sabato 1 settembre 2018

Venezia 75 - Doubles Vies (Non-Fiction) - Concorso

Ha deluso parecchi dei suoi fans, Olivier Assayas, con questo Doubles Vies (letteralmente ‘doppie vite'), operina di piccolo formato e dalla qualità d'immagine trasandata e sciatta (nonostante il direttore della fotografia sia anche stavolta il fedele Yorick Le Saux, con cui ha collaborato anche per i più ambiziosi Sils Maria e Personal Shopper), che sa di ‘racconto morale' alla Rohmer, e ricorda certe strisce a fumetti di autori francesi degli anni '70, come Gérard Lauzier e Claire Bretécher, che mettevano in piazza vizi e vezzi della classe intellettuale parigina, ai tempi piuttosto frustrata e parecchio politicamente impegnata. Oggi l'impegno politico si è forse attenuato, ma restano quelle debolezze umane verso le quali Assayas, mettendo da parte la vena ironica e sarcastica di quei comics maturati nel decennio post-sessantottino, sembra provare un'affettuosa e benevola indulgenza. Il quartetto di amici protagonisti di Doubles Vies appartiene al ceto benestante della Parigi intéllo che gravita intorno al mondo dell'editoria e dello spettacolo: hanno tutti e quattro, come dice il titolo, una doppia vita, o comunque qualcosa da nascondere. Guillaume Canet fa l'editore, e si ritrova a fare i conti con le novità tecnologiche che hanno modificato l'odierna fruizione della letteratura, mentre sua moglie, Juliette Binoche, fa l'attrice in una serie televisiva poliziesca mentre continua a coltivare il sogno di calcare scene più importanti e qualificate. Poi c'è Vincent Macaigne, scrittore dal successo altalenante, che non riesce, nei suoi romanzi, ad allontanarsi da un certo autobiografismo e a mascherare le persone (amici, ex amanti...) e le situazioni trasposte dalla realtà sulla pagina scritta che finiscono sempre per procurargli seri problemi relazionali per la loro eccessiva riconoscibilità. È in coppia con la deliziosa e perspicace Nora Hamzawi, cui non sfugge la sua relazione con la moglie dell'editore, ma saggiamente finge di ignorarla aspettandone con pazienza l'inevitabile conclusione. In questo quadretto che passa il tempo a scambiarsi fiumi di parole e di considerazioni sulla contemporaneità a volte anche un po' troppo salottiere e banalotte (la qualità dei dialoghi è – volutamente? – assai distante dalla grazia delle sceneggiature rohmeriane) tutti possiamo bene o male riconoscerci, alle prese come siamo quotidianamente con internet, facebook, whatsapp, gli e-book, anche noi con i nostri piccoli e grandi segreti, prosaici e di ordinaria amministrazione. Ma l'intreccio da pochade (altro elemento che, con il cinema del grande Rohmer e le tranches de vie disegnate da Lauzier e dalla Bretécher costituiscono un formidabile e strutturato humus autoctono che rende la cultura francese molto più solida e consapevole della nostra) funziona proprio per la mancanza di pretese di uno script affidato ad attori superlativi che si divertono a sfottere se stessi (prima fra tutte Juliette Binoche) con leggerezza invidiabile. Quelli che da Assayas pretendono l'autorialità di un Après Mai o di un Personal Shopper questa volta devono fermarsi un giro, oppure accontentarsi di questo episodio vacanziero di un cinema che non smette comunque, neppure per un istante, di brillare per intelligenza.

(Doubles Vies (Non-Fiction)); Regia: Olivier Assayas; sceneggiatura: Olivier Assayas; fotografia: Yorick Le Saux; montaggio: Simon Jaquet; interpreti: Guillaume Canet, Juliette Binoche, Vincent Macaigne, Nora Hamzawi, Christa Théret, Pascal Greggory; produzione: Charles Gillibert; distribuzione: I Wonder Pictures; origine: Francia, 2018; durata: 107'



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