mercoledì 5 aprile 2017

La vendetta di un uomo tranquillo

A 38 anni Raúl Arévalo aveva già dimostrato in diversi film, fra i quali También la lluvia di Icíar Bollaín (2010) Gli amanti passeggeri di Pedro Almodóvar (2013) e La isla minima di Alberto Rodríguez (2014) di essere un ottimo attore. Adesso esordisce nella regia e in un colpo solo il film si porta a casa meritatamente la bellezza di quattro premi Goya, miglior film, migliore regista esordiente, miglior attore non protagonista (Manolo Solo nel piccolo ma straordinario ruolo di Triana) e migliore sceneggiatura originale che Arévalo ha scritto insieme a David Pulido. Se pensiamo che l'anno scorso il Goya per il miglior film l'aveva vinto il non memorabile Truman – un vero amico è per sempre non possiamo che apprezzare il salto di qualità del cinema spagnolo un anno dopo. Presentato a Venezia (nella sezione “Orizzonti”) e in quegli stessi giorni a Toronto il film è stato distribuito in Italia con il rivedibile titolo La vendetta di un uomo tranquillo, là dove in originale si intitola Tarde para la ira, alla lettera “la sera per l'ira”, che sarebbe come dire, la vendetta è un piatto da consumare freddo, o se vogliamo citare Truman Capote A sangue freddo. Colpisce positivamente del film nell'ordine: l'assenza (almeno in apparenza) di pretese autoriali, si tratta di un film di genere, segnatamente un thriller, con le cui convenzioni tuttavia nell'arco del film il regista e sceneggiatore sapientemente giocano, la sceneggiatura assai ben congegnata (che bello: in questa stagione, soprattutto americana, così ridondante e logorroica, dove fare un film sotto i 130 minuti sembrava un reato, un film finalmente essenziale che di minuti ne dura novanta, senza una scena di troppo), la totale assenza di cliché del cinema spagnolo da esportazione: Madrid sì, ma squallida e sporca, un po' di provincia spagnola, interni normali, abbigliamento mediocre e grigio, giusto una scena di flamenco, ma funzionale a quella che si rivelerà una convincente pista falsa del plot, musica pop spagnola, quasi sempre diegetica, anni '80 senza nessun cedimento agli sdilinquimenti almodovariani stile Caetano Veloso. Si tratta di un film molto duro di cui praticamente, in sede di recensione, non è possibile rivelare quasi nulla, senza incorrere nel reato di spoiling perché la pellicola, divisa in alcuni brevi capitoletti e in un lungo capitolo che dura da solo più di metà del film e che riprende il sostantivo del titolo italiano (la vendetta), ha la sua ragion d'essere in almeno tre o quatto detour, snodi della trama abbastanza sorprendenti, molto ben costruiti che obbligano lo spettatore non solo ad alcuni necessari riposizionamenti - l'ultimo dei quali, forse il più sorprendente di tutti, a pochi minuti dalla fine - ma che rendono difficile se non impossibile sposare completamente il punto di vista e le istanze di chicchessia. Si tratta decisamente di un buon esordio. Attendiamo incuriositi di vedere come procederà Arévalo per l'avvenire.

(Tarde para la ira). Regia: Raul Arévalosceneggiatura:Raúl Arévalo, David Pulido ; fotografia: Amau Valls Colomer; interpreti: Antonio de la Torre (José), Luis Callejo (Curro), Alicia Rubio (Carmen), Ruth Diaz (Ana), Manolo Solo (Triana); produzione: La Canica Films, Television Española origine:Spagna; durata: 92'.



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