633 pagine (almeno nell'edizione italiana pubblicata da Fanucci); oltre 20 milioni di copie vendute in tutto il mondo; 2 premi, i più importanti del settore. Sono solo alcuni dei numeri di "Dune", il romanzo di Frank Herbert che è considerato uno dei più importanti ed influenti romanzi di fantascienza di tutti i tempi. Un libro misterioso, densissimo di personaggi, avvenimenti e temi, che spazia da suggestioni mistico-religiose a quelle ambientali, dalle questioni di genere alle dinamiche alle decandenze degli imperi passando per gli scontri tra culture. Il tutto attraverso una visione quasi psichedelica: la "spezia" del libro, in fondo, altro non è che una droga, e pare che il lavoro di Herbert sia stato influenzato dalle sue esperienze con la psilocibina, il principio attivo psichedelico contenuto nei funghetti allucinogeni.
Non è forse allora un caso che, molti anni prima di Denis Villeneuve - che all'imminente Festival di Venezia presenterà il suo attesissimo Dune, nel quale porta sullo schermo la prima parte del romanzo di Herbert - a sognare di far diventare quel romanzo un film (e che film) sia stato Alejandro Jodorowsky: Jodorowsky l'avanguardista, il surrealista, lo psicomago; colui che di La montagna sacra aveva dichiaratamente voluto far provare al suo pubblico un trip di LSD senza che quello stesso pubblico dovesse assumere l'LSD.
Progetto di straordinaria e visionaria ambizione, con cui Jodorowsky avrebbe voluto cambiare per sempre non solo la storia del cinema, ma lo sguardo stesso dello spettatore, nonché la sua mente, il suo Dune - col Napoleone di Kubrick, il film su Leningrado di Leone, il Cuore di tenebra di Welles e una manciata di altri titoli - il film mai realizzato più famoso della storia del cinema. Il più favoleggiato, il più rimpianto, il più influente. E la sua storia è stata riassunta da un bel documentario del 2013 diretto da Frank Pavich che si chiama Jodorowsky's Dune, e che proprio in queste settimane estive è stato portato in giro come anteprima nelle sale italiane da Wanted Cinema in collaborazione con Valmyn.
Fu uno dei più importanti produttori francesi, Michel Seydoux, il papà di Léa, a dare carta bianca a Jodorowsky all'inizio degli anni Settanta, dopo lo straordinario successo ottenuto dal regista con El Topo prima e La montagna sacra poi.
"Gira quel che vuoi", gli disse. E lui, Jodorowsky, scelse l'adattamento del romanzo di Herbert (che non aveva letto) d'istinto, per caso, perché gliene avevano parlato bene, senza forse immaginare quanta affinità ci potesse forse essere tra la sua visione del cinema e del mondo e quel testo. Ma, anche, senza curarsi di quanto questa visione potesse risultare indigesta all'establishment hollywoodiano.
Provate a immaginare cosa poteva essere e non è stato, il Dune di Jodorowsky.
La storia di Herbert riletta da Jodorowsky. Lo storyboard del film, il suo impianto visivo, il look dei personaggi, tratteggiati da Moebius, uno dei più grandi maestri dell'arte del fumetto. Navi spaziali disegnate da Chris Foss, celebre illustratore di fantascienza. Il mondo degli Harkonnen partorito dalla fantasia di H.R. Giger. Effetti speciali creati da Dan O'Bannon (che di lì a poco finirà con lo scrivere Alien, ricongiungendosi proprio con Giger). I Pink Floyd e i Magma coinvolti sul fronte musicale. David Carradine come Leto Atreides, Orson Welles nei panni del barone Harkonnen, Salvador Dali in quelli dell'Imperatore. E ancora, Mick Jagger, Udo Kier, Amanda Lear e molti altri ancora nel cast.
E invece, niente.
Dopo anni di preparazioni e di lavoro intenso e visionario, il progetto del Dune di Jodorowsky venne sintetizzato in un volumone diventato leggendario, un vero e proprio libro che conteneva l'intero film sotto forma di storyboard dettagliato e dialogato, i bozzetti delle scenografie e dei costumi, i dettagli sul cast.
Quel libro - di cui pare siano rimaste in circolazione solo due copie, una delle quali è nelle mani di Jodorowsky, come si racconta in Jodorowsky's Dune - venne inviato da Seydoux a tutte le major hollywoodiane. E a ogni riunione, il produttore e il suo regista si sentivano ripetere che era tutto meraviglioso, ma che il film - che sarebbe costato circa 15 milioni di dollari, cifra notevolissima per la metà degli anni Settanta - non era commercialmente appetibile. Qualcuno provò a chiedere a Jodorowsky di semplificarlo, di accorciarlo, provocando prevedibili reazioni.
Il Dune di Jodorowsky non vide mai vita, ma quella mole incredibile di lavoro è stata riutilizzata non solo dallo stesso Jodorowsky nei fumetti realizzati con Moebius, ma anche in molto cinema successivo, dal Guerre Stellari di Lucas al Prometheus di Ridley Scott. Altri esempi li trovate nel documentario di Pavich, che non racconta solo una storia, ma che ha il suo senso profondosta proprio nel contrasto tra la visione avanguardista, visionaria, incorruttibile e refrattaria a ogni compromesso, purissimamente artistica di Jodorowsky e le esigenze del mercato e dell'industria, ma ancora di più il mancato coraggio di produttori che spesso, già allora, erano più contabili che altro.
Il Dune di Jodorowsky non vide mai vita. Quello di Villeneuve lo vedremo tra poco, e sarà anche l'occasione per valutare come e quanto in questo caso la ricerca artistica e cinematografica è stata mediata con le necessità economico-industriali di Hollywood.
Nel mezzo, altro interessantissimo esperimento di quella che è sempre stata ed è sempre più una difficile convivenza, c'è stato il Dune di David Lynch, anche questo non del tutto estraneo alle influenze di quello, tutto su carta, di Jodorowsky.
Ma questa è un'altra storia, che vi andremo a raccontare molto presto.
from ComingSoon.it - Le notizie sui film e le star https://ift.tt/3CZHTlp
via Cinema Studi - Lo studio del cinema è sul web
Nessun commento:
Posta un commento