Il primo ottobre 1999 arrivava al cinema l'ultimo film di Stanley Kubrick, dopo la sua morte improvvisa nel marzo dello stesso anno. Un capolavoro (forse) incompleto che vi raccontiamo.
Il 7 marzo 1999, data fatale per tutti gli appassionati di cinema, muore all'improvviso, stroncato da un attacco cardiaco, Stanley Kubrick, forse l'ultimo grande genio della settima arte. Ha solo 70 anni ma da qualche mese lamenta un'insolita stanchezza. Dato il tempo che impiega per la ricerca e la realizzazione dei suoi capolavori, in quasi cinquant'anni di carriera ha realizzato solo 13 lungometraggi, almeno 9 dei quali sono capolavori, riconosciuti come tali anche dai suoi non pochi detrattori. La morte lo coglie solo sei giorni dopo aver mostrato alla Warner e ai protagonisti il montaggio (finale? Ci torneremo dopo) di quella che resterà la sua sinfonia incompiuta, Eyes Wide Shut, il film che Kubrick ha tratto dalla novella psicanalitica scritta da Arthur Schniztler nel 1925, “Doppio sogno”, che ha al centro l'amore, la gelosia e il tradimento tra una giovane coppia, Fridolin e Albertine. Il regista ha voluto come protagonista di questo gioco al massacro all'interno di un matrimonio la coppia più glamour e chiacchierata di Hollywood, formata da Tom Cruise e Nicole Kidman, mentre il regista/attore Sydney Pollack è uno dei pochi volti noti nel cast. Ne esce un film che resta il testamento del genio di Kubrick, che ha fatto discutere e suscitato polemiche e di cui noi vogliamo ricordare genesi, sviluppo e risultato finale.
Eyes Wide Shut, l'ultima ossessione di Kubrick: lo sviluppo
È dal 1987, anno dell'uscita di Full Metal Jacket, che Kubrick medita su nuovi possibili lavori nella sua storica dimora nell'Hertfordshire, che solo in apparenza lo separa da un mondo con cui è costantemente in contatto. Continua ad accumulare casse di materiali su Napoleone e progetta quello che diventerà A.I., ereditato dopo la sua morte dall'amico Steven Spielberg. Ma la scelta immediata ricade su una storia più intima e personale a cui da tempo pensa. Kubrick aveva letto il breve romanzo di Schnitzler "Doppio sogno" nel 1968 e ne ha opzionato i diritti poco dopo, per trarne un film successivo a 2001: Odissea nello spazio. A tratti aveva considerato di trarne una commedia e per i protagonisti aveva addirittura pensato a Woody Allen o Steve Martin. Decenni dopo decide finalmente, con l'aiuto dello scrittore Fredrich Raphael, di portarlo sullo schermo in una versione più fedele al tono del racconto. La storia viene trasportata dalla Vienna del 1920 alla New York del tardo ventesimo secolo e Fridolin e Albertine diventano gli americani William e Alice Harford. Il romanzo inizia con una festa mascherata per Carnevale mentre la versione di Kubrick è ambientata nel periodo natalizio.
La lavorazione e gli attori costretti ad abbandonare le riprese
Le riprese di Eyes Wide Shut (girato come consuetudine di Kubrick in Inghilterra, col Greenwich Village newyorkese ricostruito nei Pinewood Studios), iniziano nel novembre del 1996 e terminano nel giugno del 1998 – 46 settimane ininterrotte di lavorazione che corrispondono a 15 mesi sul set - a causa della nota meticolosità di Kubrick, che costringe a innumerevoli ciak gli attori finché non ha ottenuto esattamente quello che vuole, estenuando cast e troupe. Ma è portando allo stremo i protagonisti, che a lui si affidano, che il regista ottiene le migliori performance della loro carriera. A causa della lentezza della lavorazione però, alcuni devono abbandonare le riprese: Harvey Keitel (inizialmente scelto per il ruolo che andrà a Pollack e che non esiste nel libro) è costretto da un precedente contratto ad abbandonare le riprese. Con lui se ne va anche Jennifer Jason Leigh che è Marion (la parte va a Marie Richardson), perché impegnata sul set di eXistenZ di David Cronenberg e impossibilitata perciò a rigirare le sue scene con Pollack.
Tom Cruise e Nicole Kidman: La coppia scoppia
È dai tempi di Shining con Jack Nicholson che Kubrick non scrittura una star per un suo film, e per questo decide di assecondare la richiesta dei produttori, anche perché ha già in mente una vera coppia di divi per il ruolo di William Harford e della moglie Alice. Non gli è difficile incontrare Tom Cruise e Nicole Kidman: entrambi si trovano già coi figli in Inghilterra, dove lei sta girando Ritratto di signora di Jane Campion. I due attori incontrano Kubrick e vengono scritturati: il regista fa firmare loro un contratto che li lega ad Eyes Wide Shut fino al suo completamento. Ma Cruise e Kidman, che stanno per affrontare la prova più impegnativa e unica nella loro carriera, sanno già a cosa vanno incontro e seguono il consiglio di Vincent D'Onofrio di prendere residenza stabile in Inghilterra, perché ci resteranno a lungo. Di fatto, le loro performance in questo film - che li mette letteralmente a nudo - sono eccezionali ed hanno un forte sapore di verità. Molti attribuiscono a questo gioco al massacro sul set la loro successiva separazione, avvenuta nel 2001 dopo 11 anni di matrimonio. Forse esagerano, ma c'è sicuramente un fondo di verità. Nicole Kidman parlerà sempre con entusiasmo dell'esperienza e del rapporto con Kubrick (che la convince anche a non lasciare la recitazione per dedicarsi interamente ai figli), mentre Cruise, che non ama il suo ruolo, dichiarerà in seguito che non si sarebbe mai perdonato di non averlo fatto.
