Carlotta Natoli e Thomas Trabacchi sono due attori molto bravi. Spesso sottoutilizzati dal cinema italiano.
Carlotta Natoli e Thomas Trabacchi sono una coppia nella vita.
Carlotta Natoli e Thomas Trabacchi sono finalmente protagonisti di un film, lo sono assieme, e sono bravissimi.
Il film è Quattrordici giorni, nuova regia di Ivan Cotroneo presentata al Torino Film Festival 2021 (nonché primo film italiano Paramount+ Original prodotto con Indigo) che racconta di una coppia che si sta separando e che è costretta da una quarantena cautelativa a trascorrere due settimane in casa assieme, proprio quando lui era pronto con la valigia sulla porta a lasciarsi quella vita e quella relazione alle spalle per intraprenderne di nuove.
Tratto dal romanzo scritto a quattro mani (così come il copione del film) da Cotroneo e Monica Rametta, Quattordici giorni è una nuova analisi di una crisi di coppia raccontata sullo schermo, che arriva curiosamente vicina - in termini temporali - a film come Storia di un matrimonio o alla nuova serie di Scene da un matrimonio diretta da Hagai Levi, rifacimento e aggiornamento di quella degli anni Settanta firmata da Ingmar Bergman.
A spingere Cotroneo a raccontare questa storia, però, è stata una circostanza speciale: la pandemia. "Durante il primo lockdown volevamo raccontare quel che stava accadendo, e per catturare la totalità dell'esperienza era necessario raccontare una storia piccola, quella di due personaggi, chiusi in una casa, che avessero un passato comune," ha raccontato il regista. "Sappiamo bene, per esperienza diretta, quale sia il peso, la condanna e la gioia dell'intimità: è un qualcosa con cui devi fare i conti, che qui è enfatizzato dal tempo della pandemia: già normalmente quando ti separi dopo una lunga relazione hai la difficoltà di lasciarti alle spalle tanti anni di vita comune, e a maggior ragione è così in questo periodo così pieno di incognite, in cui sai ancora di meno se e cosa troverai fuori per rifarti una nuova vita".
Quel che Cotroneo e Rametta volevano fare era "regalare a una coppia un tempo che normalmente non ha". Lorenzo è sulla porta ma scopre che deve rimanere in casa con Marta per quattordici giorni in cui c'è una "telecronaca sentimentale in cui si dicono in quel lasso di tempo tutto quello che non si sono detti per anni, scoprendo come loro e il loro rapporto sono cambiati. Quando due persone si lasciano solitamente non hanno il tempo di ragionare su tutto questo. Io ho dato a questi personaggi un momento bunueliano di riflessione, e l'intimità è l'oggetto dei loro dialoghi".
Quattordici giorni è raccontato in altrettanti capitoli in cui vengono isolati pochi minuti della giornata di Marta e Lorenzo. Pochi minuti di liti e scambi rivelatori, girati in piano sequenza più e più volte nel corso di una singola giornata di lavorazione: perché quattordici sono stati anche i giorni di lavorazione. Un tour de force emotivo molto impegnativo per gli attori sul set, e anche per la troupe, per un film che, a differenza di altri, lascia che nel rapporto tra i suoi protagonisti, oltre al dolore e alla rabbia, emerga anche una vena ironica.
"Da interprete devo dire che è stato un lavoro difficile", ha raccontato Carlotta Natoli. "Un danno come un tradimento rappresenta un dolore così grande in una coppia che assume molto spesso le caratteristiche della tragedia. Qui invece la cosa è stata più complessa. Marta voleva presentarsi con una dignità. Prendere il dolore e lasciarlo nascosto sotto a qualcosa di diverso. D'altronde ci sono due modi di affrontare una cosa del genere: lasciarsi andare, rassegnarsi a vivere in pigiama e ciabatte, oppure lottare. Marta percorre un crinale delicato, non si sa bene se vorrebbe riconquistare Lorenzo o vorrebbe ammazzarlo, e la tenuta di questo equilibrio è figlia anche del montaggio e della regia. Poi Ivan ci chiedeva di raccontare solo alcuni minuti di una giornata, chissà cosa accadeva nel resto del tempo: forse Marta passava il suo tempo a piangere, o chissà a cos'altro fare. E qui è lo spettatore che deve subentrare a concludere le giornate, e il film".
