mercoledì 24 luglio 2019

Alessandro Borghi: il ragazzo che guarda l'orizzonte diventato uomo con i suoi personaggi

L'attore è fra gli ospiti del Giffoni Film Festival 2019 nella giornata di giovedì 25 luglio.

E’ preciso, Alessandro Borghi, molto preciso, anzi un perfezionista, come lui stesso ama ripetere a voce o sui social, di cui fa uso costante. Lo è perché - dice lui - è nato sotto il segno della Vergine, precisamente il 19 settembre del 1986. E’ anche golossissimo di gelato, e di coni e coppette potrebbe mangiarne anche tre di fila. Preferisce le donne minute alle "spilungone", perché può "contenerle" in un abbraccio, ed è cresciuto a Roma in una famiglia normale, fra Viale Marconi e la Magliana, osservando con curiosità quella borgata, poco più in là, alla quale più volte si è accostato al cinema e di cui ha conosciuto i personaggi più borderline e nello stesso tempo le anime più pure, genuine. E nella borgata non si è mai cacciato veramente nei guai, non si è mai drogato, per esempio, perché in sua madre, suo padre e suo fratello, di cui porta tatuate sul corpo le iniziali, ha trovato solidità e affetto, e quell'illogica allegria che rende quasi ogni sua giornata speciale e che provava da bambino andando sulle giostre. Di lavori ne ha fatti tanti Alessandro e, come ci insegnano le decine di biografie che popolano il web, ha varcato la soglia di Cinecittà da stuntman, benedetto da un fisico forte e possente.

E’ una persona gentile e sorridente il ragazzo che tutti definiscono "l’attore italiano del momento", e forse è stata proprio la sua amabilità a imporlo come primo "padrino" del Festival di Venezia. Lo ricordiamo bene Borghi durante quel Festival, perfettamente a suo agio sul palco della Sala Grande nelle serate di apertura e di chiusura, o nel giorno prima della partenza del "carrozzone", quando rispondeva volentieri alle domande (sempre le stesse) dei giornalisti. Perché Alessandro è così: quando è su un tappeto rosso e ti vede con il microfono in mano che ti agiti furiosamente per attirare la sua attenzione, ti viene incontro sorridente, che tu sia uomo, donna, giovane, vecchio, cronista esperto o alle prime armi. E parla volentieri di ogni argomento - da Spielberg a Dissenso Comune - e lo capisci subito che non si è preparato il discorsetto, anche se c'è una cosa che ama ripetere di tanto in tanto: che ciò che gli scalda di più il cuore sono gli abbracci della gente. Ne ha ricevuti molti, anzi moltissimi, per Sulla mia pelle, l'esordio di Alessio Cremonini che lo ha portato al David di Donatello come Miglior Attore Protagonista e al Globo d'Oro, e nella quale ha impersonato Stefano Cucchi. E’ stato questo (almeno fino a ora) il film più importante della sua carriera, e anche quello per cui ha sofferto di più, vivendo più che indossando, per un tempo determinato, il dolore emotivo e fisico del ragazzo morto per le botte di alcuni scriteriati carabinieri. Non ha solamente perso peso per il ruolo, come avrebbe fatto un qualsiasi attore USA preferibilmente del Metodo. Ha lavorato sulla voce, e anche sullo sguardo - sempre spaurito, sperso, spesso rassegnato - e nei mesi di preparazione si è chiuso a volte in un religioso silenzio, e si è ritagliato lunghi attimi di solitudine, come un monaco, o un atleta prossimo alle Olimpiadi.

