si indossano?» chiede Gabriel, un giovane introverso, indicando delle tette di lattice che stanno proprio davanti allo specchio della camera da letto di Eva.
La camera è un poco disordinata, a dirla tutta, con il grande letto sfatto fatto apposta per accogliere i clienti che cercano un po' di trasgressione e di piacere nel corpo flessuoso di una donna con tutti gli attributi giusti di un uomo fatto e cresciuto.
«Oh, è semplice» risponde l'altro facendogli vedere come attaccarsene una al petto da ragazzino che si vede che sta bruciando a fatica l'impressione delle prime volte.
Anzi, meglio tutte e due, commenta continuando a spazzolarsi i capelli, che una sola fa un po' strano.
È l'inizio di un corteggiamento sinuoso come un tango, in cui, un po' per volta si provano vestiti, un filo di trucco, qualche parrucca. Ma non così per vedere che effetto fa. Piuttosto per scoprirsi un po' per volta, per imparare a conoscersi attraverso lo sguardo dell'altro e il desiderio di cambiare perché tante volte non ci basta scoprirci come siamo. Con fatica, con reticenze, con improvvisi silenzi e sguardi bassi perché si sperimenta un po' alla volta. Sbagliando spesso. A tentativi che dicono spesso più dei risultati raggiunti alla fine.
Non è che Gabriel debba per forza scoprirsi alla fine un travestito come Eva. Non è che da questo truccarsi un po' per volta debba venire necessariamente fuori una possibile identità. Il gioco conta per se stesso. Rivela e scopre un po' per volta frammenti d'anima dolci come miele e dolenti come una ferita che resta sempre aperta soprattutto perché troppo spesso è nascosta allo sguardo di chi amiamo. Il gioco aiuta perché è un lento aprirsi alla paura, al bisogno di dirsi e di capirsi.
Perché qui, alla fine di tutta l'operazione di vestizione che è delicata come poche volte si vede al cinema, non c'è la maschera pronta a scendere a teatro, ma il personaggio nudo, in tutta la sua fragilità.
Sublime sintesi di opposti, Eva copre per svelare, maschera per smascherare, nasconde per mostrare. Perché tante volte noi siamo non tanto la maschera che si ostiniamo a indossare nella nostra recita sociale, ma quella che con paura nascondiamo nella nostra camera da letto e teniamo lontano dalla luce.
In questo modo per Eva e Gabriel, la lenta operazione di venire alla luce, la dolorosa rinascita insieme materna e paterna, è un lungo amplesso di sentimenti che è assai più lungo e appagante del sesso che non si è consumato su quel letto per una strana improvvisa timidezza.
Eva, diventa così, in corso d'opera, senza gli algidi discorsi teorici su identità sessuale e senza sporcarsi della fangosa sostanza della carne à la Cronenberg, un'entusiasmante scena d'amore in cui palpita un continuo scoprirsi, un continuo farsi male che si ferma sempre per tenerezza un momento prima della paura dell'orgasmo. Soprattutto è una dolcissima frizione di anime che si solleticano e si parlano, che si sfiorano e solo alla fine si riconoscono in un oltre che sublima il sesso e lo sopravanza in un'urgenza tutta diversa. Un'urgenza che non è del corpo, ma del bisogno reticente di sentirsi capiti e accettati per quello che si è. Da qualsiasi distanza l'altro ci contempli.
Così in pochissime battute, Eva racconta una prima volta che lascia sfiniti. Una scoperta d'amore che si affida con generosità a due attori magnificamente diretti e capaci di riempire di attesa ogni sguardo e ogni niente per farli pieni di aspettativa e di affettuosa pazienza.
Un corto di straordinaria delicatezza e di sfrontata passione che, messo subito da parte il sesso, cerca di raccontare piuttosto un disperato bisogno di amore.
E ci riesce. Un passo alla volta. Inquadratura dopo inquadratura. Invitandoci a lasciare fuori dalla porta ogni facile giudizio e a scoprire che quella fragilità che grida sottovoce nell'inquadratura, in fondo è la nostra stessa. Ugualmente bisognosa di un balsamo che curi e di un olio profumato che ammorbidisca.
Ma senza pietismi e scorciatoie da melodramma. Semplicemente guardando le cose come sono. Senza perdere di vista come potrebbero, se solo lo volessimo, essere.

Tweeting: Delicatissimo viaggio alla scoperta di sé senza lasciare la camera da letto.

Where to: Finalista al Festival Internazionale Visioni Corte.

Teaser:

(Eva); Regia, fotografia e sceneggiatura: Florent Médina;montaggio: Florent Médina, Sophie Vincendeau; musica: Thomas Brzustowski, Margot Saada; interpreti: Emanuele Arioli, Eddy Wonka; produzione: ENSLL; origine: Francia, 2016; durata: 10'



from Close-Up.it - storie della visione http://ift.tt/2agVGLj

Nessun commento:

Posta un commento