«Tra poco tempo, il calcio non sarà più solo un hobby per gentiluomini, ma verrà rivendicato in tutto il mondo...»
(Arthur Kinnaird)
LA CLASSE OPERAIA SCENDE IN CAMPO
Il calcio, ovvero lo sport più amato al mondo. E anche quello più seguito, più chiacchierato, più odiato. E attorno al quale, da quando non è più considerato uno gioco per soli gentiluomini, vorticano interessi, giochi di potere e soldi, moltissimi soldi. The english game, la nuova, vincente produzione Netflix, ideata da Julian Fellowes, Tony Charles e Oliver Cotton, accompagna lo spettatore indietro nel tempo, agli albori del calcio nel momento cruciale della sua evoluzione: quello in cui, da nobile divertimento per le classi altolocate, si è trasformato nello sport popolare per eccellenza.
Tutto inizia nel Lancashire, contea a nord-ovest dell'Inghilterra, più precisamente nel piccolo comune di Darwen: quando James Walsh (Craig Parkinson), propietario di una piccola fabbrica tessile, acquista Fergus Suter (Kevin Guthrie, sguardo vispo da guascone) e Jimmy Love (James Harkness) da un modestissimo club scozzese, quasi “costringendoli” a giocare nella rappresentativa di Darwen, l'evento attira l'attenzione della federazione – organizzatrice della famigerata FA Cup, ancora oggi ambita dai club inglesi – e, in particolar modo, della squadra più titolata, capitanata da Arthur Kinnaird (Edward Holcroft), rampollo di buon cuore di una dinastia di importanti banchieri.
Questo è il plot sufficiente a sviscerare l'operazione The english game: attraverso la ricostruzione di uno scorcio della società per lo più proletaria dell'Inghilterra settentrionale di fine 1800, gli showrunner scavano fino alle radici del calcio, un istante prima che, grazie a una serie di piccole, grandi rivoluzioni ideologiche, iniziasse ad assumere i connotati di un affare del popolo; non più soltanto un hobby per rampolli e signorotti, ma lo strumento ideale di riscatto sociale, sfruttato dalla classe operaia, disagiata e insoddisfatta dalle continue costrizioni di banche e datori di lavoro, per alzare la voce e, contemporaneamente, affidare a un durissimo pallone di cuoio le sorti di un cambiamento sociale e, nel piccolo, individuale. Il calcio non come forza bruta e vanagloriosa, ma visto come altra faccia della medaglia sociale, contenitore e propagatore di rabbia, speranza e lotta di classe.
La miniserie Netflix riesce in soli sei episodi a condensare la storia della vera nascita del gioco più popolare al mondo, intrecciando in un ammirevole arazzo drammi sentimentali – la melodrammatica storia d'amore tra Kinnaird e sua moglie, vero pilastro dell'opera, che rafforza il lato umano di personaggi altrimenti a forte rischio macchiettistico, affiancata dall'odissea di Suter per liberare madre e sorelle dalla tirannia del padre ubriacone -, dramma sociale – le lotte operaie e le minuziose ricostruzioni di una quotidianità apparentemente povera, ma tanto accogliente, quanto desiderabile – e, seppur in minima parte, la descrizione gestionale di un gioco nella sua condizione più primitiva, ma pronto a deflagrare in un vero e proprio fenomeno di massa – dagli schemi grossolani, al commercio delle divise, fino all'apertura in “larga scala” del gioco al pubblico.
E proprio da quest'ultimo concetto, The english game si completa come una miniserie sul fenomeno-calcio come modello capitalistico di un passatempo che passatempo che più non è, ma assume i contorni di un modello finanziario basato sull'interazione interpersonale – la composizione di una squadra è asservita a una serie di operazioni sensibili, nonché alla lungimiranza di scelta e alla capacità di far coesistere differenti personalità spesso in contrasto tra loro – e sulla lungimiranza tesa a soddisfare il motore irrefrenabile del gioco stesso, ovvero i tifosi; con l'accumulo di risorse in campo e la crescente idolatria-popolarità delle stesse, il rapporto tra la macchina sportivo-aziendale e il tifo è direttamente proporzionale al desiderio sfrontatamente campanilistico di una certa fetta di popolazione di rivendicare, a suo modo, una determinata appartenenza sociale. Ideologica o prettamente territoriale. E mostrando senza giri di parole questa rapida trasformazione, The english game verrà apprezzata anche da chi di calcio non vuole saperne nulla.
Pier Paolo Pasolini affermò che il calcio è l'ultimo grande romanzo popolare del Novecento. Come dargli torto.
(The english game); genere: drammatico, storico, sportivo; showrunner: Julian Fellowes, Tony Charles, Oliver Cotton; stagioni: 1 (miniserie); episodi prima stagione: 6; interpreti: Edward Holcroft, Kevin Guthrie, Charlotte Hope, Niamh Walsh, Craig Parkinson, James Harkness, Ben Batt, Gerard Kearnes, Henry Lloyd-Hughes, Daniel Ings, Kate Dickie, Anthony Andrews; produzione: 42; network: Netflix (U.S.A., 20 marzo 2020), Netflix (Italia, 20 marzo 2020); origine: U.S.A., 2020; durata: 45' per episodio; episodio cult prima stagione: 1x06 - Episode 6 (1x06 - Episodio 6)
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