venerdì 30 marzo 2018

X-Files (Stagione 11)

"Voglio ricordarmela cosí com'era. Voglio ricrodare ogni cosa cosí com'era."
- Dana Scully

Rimettere mano dopo quindici anni dalla sua apparente conclusione a un oggetto di culto assoluto come lo è X-Files è molto più pericoloso di quanto se ne possa immaginare. Anche se l'artefice di tale revival è lo stesso ideatore Chris Carter che ha saputo riportare sul piccolo schermo l'intero cast, assicurando un certo livello di qualità artistica allo show e scuotendo nuovamente la passione sopita, ma mai esaurita di tutti i fan della serie. Ora che il revival conta due nuove stagioni, dopo l'entusiasmo e l'incoraggiamento scaturito dalla visione della decima stagione, è necessario indagare con accuratezza sui pregi e i difetti di questa undicesima.

Quel che maggiormente aveva sorpreso in maniera positiva era il profilo a volte esplicitamente canzonatorio che Chris Carter aveva tenuto nel corso della decima stagione, nella quale aveva sapientemente ricollocato gli agenti Mulder e Scully (esiste in televisione una coppia di protagonisti più famosi dei due interpretati da David Duchovny e Gillian Anderson?) al centro della sezione X-Files, mai del tutto chiusa, e di una trama orizzontale incentrata sulla sorte di loro figlio William (Miles Robbins), dato in adozione da Scully per salvaguardarlo dagli indecifrabili piani del governo; un personaggio, quello di William, che diventa di colpo il cuore pulsante della storyline, ragazzo ribelle e incompreso, in perenne conflitto con un mondo che non gli appartiene e dal quale desidera allontanarsi prima che accada il peggio. Il giovane è dotato di incredibili poteri, è un esperimento di laboratorio partorito dalla cinica mente di C.G.B. Spender, in arte ‘l'uomo che fuma' (William B. Davis), che vuole condannare l'umanità a un atroce destino, verso una nuova colonizzazione di matrice aliena.

Carter rinnova e tenta di rafforzare il rapporto genitoriale tra Mulder, Scully e William, strutturato prima mediante una forsennata ricerca del figlio perduto e suggellato da una definizione dolorosa e, al netto di quanto proposto, forse inutile, sicuramente grossolana: una sceneggiatura fin troppo logica e prevedibile, capace di attrarre l'interesse dello spettatore solo nei minuti finali di stagione, non valorizza quanto di buono costruito nelle ultime due stagioni (va inclusa anche la nona, l'ultima prima che venisse proposto il revival, considerato che il leggendario ‘gran finale aperto' chiosava sui tre in attesa di comprendere cosa avesse in riservo per loro il futuro), in cui si auspicava una risoluzione ben assimilata al tessuto poetico e introspettivo di cui la serie tutta s'è da sempre vestita. Perché è questo ciò che maggiormente viene meno con questa undicesima stagione, ovvero quel velato e fascinoso lirismo, quell'attitudine ad appigliarsi alla meraviglia, al piacere e al rischio della scoperta, anche sfruttando elementi di genere abbastanza abusati (il progetto del super-soldato). Stavolta Carter si accontenta di poco, del minimo, e la narrazione scivola via senza attecchire, senza sorprendere, sicuramente priva di quella vibrante verve: William non ci pensa su due volte a far esplodere (letteralmente!) i suoi inseguitori, Mulder e Scully si concedono il lusso di non dannarsi l'anima per la perdita del loro amato figlio (ma nessuna paura, perché Dana è di nuovo incinta e questa volta il padre è davvero Fox), mentre la risoluzione finale tra Mulder e l'acerrima nemesi, ‘l'uomo che fuma', spazza via ogni tentativo di costruire un climax degno dell'evento come una leggera e improvvisa folata di vento.

Questa undicesima stagione di X-Files non ha peso, non intriga, non strazia l'anima come dovrebbe. Ci riesce solo nei classici episodi autoconclusivi (che, per fortuna, rappresentano la maggioranza, ma in questo modo si rischia di ridurre la serie a prodotto per i soli fan insaziabili di amarcord), nei quali la penna di Chris Carter riesce sempre a sprigionare quella agognata magia. Ma non basta. Così come non basta l'ennesimo finale aperto, perché un personaggio come il William qui visto a X-Files non serve affatto; perché pare che sia stato confermato l'addio dalla serie di Gillian Anderson e un X-Files senza l'agente Scully perderebbe la propria essenza logica e concettuale; perché il sentimento è vivo e pulsa, ma uno show di tale caratura presuppone sempre una scrittura all'altezza. Così si rischia di rovinare tutto, così si rischia di uccidere personaggi ancora oggi amati. E' questa la triste Verità. Speriamo almeno che l'agente Scully torni sulla sua decisione e ci ripensi…

(The X-Files); genere: fantascienza, thriller, mistery; sceneggiatura: Chris Carter; stagioni: 11 (in forse); episodi undicesima stagione: 10; interpreti: David Duchovny, Gillian Anderson, Mitch Pileggi, Joel McHale, William B. Davis, Miles Robbins; musica: Mark Snow; produzione: Ten Thirteen Productions, 20th Century Fox Television, 20th Century Fox Television; network: FOX (U.S.A., 3 gennaio-21 marzo 2018), FOX (Italia, 29 gennaio-2 aprile 2018); origine: U.S.A., 2018; durata: 60' per episodio; episodio cult undicesima stagione: 11x10 – My struggle IV (11x10 - Il figlio perduto)



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