mercoledì 17 novembre 2021

La persona peggiore del mondo, Il viaggio di Renate Reinsve: intervista alla migliore attrice di Cannes 2021

Ha fatto irruzione con un personaggio splendido, in un film impossibile da incasellare come La persona peggiore del mondo di Joachim Trier. Renate Reinsve è la protagonista, migliore attrice al Festival di Cannes 2021, di un viaggio ironica e profondo di formazione amorosa, ma soprattutto alla vita, di una giovane donna di Oslo, Julie. Seguiamo i capitoli della sua vita, divisa fra due uomini come Aksel, fumettista di successo, e Eivind, incontrato per caso a una festa.

Una storia appassionante, quella di Julie ma anche quella di Renate Reinsve, che così ha raccontato come sia cambiato tutto dopo la vittoria a Cannes, nel corso di un’intervista realizzata a Roma. 

"È folle. Non credo di rendermi ancora ben conto di cosa sia successo, ho visto la mia intera vita scorrermi davanti. Ho ora la possibilità di scambiare idee e prospettive con persone importanti, il che è bellissimo. Sono molto felice di aver fatto in passato molto teatro. Conosco i miei valori e cosa cerco, cioè buone sceneggiature e registi capaci, senza fare le cose in fretta impedendo un lavoro artistico di qualità. Spero di avere l’occasione di avere in futuro la possibilità di partecipare a un progetto come La persona peggiore del mondo, in cui l’arte sia al centro, dedicandoci tanto tempo e amore. Vorrei una Renate nuova, ma al 50%, rimanendo in equilibrio con i criteri di scelta del passato.”

Una preparazione complessa e completa, per un personaggio pieno di sfaccettature. “Quando ho letto la sceneggiatura ho visto che c’erano scene molto diverse, mi sarei trovata ovunque anche dal punto di vista emotivo. Avevo timore di non dare al mio personaggio tutte le sfumature necessarie. Quest’ansia mi ha spinto a esplorare le sfaccettature emotive più complesse necessarie per ogni scena. Ho avuto un anno per prepararmi e ho fatto uno studio drammaturgico approfondito di tutte le emozioni, anche perché il film non lo abbiamo girato cronologicamente, per cui dovevo essere sempre pronta a calarmi nel momento esatto in cui lei si trovava, sia mentalmente che fisicamente. Un grande lavoro prima, poi durante le riprese si è trattato di lasciarsi completamente andare. Un modo forse nuovo di lavorare; più eravamo rilassati, più emergevano sfumature del personaggio, in maniera molto più reale che se ci fossimo sforzati a mettere in pratica tutto quello che avevamo preparato. Prima un'enorme preparazione, quindi, e poi il tentativo di dimenticarla per essere spontanea e credibile.”

Julie è una donna in cui la sua interprete ha potuto mettere molto di sé. “Posso riconoscermi nel modo in cui pensa sé stessa in termini esistenziali, distaccata dalla sua vita e da quello che è. Le risulta difficile accettarsi. La Norvegia è uno dei paesi con il maggior conformismo sociale, piena di regole su come ci si debba comportare. Eppure c’è oggi una grande libertà di cambiare partner o professione. È una situazione che genera molto confusione. Non so se è una questione generazionale, visto che mia nonna di 83 anni si è identificata molto con Julie, vendendo il film. Anche se è in pensione, ha cambiato lavoro e fidanzato. È qualcosa che abbraccia l’esistenza di tutti. In questo periodo in cui è difficile orientarsi, anche con i social media che portano a metterti in primo piano, in vetrina. Ci sono pressioni da ogni parte. Mi ritrovo in questa precarietà.”

Cosa ha messo di personale in questo personaggio e nel film, nel lavoro con Trier?

Joachim ha scritto il ruolo per me. Sapeva che ho recitato in grandi tragedie teatrali ma anche in commedie televisive. Voleva qualcuno capace di spaziare fra dramma e commedia. È sempre difficile interpretare il presente, ma leggendo la storia mi sono sentita vicina a Julie, ma allo stesso tempo mi è sembrata una figura universale. Avrei dovuto lavorare, per farla comunicare con tantissime persone. Con il regista abbiamo avuto molte discussioni esistenziali, ci siamo chiesti cosa sia l’amore, quale sia il suo ruolo oggi, perché una persona ci può piacere in un determinato momento, mentre in un altro no. Lui ha grande conoscenza di Freud e della psicanalisi. Gli interessava ragionare su cosa porta oggi un essere umano a compiere le proprie scelte e come lo faccia. Abbiamo molto provato, analizzando insieme il personaggio. Mi sento vicina anche alla sua tristezza. L’onestà è stata totale, cercando di parlare anche di temi difficili come la vergogna e la solitudine.

Il film, anche grazie alla differenza d’età fra Julie e il suo fidanzato iniziale, decisamente più grande, il tempo che passa. Racconta il momento in cui si passa dal guardare avanti, verso il futuro, a quello in cui si guarda più il tempo che passa e la nostalgia conseguente.

È proprio così. Per Joachim Trier è molto importante il passare del tempo e l’effetto che ha sulle persone, il fluttuare sulla superficie del tempo. Aksel è il personaggio che senz’altro vive di più nel passato, ma che è anche stato più attivo nel presente, anche con il suo lavoro di fumettista. È un tema molto forte, che ha raccontato anche in altri film. Sa fermarlo, poi, il tempo, domandandosi cosa sarebbe successo se i due si fossero incontrati in un altro periodo, storico e personale.

Non manca però la speranza, nella storia di Julie

Il viaggio di Julie è movimentato, ma le permette di definirsi da sola, senza che altri lo facciano. Ha vissuto perdite e incertezze, che le hanno permesso di accettare come la vita sia caos su cui non si ha controllo. La cosa importante è accettarsi e vivere bene con sé stessi, anche al di là delle scelte che si compiono. In Norvegia abbiamo fatto molta strada per quanto riguarda l’uguaglianza della donna e la parità di condizioni, ma siamo bloccati su alcuni aspetti, appresi in maniera subliminale e relativi a dinamiche sociali e culturali. Il film è una storia su una donna, scritta da un uomo, la cosa mi spaventava e mi sentivo responsabile della rappresentazione che ne sarebbe venuta fuori. Anche perché potrebbe sembrare Aksel, il fidanzato, il personaggio più forte, ma Julie lo è, seppure  in maniera diversa. Non accetta la loro quotidianità di coppia, sente in maniera istintiva che c’è qualcosa che non funziona, cercando costantemente di capire il problema: la sua necessità di essere definita attraverso una presenza maschile. Non sa esprimerlo a parole, ma agisce inseguendo la libertà, perché il punto di partenza è riuscire a sentirsi forte e realizzata anche da sola. La ricerca continua della causa di un problema è il primo passo di ogni rivoluzione.

Una clip in esclusiva de La persona peggiore del mondo



from ComingSoon.it - Le notizie sui film e le star https://ift.tt/3wSkIHe

via Cinema Studi - Lo studio del cinema è sul web

Nessun commento:

Posta un commento