Stargirl è una poetica storia d'amore per adolescenti, interpretata da Grace VanderWaal.
In un liceo di provincia in Arizona, alle porte del deserto, la vita sonnacchiosa alla quale assiste il sensibile adolescente Leo (Graham Verchere) sta per essere scossa da una coetanea assai particolare: a scuola dopo un'educazione nelle quattro mura domestiche, Stargirl (Grace VanderWaal), così si fa chiamare, veste e si comporta come le pare, con una stralunata e libera grazia. Non è sfrontata, è semplicemente non incasellabile: il suo altruismo, il suo entusiasmo, la sua voglia di cantare daranno la carica a tutti gli studenti (e alla squadra di football) del liceo, ma anche per le migliori intenzioni è difficile sopravvivere in un mondo conformista... Leo, innamorato ricambiato, dovrà imparare qualcosa.
Pubblicato nel 2004 anche in Italia, il romanzo Stargirl di Jerry Spinelli, appartenente al filone young adult, è stato assai apprezzato dal mercato internazionale: sulle prime Catherine Hardwicke si era interessata all'adattamento, per poi fungere solo da executive producer quando il progetto è diventato un originale per il servizio di streaming Disney+, affidato invece alla regia di Julia Hart, già dedita ai teenager nei suoi precedenti Miss Stevens e Fast Color.
Stupisce in positivo che in questa fiaba romantica non ci sia un villain definito, e che invece il dramma sia innestato da una sorta di inevitabile deriva della società, che cerca un equilibrio tra le personalità dei singoli e una più controllabile e insapore identità collettiva, o di fazione. Molto istruttivo e utile per un dibattito tra giovanissimi, senza precipitare necessariamente nei cupi abissi di Tredici. Davvero non si sa da che parte stare, perché da un lato parteggiamo per il sorriso fiducioso di Leo, che ha tanto bisogno dell'apertura di Stargirl ma anche di essere accettato da tutti, dall'altro c'è (anzi c'è stato, per i più vecchi) qualcosa di Stargirl in tutti noi, all'epoca del liceo e dell'adolescenza. Una speranza di essere accettati proprio come si è, senza compromessi e senza ipocriti equilibri, in cui di fatto la bilancia pesa sempre di più verso gli altri che verso di te, se non hai il coraggio di ascoltarti al 100%.
Stargirl è un film Disney nel bene e nel male. Nel "male" perché risponde a regole non scritte (o forse sono scritte sul serio!), cercando una vendibilità di diversi elementi: i look "alternativi" di Stargirl sono pronti per un cosplay, e il coinvolgimento della cantante Grace VanderWaal al suo debutto da attrice implica canzoni originali e sipari alla High School Musical (coreografati da Mandy Moore!), meno stilizzati ma comunque in alcuni casi un po' forzati, nel registro dell'insieme. Grondano poi "cinema per famiglie" alcuni passaggi retorici, molti dei quali prevedibili.
Allo stesso tempo, tuttavia, c'è un'anima disneyana preziosa nel senso del racconto: come spiega lo studioso di fossili di dinosauri, unica figura maschile di riferimento per il protagonista orfano di padre, realtà e magia non devono per forza escludersi a vicenda. La libertà che Stargirl incarna è un bene prezioso, perché esalta la grande capacità umana di capire e dare un senso al mondo, attraverso la solarità e la positività. Sembra irreale perché siamo pigri. Il fatto poi che la ragazza stenti a essere ricompensata dagli altri, e ne soffra, rende la questione complessa quanto basta, non liquida questo sorriso e questo ottimismo come una scelta semplice. Ci vuole forza. E' curioso guardare un film originale family-friendly sul Disney+ e pensare al Giardino delle vergini suicide di Sofia Coppola: tranquilli, qui di certo nessuno si suicida, ma se si legge qualcosa di più amaro in Stargirl, vuol dire che un'anima vera e sincera lì sotto pulsa.
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