Seconda incursione nel cinema di Tom Ford, il più elegante e classico tra i fashion designer contemporanei, egli stesso uomo di straordinaria bellezza, e da questa, fortunatamente, stimolato a ricercare nelle pieghe e nella materia degli abiti e degli accessori una “line of beauty” permanente, irradiante, conchiusa e indiscutibile. Il precedente A single man, presentato in concorso a Venezia nel 2009, e tratto da un romanzo di Christopher Isherwood, molto caro alla generazione di omosessuali nati e cresciuti prima che l'Aids arrivasse, oltre che a falcidiare milioni di vite, a rinfocolare nuove consapevolezze in una comunità di esseri viventi legittimati finalmente a pretendere una considerazione sociale e culturale impensabili prima degli anni del flagello, snaturava la portata politica del romanzo d'origine edulcorandone in un fastidioso glamour visuale gli aspetti più polemici e disturbanti. In questo nuovissimo Nocturnal Animals le cose funzionano in tutt'altra maniera. Anche stavolta la fonte è letteraria: l'omonimo romanzo di Austin Wright, scomparso nel 2003, e divenuto nel corso degli ultimi anni un caso letterario di culto (in Italia lo ha ripubblicato Adelphi, nel 2011). Come già in A single man, anche qui Tom Ford ritocca in altezza il niveau sociale della protagonista, nel romanzo un'insegnante di inglese, nel film la facoltosa manager di una galleria d'arte contemporanea, allo scopo di condire questa parabola sul coraggio dei propri sentimenti e sulle ferite irreversibili con cui scelte motivate da ragioni estranee ai sentimenti stessi possono marchiarci indelebilmente la pelle, con i lavori di alcuni tra i maggiori artisti viventi (da Damien Hirst a Jeff Koons, per citare due tra i nomi forse più popolari anche al di fuori della cerchia dei connoisseur), occasioni di fertili rimandi e citazioni che arricchiscono il racconto con suggestioni di inedita efficacia iconica, fin dalla galleria di freaks obesi nella folgorante sequenza dei titoli di testa. Ford mantiene, rispettandola alla lettera (altra sua scelta felice), la medesima struttura binaria del libro, fondata su un'idea straordinaria e di una matrice fortemente letteraria miracolosamente ricreata con il cinema: mai s'era visto, prima d'ora, un film così in grado di descrivere la medesima capacità della letteratura di tirarti dentro una storia senza darti più scampo né tregua: Amy Adams, come al solito magnifica, insoddisfatta del suo attuale matrimonio, riceve per posta il manoscritto del romanzo dell'ex marito, e vero grande amore della sua vita, Jake Gyllenhaal: un thriller cupo e violentissimo che non riesce più a smettere di leggere. Come nel libro di Wright, si procede entrando e uscendo dalla vicenda narrata nel manoscritto, ovvero dal dorato mondo dei vernissage e dei party dei milionari, nel noir più dark della profonda provincia americana, venato di un'inquietudine e di una violenza che ci si incolla addosso come un pipistrello e ci trascina nel fango e nel sangue. E' in queste sezioni, accese dalla presenza di un monumentale Michael Shannon, che Ford arriva a sporcarsi le mani e a sorprenderci con una rappresentazione dell'ansia che inghiotte gli umani esposti al freddo della notte terrestre e alle insidie fatali del male puro degna dei più grandi campioni del genere nel cinema americano, da Lynch a Friedkin, ai Fratelli Coen, la cui lezione dimostra di aver assimilato e creativamente restituito su uno schermo che aveva evidentemente tanta voglia di violare e squarciare, per svelare l'aridità di un mondo che tutto usa e getta troppo in fretta alla prima difficoltà, cose, persone e sentimenti, scatenando meccanismi di rancori e vendette impossibili da disinnescare entro lo spazio breve del tempo che ci è dato di vivere.
(Nocturnal Animals); Regia: Tom Ford; sceneggiatura: Tom Ford; fotografia: Seamus McGarvey; montaggio: Joan Sobel; musica: Abel Korzeniowski; interpreti: Amy Adams, Jake Gyllenhaal, Michael Shannon, Laura Linney, Aaron Taylor-Johnson; produzione: Tom Ford, Robert Salerno; origine: USA, 2016; durata: 115'
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