giovedì 30 marzo 2017

L'artigogolo 2016 [libro]

È possibile godere del teatro, dei suoi testi creativi, delle voci di questi e dell'ispirazione di artisti emergenti anche su carta e non solo su un palcoscenico? Sì, grazie a L'Artigogolo 2016, raccolta di opere per il teatro edita da ChiPiùNeArt S.r.l.s., giunta al secondo anno di pubblicazione che, grazie all'inaugurazione della collana teatrale Le nebulose, è riuscita a far confluire in un unico testo le opere vincitrici del concorso L'Artigogolo 2016 e dal DOIT Festival (Drammaturgie oltre il teatro). In questo modo al lettore viene data l'opportunità di confrontarsi e immergersi con creazioni artistiche destinate a prendere forma come opere drammaturgiche, ma qui riadattate come racconti, monologhi o canovacci, lasciando che sia lo svolgimento narrativo a prendere per mano il lettore.

Il filo conduttore che lega le sei creazioni contenute ne L'Artigogolo 2016 è quello della guerra: non solo guerra in senso stretto, ma esternata e incarnata in differenti accezioni. Scavando nel profondo della sua valenza e terrificante portata storica; esplorando le intimità turbolente e primordiali dell'animo umano in conflitto con il superficiale ed effimero desiderio di apparire della società; portando alla luce il conflitto del singolo individuo, invisibile e solitario, con la paura di affrontare e combattere il dolore e la violenza ingiustificata e gratuita.

Si inizia con Perchè la guerra, di Alessandro Izzi, dialogo tra due personaggi, liberamente ispirato al carteggio tra Albert Einstein e Sigmund Freud che si focalizza sull'ineluttabilità della guerra, del conflitto tra più Nazioni, una sorta di malefica inclinazione che è insita nell'animo umano. Izzi si chiede (attraverso i personaggi) se è davvero così difficile vivere in pace e per quale motivo questa inspiegabile necessità di farsi la guerra sembra prevalere sul desiderio di amarsi l'un l'altro; l'amore e il rispetto reciproco non sono insiti nella nostra natura tanto quanto (e magari ancor di più) la deprecabile attitudine alla distruzione? Perchè la guerra è un opera che punta il dito contro la società cinica che trasforma i bambini in soldati, privandoli di quella purezza e bontà che tanto occorrerebbero come lenitivo ai mali autoimposti dalla stessa. Un testo che suscita al contempo rispetto per la Storia, che spinge a imparare dagli errori commessi e che cerca in tutti i modi di far emergere non solo gli orrori senza senso dell'essere umano trasfigurato, ma anche le qualità, il buonsenso e l'amore di cui tutti dispongono e dei quali si dovrebbe maggiormente far uso.

Antigone – Metamorfosi di un mito, Serena Gaudino impugna l'Antigone di Sofocle per originare un parallelo tra le sofferenze e le battaglie fisiche e morali tra Antigone e Creonte, nuovo re di Tebe, cieco e ostinato a credere in un malsano e distorto volere divino, con quelle attuali e brutali di alcune donne sopravvissute a tragedie famigliari, nel centro di Scampia, quartiere napoletano funestato dalla malavita: i vari confronti valgono metaforicamente come tentativi di analizzare il rapporto tra lo Stato e la società malata (nella figura di Creonte e degli assassini di Scampia) e il cittadino (Antigone e le donne coraggio), in continuo conflitto e incapaci di comprendersi l'un l'altro. Gaudino mostra ed elogia la grandezza del coraggio e della determinazione a lottare dei suoi protagonisti e ci riesce con decoro, incantando il lettore grazie alla ricerca del mito della tragedia e della tragedia del nostro mondo, quello moderno solo per indicazione temporale. Tuttavia stona la resa in versi della seconda parte, quella relativa alle donne di Scampia: un alternanza e diversificazione della forma avrebbe non solo spezzato in maniera dinamica la narrazione, ma reso più personale le tristi vicende delle superstiti alla violenza e alle privazioni della malavita del quartiere napoletano.

