Tutto parte dal fatto che La ragazza di Stillwater, a quanto ha scritto Vanity Fair, è "liberamente ispirato alla saga di Amanda Knox", assolta dall'accusa di aver ucciso nel 2007 a Perugia la coinquilina Meredith Kercher. Il film di Tom McCarthy con Matt Damon, che dopo la presentazione all'ultimo festival di Cannes arriverà nei cinema italiani il 9 settembre. In realtà il film non dichiara la propria ispirazione e la storia è diversa e ambientata in Francia ma Knox si è riconosciuta e se l'è presa. In un Tweet riferito al film, che vedete qua sotto, scrive:
Il mio nome mi appartiene? E il mio volto? E la mia vita, la mia storia? Perché il mio nome viene collegato ad eventi con cui non ho nulla a che fare? Ritorno su questi argomenti perché altri continuano ad approfittare del mio nome, della mia faccia e della mia storia senza il mio consenso. Più di recente, il film Stillwater.
Riferendosi proprio al fuorviante articolo di Vanity Fair (dubitiamo che Amanda Knox abbia già visto il film), la giornalista, due volte condannata prima dell'assoluzione definitiva, scrive in un saggio su Medium.com:
Voglio fare una pausa sulla frase "La saga di Amanda Knox". A cosa si riferisce? Si riferisce a qualcosa che ho fatto? No. Si riferisce agli eventi conseguenti all'omicidio di Meredith Kercher da parte di uno scassinatore chiamato Rudy Guede. Si riferisce a un lavoro di polizia approssimativo, a una visione procedurale ristretta e al rifiuto di ammettere quegli errori che hanno portato le autorità italiane a condannarmi. Due volte". Continua poi: "In quei quattro anni di ingiusta prigionia e durante 8 anni di processo, non sono mai stata rappresentata. Tutti gli altri coinvolti in quella "saga" hanno avuto più influenza sul corso degli eventi rispetto a me. L'erroneo focus delle autorità italiane su di me mi ha messo erroneamente al centro dell'attenzione della stampa, che ha dato forma alla mia immagine per il mondo. In prigione non avevo alcun controllo sulla mia immagine pubblica, nessuna voce in capitolo sulla mia storia.
McCarthy ha dichiarato a Yahoo, prima di queste esternazioni di Knox, e l'ha poi ribadito anche a Vanity Fair, che La ragazza di Stillwater non ha niente a che vedere con la vera storia di Amanda, se non nelle vaghe premesse generali: "Volevo solo quel pezzettino della storia: una donna americana, una studentessa, in galera per un crimine che ha commesso o forse no. A parte quello non ci sono altri paralleli, che io sappia, con la storia di Amanda Knox".
Però, lei insiste:
Se lasci perdere il caso Amanda Knox e costruisci una narrazione fittizia, magari non dovresti usare il mio nome per promuoverlo. A quanto pare non hai lasciato perdere molto bene il caso Amanda Knox se ogni singola recensione mi cita. Non lo fai quando il mio volto appare in editoriali e articoli sul film. Rendendo finzione la mia innocenza, la mia totale mancanza di coinvolgimento, cancellando il ruolo delle autorità nella mia ingiusta condanna, McCarthy rafforza l'immagine di me come persona colpevole e indegna di fiducia. E col potere divistico di Matt Damon, entrambi sicuramente trarranno un lauto profitto da questa finzione della "saga di Amanda Knox", che sicuramente lascerà dubbi in molti spettatori sul fatto che "forse la vera Amanda era in qualche modo coinvolta".
Ora, quella di Amanda Knox ci sembra una reazione un po' esagerata: un artista non è responsabile del modo in cui viene pubblicizzata una storia che ha realizzato. I "colpevoli", semmai, andrebbero cercati in chi promuove il film o nella pigrizia di certi giornalisti. A titolo di esempio, se volete, potete leggere la recensione del film di Mauro Donzelli che non fa nessun inutile collegamento con quella tragica vicenda.
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