Il film di Bennett Miller con Brad Pitt, Jonah Hill e Philip Seymour Hoffman racconta la vera storia di Billy Beane, manager della squadra di baseball degli Oakland Athletics, che compensò la mancanza di fondi con l'aiuto di un laureato di Harvard.
Nel 2012 il bel dramma sportivo di Bennett Miller, L'arte di vincere, ottiene ben sei candidature all'Oscar: miglior film, miglior sceneggiatura non originale (firmata da due giganti come Steven Zaillian e Aaron Sorkin), miglior attore (Brad Pitt), miglior attore non protagonista (Jonah Hill), miglior montaggio e miglior mix sonoro. Anche se non ne ha vinto nessuno, è comunque un bel risultato per un film che ha nel cast anche Chris Pratt, Robin Wright e il meraviglioso e mai troppo compianto Philip Seymour Hoffman e che nasce da una storia autentica, che vi raccontiamo.
Il soggetto e la sceneggiatura di L'arte di vincere sono tratti dal libro di Michael Lewis “Moneyball: The Art of Winning an Unfair Game”, che racconta la storia di Billy Beane, rappresentato nel film da Brad Pitt, che nel 2002 per la squadra di baseball degli Oakland Athletics, di cui era il manager, si trovò a disposizione un budget non competitivo per l'acquisto dei giocatori migliori, che di fatto non avrebbe permesso al suo team di restare nella Major League.
Quando i numero contano come e più dei soldi: il metodo Beane/De Podesta
Senza perdersi d'animo, ma con spirito imprenditoriale tipicamente americano, Beane si rivolse a Paul DePodesta (nel film interpretato con un altro nome da Jonah Hill), laureato ad Harvard con una formazione economica e il pallino delle statistiche del baseball, le cosiddette sabermetrics. Insieme analizzarono decenni di dati relativi a centinaia di giocatori per scoprire la miglior strategia per ingaggiare atleti di buon livello, sottovalutati e snobbati dalle altre squadre, col budget a disposizione della squadra.
L'analisi statistica e le vittorie degli Oakland Athletics
Nel loro certosino lavoro, i due si resero conto che gli scout incaricati di acquistare i migliori giocatori sul mercato trascuravano queste statistiche che consentivano di prevedere sulla base delle probabilità, ad esempio, quanti fuoricampo avrebbero potuto realizzare. Accolto inizialmente con scetticismo dal mondo del baseball e dallo stesso allenatore degli Oakland Athletics (Art Howe, nel film interpretato da Hoffman), che si rifiutava di impiegare i giocatori acquistati con questo metodo, l'approccio di Beane si dimostrò invece vincente. Gli Athletics iniziarono a vincere anche contro squadre che avevano a disposizione budget molto più consistenti e giocatori considerati di altissimo livello. Dal 2000 al 2003 raggiunsero i playoff per quattro volte consecutive e divennero la prima squadra in oltre 100 anni di American League a vincere 20 partite di seguito. Nel 2006 vinsero i loro primi playoff. Se oggi quella di integrare le analisi statistiche nel gioco e nella valutazione di una squadra è diventata una regola diffusa, lo si deve all'intuizione di Beane, che seppe ideare una strategia vincente a partire da un evidente svantaggio.
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