"In questo film ci sono sovrapposizioni stratificazioni e intimità, e se ci penso adesso è stato davvero grande il privilegio di girare una scena al giorno, in sequenza cronologica e in piano sequenza, ripetuta dall'inizio alla fine senza soluzione di continuità," ha aggiunto Thomas Trabacchi. "Al di là dello sforzo mnemonico che comportava, e della teatralizzazione dell'evento cinematogfìrafico, ha rappresentato la possibilità di muoverti in qualche modo in assenza di controllo. Ivan ha avuto estrema fiducia nello scegliere noi come attori, e quel che ci ha detto all'inizio è stato di fidarci del nostro talento. Fidarsi del talento vuol dire però anche fidarsi di quel che non controlli: e spesso qui gli errori, le cose meno controllate o che hanno deviato da quel che avevi programmato come attore sono le cose più vere. Quello di Quattordici giorni è stato un progetto pieno di grazia e profondità che ha funzionato dall'inizio per il suo coraggio produttivo."
Cotroneo ha spiegato che fin dalla scrittura del libro ha subito pensato a Carlotta Natoli e Thomas Trabacchi come protagonisti della storia: "Avevo lavorato separatamente con loro, e li avevo visti assieme a teatro, sono una coppia che è tale in realtà nella vita e questo era importante". Racconta infatti il regista che questa coppia realmente tale è stata capace di spontanea naturalezza "nell'abitudine a punzecchiarsi, nella fisicità del rapporto, nel mondo di stare insieme e negli sguardi che tradiscono la presenza di un amore vero. Era talmente evidente, anche in semplici piani di ascolto, che tra loro corresse qualcosa che al montaggio ho dovuto tagliare delle evidenze per salvare l'incognita sul finale del film. Il loro privato nelle battute che pronunciano non è mai entrato, ma certo è che ci sono state giornate in cui a fine riprese riprendevano assieme la macchina per tornare a casa ed erano tesissimi."
"Se racconti una storia simile in teatro fai un atto unico che dura al massimo due ore," ha commentato Natoli, "ma se devi girare una scena di conflitto per cinque o sei ore, metti in essere una grande energia, e rimani con tanto materiale difficile da elaborare in tempo reale da portarti a casa. Thomas e io stiamo insieme da diciannove anni, e di momenti di crisi ne abbiamo avuti come tutti, quando abbiamo iniziato a girare eravamo in un momento di buona, ma è stato comunque impegnativo".
"Nostro figlio a casa ci chiedeva se provassimo per il film o se stessimo litigando davvero", ha detto sorridendo Trabacchi.
L'energia, l'affiatamento e il legame tra i due attori sono evidenti anche nella sala dell'hotel torinese dove li abbiamo incontrati, ed è la stessa che si percepisce in Quattordici giorni, un film nel quale intelligentemente Cotroneo ha voluto "nascondere il più possibile la scrittura, i movimenti della macchina da presa, per non dare l'idea di un film, per far concentrare lo spettatore sulla forza delle loro battute e delle loro emozioni".
Emozioni che sono chiare e sono vere, palpabili, quelle di Marta e Lorenzo. Che sono forti e profonde anche quando - in questo caso, per fortuna - meno urlate e violente di quelle di Noah Baumbach o Hagai Levi: ugualmente sofferte ma venate di una levità figlia di ironia e disincanto utili a loro e a noi per affrontare nel migliore dei modi, e con una patina di testardo romanticismo, l'incertezza spiazzante che tutti ci siamo trovati e ancora ci troviamo di fronte.
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