Le musiche di Eyes Wide Shut
Gran parte della suggestione dei film di Kubrick, che sono esperienze sensoriali a 360 gradi, si deve alla colonna sonora ed Eyes Wide Shut non fa eccezione. Se il teaser trailer punta sul suggestivo e insinuante brano rock di Chris Isaak “Baby Did A Bad Bad Thing”, suggerito a Kubrick da Nicole Kidman, il soundtrack comprende brani già esistenti e appositamente composti. Per la celebre scena del ballo mascherato, la compositrice Jocelyn Pook in “Masked Ball” rielabora una precedente composizione, “Backword Priests”, un canto liturgico in romeno riprodotto al contrario e riarrangia “Migrations”, oltre a comporre due altri brani, “Naval Officer” e “The Dream”. Tra i classici, Kubrick torna ad utilizzare l'amato György Ligeti e sceglie il meraviglioso valzer “Jazz Suite, Waltz 2” di Dmitri Shostakovich. Gli indimenticabili “When I Fall in Love” e “Strangers in the Night” completano una colonna sonora indimenticabile, l'ultima delle molte in cui le musiche si intrecciano indissolubilmente al tessuto visivo dei film di Stanley Kubrick, maestro di ogni dettaglio.
L'edizione italiana di Eyes Wide Shut e i dubbi sulla versione finale
Come per tutte le edizioni estere dei suoi film, Stanley Kubrick anche per Eyes Wide Shut lavora strettamente con gli adattatori e i direttori del doppiaggio e fa realizzare nelle varie lingue le scritte presenti all'interno, che in questo caso comprendono la pagina di un giornale e un fondamentale biglietto. Questi dettagli vengono rigirati in italiano e se oggi non li vedremo più nella versione in circolazione è perché dopo la morte del regista queste sue indicazioni sono state completamente disattese, in quella che appare come una ingiustificabile e insensata mancanza di rispetto nei confronti dell'autore. Il grande e compianto direttore del doppiaggio dei suoi film da Arancia meccanica in poi, Mario Maldesi, della cui amicizia ci onoravamo, realizza la versione italiana senza il conforto del continuo feedback del regista. Cerca ad ogni modo di rispettare la sua volontà, quella che Kubrick gli ha sempre espresso nelle sue lettere e telefonate: “Mario, non voglio voci già note e conosciute da pubblicità o altri lavori”. Maldesi sceglie così Massimo Popolizio per fargli doppiare Tom Cruise, invece di Roberto Chevalier, scatenando involontariamente un'indesiderata polemica. Stima e conosce, infatti, il doppiatore storico di Cruise, ma secondo quello che Kubrick ha sempre richiesto lo giudica troppo riconoscibile e dunque - come ha fatto anche per altri suoi film - ricorre a un interprete di formazione teatrale. E Popolizio fa, senza togliere merito a nessuno, un lavoro veramente egregio. Parlando con Maldesi e coi collaboratori italiani di Kubrick, l'impressione unanime di chi conosceva il suo metodo di lavoro era che quella uscita dopo la sua morte non fosse affatto la versione definitiva di Eyes Wide Shut, e che sicuramente ci avrebbe ancora rimesso mano. In particolare alcuni danno come voluta la mancanza della voce off (presente in sceneggiatura) nelle peregrinazioni notturne di Tom Cruise, mentre è probabile che in alcuni punti Kubrick l'avrebbe inserita. Purtroppo non lo sapremo mai, ma sicuramente Eyes Wide Shut non ha avuto il conforto della benedizione finale di Stanley Kubrick e resta la sua “Incompiuta”, come l'ottava di Schubert o l'ipotizzata decima di Ludwig Van Beethoven, autore amato che fornisce, con “Fidelio”, la parola d'ordine di una delle scene fondamentali del film.
Eyes Wide Shut: un romanzo e un film onirico
Quello che succede nel film e nel breve romanzo di Schnitzler è riconducibile al mondo dell'inconscio, del sogno e del desiderio sessuale. È la prima volta – con l'eccezione di Lolita – che Kubrick incentra la sua analisi sulla sessualità all'interno di una coppia e sulla curiosità verso il proibito, di cui la discussa scena dell'orgia ci rende al tempo stesso voyeur e complici. Come Harford, nei nostri sogni scopriamo la nostra vera identità e non c'è niente che ci inquieti di più di trovarci nudi in mezzo a gente vestita o senza maschera in mezzo a gente col volto coperto. Lo smascheramento del bel dottor Harford, la sua umiliazione e la sensazione di pericolo incombente si trasmettono allo spettatore, come se al centro di quel cerchio ci fosse lui, inserito in una liturgia di cui non capisce il senso ma da cui si sente stranamente attratto. Dalla gelosia per un tradimento immaginato o non compiuto ma rimpianto, scaturisce un doloroso confronto di coppia in cui la maschera resta un elemento essenziale, terzo incomodo nel letto in cui marito e moglie dormono fianco a fianco. Stanley Kubrick scava a fondo con la sua sontuosa messinscena in un immaginario onirico che fa del “Doppio sogno” di Schnitzler un incubo da cui ci si risveglia e che porta con sé la consapevolezza che forse era meglio non sapere, perché non tutti siamo pronti a fare pace con la vita che il partner ci nasconde e con la parte di noi di cui ci ostiniamo a negare l'esistenza.
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