L’altro film del cuore di Borghi è Suburra di Stefano Sollima. Era il 2014 quando il regista di Soldado lo ha scelto, e Alessandro ha capito che il "gioco" di cui si stava sempre più innamorando, e di cui aveva cominciato a conoscere le regole in tv, poteva diventare per lui un mestiere. Nella trasposizione del libro della coppia Bonini/De Cataldo ha avuto in sorte il ruolo del rabbioso e violento boss criminale della zona di Ostia Numero 8, che ha nuovamente incontrato nelle due stagioni di Suburra: La Serie, prequel del film in cui il suo personaggio si chiama ancora Aureliano Adami e conserva un barlume di umanità.
Numero 8, così come lo spacciatore "pentito" Vittorio di Non essere cattivo, Chicano di Fortunata e Boccione de Il più grande sogno, hanno rischiato di "relegare" A.B. in ruoli da antieroe pasoliniano, da ragazzo di quella periferia, di cui parlavamo prima, dove l'urgenza di trovare una strada o di dare un senso alla propria esistenza è fortissima e affascinante, e si porta dietro un'energia facilmente distruttiva. Nella periferia, l'attore ha conosciuto Mirko Frezza, che dopo essere uscito di prigione è diventato responsabile del comitato di quartiere ed è passato dalla parte dell'onestà. Borghi ha convinto Michele Vannucci a renderlo protagonista di un film (Il più grande sogno), che ha distribuito, spinto e promosso con passione e con ardore. Peccato che sia uscito, e per breve tempo, in poche sale, e se non fosse stato per Valerio Mastandrea, forse anche l'ultima opera di Caligari avrebbe avuto lo stesso destino.

Se dovessimo identificare Alessandro Borghi con una qualità, sceglieremmo l'empatia. Il nostro "gronda" empatia, come sanno bene Jasmine Trinca (che lo ha affiancato in due film) e Sergio Castellitto, che con lui ha trovato subito un canale di comunicazione affidandogli una parte non semplice da interpretare: quella di un ragazzo bipolare. Borghi ha vinto la scommessa con il disturbo del suo personaggio, lui che ama la disciplina che gli impone un regista e non disdegna di lasciarsi "plasmare".
Terzo film con la "F" maiuscola per l'artista che su una sedia a rotelle ha tentato di fare canestro per raccogliere soldi per una squadra di basket di disabili è Il Primo Re. L'attore lo ha definito "il viaggio più incredibile della mia vita", credendo fortemente in un cinema italiano nuovo, sporcandosi di fango e imparando con solerzia il protolatino, a cui ha dato musicalità e dolcezza. Anche in questo caso ha lavorato sul fisico e ha "costruito" con Alessio Lapice una fratellanza che è il tessuto connettivo dell'opera di Matteo Rovere, e che si impone con prepotenza nella splendida sequenza iniziale dell'esondazione del Tevere e nel grido "brether!" (fratello, appunto), che la rende bellissima e drammatica.

Fra gli altri tatuaggi di Alessandro Borghi ci sono le due parole "My Way" (sui dorso dei piedi). My Way: "A modo mio". Ci piace pensare che nel "modo" dell'attore che al Giffoni Film Festival 2019 porta proprio Il Primo Re, ci siano l'onestà intellettuale e un certo anelito alla libertà, una libertà che non significa calpestare l'altro per poter fare il proprio comodo. "A modo mio" significa per Borghi abitare nella casa di famiglia alla Garbatella e sognare un giorno di avere dei figli, ma nello stesso tempo guardare sempre lontano, oltre il nostro mare e tanti altri mari, l'Oceano, ad esempio, al di là del quale ci sono gli Stati Uniti, dove il misterioso Andrea di Napoli velata verrebbe (e sicuramente verrà) tenuto in grande considerazione.

Sulla sua pagina Instagram Alessandro posta spesso foto in cui viaggia e guarda l'orizzonte, preferibilmente dal finestrino di un aereo, gigante meccanico le cui ali sono diventate per lui delle braccia. Di recente ne ha condivisa una nella quale, invece, fa il morto a galla in un'acqua blu. L'ha accompagnata con la didascalia "vivo a galla". Certamente galleggia nelle acque del talento e delle infinite possibilità Borghi (oltre che di una piscina romana che abbiamo riconosciuto ma di cui, per proteggere la sua privacy, non faremo il nome). E’ cresciuto molto negli ultimi tempi il Fulvio di The Place, anche come persona. E non solo perché lavorare con Patrick Dempsey (nella serie Sky Diavoli) gli ha aperto la mente, ma perché tuffandosi dentro Stefano, Remo & Co., ha guardato le cose con occhi diversi e ha acquistato un livello maggiore di consapevolezza e di capacità di introspezione.
"Il nostro divo più hot" (ecco un'altra definizione che va per la maggiore) ha solo 32 anni (quasi 33). Figuriamoci dove potrà arrivare in futuro: magari addirittura a recitare insieme a Leonardo DiCaprio, che sappiamo essere il suo attore modello.



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