Roma – Teatro Lo Spazio. Un esperimento di teatro astratto e non figurativo: questo è La lezione per il suo stesso ideatore. In “Notes et Contrenotes”, nel 1951, Ionesco mostrò in maniera innovativa e violenta al suo pubblico l'ipocrisia dei legami sociali.
La penna di Ionesco scrive una lezione pretestuosa, che si fa cornice gotica di un rito omicida infinito. E la ripetitività aggiunge dramma alla situazione narrata, di per sé tragica: l'omicidio è ciclico, si perpetua uguale a se stesso sotto gli occhi complici della governante. Il professore uccide l'allieva che vuole conseguire il dottorato, la governante “governa”, sorveglia e risistema tutto, non per sventare l'ennesimo omicidio, ma per coprirlo.
L'esercizio di potere ricreato dai personaggi è ben reso dalla mistificazione del linguaggio: surreale, funzionale ad una pièce grottesca che raggiunge l'acme nella frase della (non)ammissione di colpa “non l'ho uccisa io, è stato il coltello.” Il linguaggio assurdo dilata il gioco che si instaura tra il professore e l'allieva. Tutto è follia pura. La parola, come il professore, perde il senso, diventa suono, filastrocca, nenia manipolatrice.
Una denuncia politica del nazismo come simbolo universale di ferocia autoritaria che a parole giustificò i crimini più efferati. Oggi una denuncia tout court ai “comunicattivi” che con mezzucci prevaricano, si deresponsabilizzano, piegano la realtà e maneggiano i social come veri eserciti.
La traduzione di Gian Renzo Morteo ha preso le sembianze di Fabio Galadini, Erika Rotondaro e Simona Meola, per una mise en place splittata su due palchi dal regista Fabio Galadini. Testo obiettivamente difficile da rendere in scena, sebbene il pubblico sia oramai abituato al trattamento della parola, alle pialle linguistiche con fini utilitaristici.
La lezione; Regia: Fabio Galadini; Drammaturgia: Eugène Ionesco; Traduzione: Gian Renzo Morteo; Interpreti: Fabio Galadini, Erika Rotondaro, Simona Meola; Teatro Lo Spazio 14-19 febbraio
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