martedì 26 luglio 2016

Lana Del Roy

Jean-Philippe è un vedovo. Ha un figlio adolescente che va in una scuola superiore e vive in una casa medio borghese. Quella che può permettergli il suo lavoro di insegnante di educazione fisica.
Il figlio, Morgan, da parte sua, è un ragazzo come tanti. Vive la sua integrazione nel gruppo dei coetanei con le ansie e le paure di tutti quelli che si affacciano ancora con un poco di spavento all'età adulta. Ha già scoperto il sesso, ma vive con timore la possibilità di aprirsi sentimentalmente con la ragazza dei suoi sogni, che guarda a distanza, abbassando gli occhi tutti le volte che gli sguardi si incrociano.
La madre è morta in un incidente stradale e ha lasciato padre e figlio a confrontarsi con la difficoltà di definire una relazione al maschile, piena di esigenze contraddittorie in cui, in fondo, non si vuole troppo dare un nome alle cose.
In questo microcosmo arriva Christine, una fioraia dalle forme sinuose, sollecita e intrigante, a suo modo misteriosa. Con lei Jean-Philippe vorrebbe ricostruirsi un futuro e Morgan, almeno all'inizio, sembra più che altro preoccupato solo della possibilità che possa far del male al padre, che possa ferirlo lasciandolo, alla fine di una semplice avventura, a leccarsi nuove ferite che infettano le vecchie non ancora chiuse.
Poi la scoperta: Christine è stata, anni addietro, una porno star. I suoi video si trovano ancora in rete, clickati da chi è in cerca di un po' di vintage e di trasgressioni meno anatomiche e più in lotta con il comune senso del pudore.
Una scoperta che Morgan condivide con i compagni di scuola e che presto passa di bocca in bocca rendendo il ragazzo vittima di sguardi divertiti e ordinari atti di piccolo bullismo.
Il sesso prude ancora sulle mani. La risposta adolescenziale di un ragazzo che vive nel chiuso di una realtà maschile, in un nucleo familiare privato dalla madre e che si accontenta di amici con cui scambiare confidenze e masturbarsi in gruppo, è il rifiuto per una donna che ha fatto del suo corpo merce per sguardi poco puliti.
E l'ordine familiare frana, insieme a quello sociale, mettendo a nudo fragilità e incomprensioni, mancanza di dialogo e incertezze esistenziali.
Lana Del Roy nasconde dietro il semplice racconto lineare e piano, un apologo anche politico di straordinaria limpidezza.
Il porno è la cerniera intorno alla quale ruota un consesso sociale, coacervo di ipocrisie più o meno grandi. Oggetto dello scandalo è l'eccesso di vicinanza all'illecito. In questa prospettiva non conta tanto, quindi, che il porno sia merce di consumo sia pure più o meno vietata ai minori, quanto piuttosto la consapevolezza che i corpi che lo popolano possano superare il livello dell'immagine per venire in mezzo a noi, scomodi vicini di casa.
E questa contraddizione respira forte soprattutto per quel che riguarda le attrici: oggetto di fantasie maschili e per questo inaccettabili nel consesso sociale, impensabili non solo come vicine, sorelle o madri, ma anche, paradossalmente, come amanti.
Sintesi di una visione maschilista in cui il porno, nella sua dimensione più mercificata, è espressione politica del linguaggio del potere e conferma costante di uno status quo.
In questo quadro la scoperta della possibilità di un sesso vissuto con libertà, come esercizio di autodeterminazione, è scoperta a suo modo inaspettata e nuova che Morgan la compie sulla sua pelle, dopo un periodo di autoesclusione dal consesso sociale, dopo la vergogna delle prese in giro, e quando i compagni e le compagne, difendendolo da un'ennesima presa in giro, lo aiutano a scoprire la possibilità di uno sguardo femminile e femminista sul mondo e sulle persone.
Tutto il corto assume quindi la valenza di un arco esperenziale che da un punto di partenza esclusivamente maschile raggiunge una più matura definizione personale attraverso una sintesi coerente con la controparte femminile.
Il corto comincia, infatti, con Gabriel solo nella sua stanza che aspetta il ritorno del padre. L'universo esclusivamente maschile è reso dal gesto sonoro e visivo di un movimento ritmico aggressivo e ripetitivo: il battere di una palla da tennis contro il muro. Si ha a che fare, in questo caso, non solo con la consapevole visualizzazione di un rapporto con lo spazio maschile e aggressivo, ma anche con un gesto legato a una riattualizzazione di una tipica situazione infantile in cui il gioco di lanciare sempre più lontano un oggetto transfert coincide con il desiderio del piccolo di vederselo riconsegnato dai genitori, in questo caso entrambi dolorosamente assenti.
Una scelta la cui portata semantica è magnificata dalla scena del confronto tra padre, figlio e gruppo amicale che avviene proprio all'interno di una palestra in cui tanti ragazzi giocano a ping pong, rimbalzandosi con rabbia le palline di gioco nello stesso modo con cui i personaggi si osservano consapevoli dell'imminente esplosione di violenza. E del resto, nel momento di maggior aggressività, Morgan infrange la vetrina del negozio di fiori di Christine con un ultimo - e questa volta distruttivo - lancio.
Viceversa, il finale, nella sua dinamica inclusiva non solo riattiva il rapporto tra il ragazzo e la donna attraverso la carezza complice nel negozio di fiori, ma soprattutto attraverso la celebrazione mitica del rapporto archetipale con la figura materna, grazie alla simbolica consegna del mazzo di fiori sul luogo dell'incidente in cui la donna perse la vita.
Significativo da questo punto di vista che il percorso narrativo si chiuda in uno spazio sociale concreto e immediatamente riconoscibile. Morgan non sperimenta la cacciata da un gruppo sociale cui consegue l'inclusione faticosa in un gruppo diverso da quello di provenienza (scelta tipica di molti film americani sullo stesso argomento). Qui, al contrario, tutto si consuma nello stesso gruppo, a segno di una società che, di fronte a un elemento nuovo, rimodula il proprio punto di vista e i propri valori in una dinamica che tende a essere più inclusiva che esclusiva. Esempio vibrante, questo, di vera democrazia al lavoro.
Al di là di questa dimensione da pamphlet assai intrigante, Lana Del Roy brilla soprattutto per la sua capacità di raccontare, senza infingimenti e con la giusta dose di ironia, una storia di personaggi veri e palpitanti che non sono mai mera espressione di un assunto da dimostrare.
Abilissimo nel dipingere l'adolescenza come periodo complesso di trasformazioni, vissuto con la giusta dose di rabbia, confusione e speranza, il corto ha anima e sangue. E si riempie di poesia anche nei momenti cinefili, come nel racconto della prima esplosione di rabbia di Morgan, nel vuoto sonoro, mentre l'immagine si riempie di piume in volo memori della stessa rabbia e dell'ansia di sogno dello Zero de conduit di Jean Vigo.
E nella corsa in bicicletta del protagonista nella notte, tante volte, Lana Del Roy riporta alle nostre labbra grate, il ricordo del nome di Truffaut.

Tweeting: Un piccolo gioiello su affetti, amore e il bisogno di uno sguardo nuovo sul mondo.

Where to: Menzione speciale al Festival Internazionale Visioni Corte.

(Lana Del Roy); Regia: Julien Guetta; sceneggiatura: Julien Guetta, Marianne Rapegno; fotografia: Mathieu Plainfosse; montaggio: Frédéric Baillehaiche; musica: François Liétout; interpreti: Oscar Pessans, Joan Pierson, Nomi; produzione: Les Films du Worso; origine: Francia, 2016; durata: 26'



from Close-Up.it - storie della visione http://ift.tt/2abmasl

Nessun commento:

Posta un commento