In Nascondigli, Michela Giudici e Alessandro Veronese sfruttano le icone di due personaggi di fantasia (il portiere Benjamin Price, tratto dalla serie animata Capitan Tsubasa, conosciuta in Italia come Holly e Benji e di Violetta Castillo, protagonista della serie per ragazzi Violetta) per raccontare il mostro, la violenza sessuale perpetrata da un pedofilo verso un'indifesa bambina: in questo tentativo romanzato di raccontare l'orrore, Giudici e Veronese raccontano di quanto sia spesso morbosamente necessario rifugiarsi nella finzione per poter convivere con la realtà, di come la violenza generi altra violenza e di quanto sia necessario denunciare ciò che di deprecabile prende vita tra le pieghe della nostra esistenza; riaffiora ancora una volta quella necessità di distruzione che deforma e imbruttisce l'individuo in un essere folle e senza logica (da questa propensione a insistere sulla mancanza di lucidità dei protagonisti, entrambi già perduti, la narrazione viene a volte appesantita da reiterati giochi di parole o digressioni logiche che rischiano di appesantire la lettura), privandolo dell'amore verso il prossimo e se stesso.

A seguire, Neime, di Amalia Bonagura, l'opera più lunga di tutte, con il maggior numero di personaggi utilizzati: Neime è il nome di un paesino mite e quasi fuori dal mondo, arroccato sul versante di una montagna, che ospita personaggi socievoli e sereni, fin quando una frana (metafora scelta per indicare la guerra, il conflitto) non rade al suolo i paesi a valle, spingendo i sopravvissuti a fuggire via per trovare la salvezza; ne arriverà uno solo, che verrà chiamato John, e da quel momento la vita a Neime cambierà per sempre, così che paura e insicurezze emergeranno a dominare gli istinti dei paesani. Con Neime, Bonagura riflette sulla coesistenza dell'individuo visto come diverso in un ambiente a lui non famigliare (lampante il riferimento alla precaria situazione che affligge i migranti oggigiorno), agli occhi di persone placide che nascondo pur sempre un animo ostile e deformato dalla paura non appena la quotidianità a cui sono abituati viene irrimediabilmente modificata; per colpa di un finale che avrebbe meritato più ampio respiro, Neime si lascia assaporare con maggior trasporto seguendo la prima chiave di lettura (quella che lascia presto spazio al confronto-scontro tra i paesani e l'estraneo), che elogia il senso di comunità e il calore dei piccoli gesti e l'altruismo possibile anche con quel poco che si possiede.

Gretel e tutti gli altri, di Susanna Mannelli è, invece, un'opera singolare e accattivante, che si distacca dal tema portante dell'intera raccolta, per concentrarsi sulla potenza narrativa ed educativa delle favole, di come queste insegnino ad addomesticare le paure fin dalla tenera età; la narrazione è veicolata da un uso personale e fantasioso del linguaggio, per mezzo del quale Mannelli inventa nuove parole o alterna un registro comune a un altro più vicino al flusso di coscienza, seppure appartenga a quello di vari personaggi immaginari, quindi imprevedibili ed estroversi. Una lettura piacevole e condensata in poche pagine.

L'intruso di Davide Tassi è un monologo che vede come protagonista un individuo inteso come intruso nella società, inadeguato a rapportarsi con gli altri per via del suo essere diverso, incurante di apparire, dall'animo incancrenito da atti di violenza appartenenti a un passato che lo hanno inevitabilmente spinto verso un destino oscuro e depravato; riemerge dopo Nascondigli l'orrore dello stupro e della pedofilia, utilizzate questa volta come scintilla di una presa di coscienza alienante, cancerosa anche per chi supera l'età adolescenziale. Tassi descrive la società come un contenitore finto, privo di colore e incapace di accendere sentimenti ma, al contrario, sorretta da un'incessante aspirazione ad apparire come essa stessa impone di essere, omologati, lupi travestiti da agnelli; e l'intruso del racconto assume i contorni di una coscienza (seppure in difetto) che ha come unico obiettivo quello di far affiorare alla luce del sole la vera indole mostruosa dei lupi, dell'animale-umano, uomo per necessità, bestia per naturale vocazione. Un testo che pesa come un macigno sul petto (coscienza) del lettore, un racconto accorato e che possiede la potenza immaginifica di un thriller urbano.

La raccolta si chiude con Il dono di Hitler, di Daria Veronese, frutto di un'accurata ricerca storica sul campo di concentramento di Terezin, dal 1941 al 1945, in cui vennero confinati i più grandi artisti e intellettuali ebrei, sfruttati dal comandate nazista Schachter che li obbligò a inscenare diverse opere liriche e teatrali, divenute popolari anche tra i più alti ranghi del Reich. Veronese si concentra sul senso di perdita lasciato dalle vittime di Terezin, soprattutto bambini autori di disegni e drammatiche poesie, sulla potenza dell'arte come via di fuga dalla terrificante e cruenta realtà delle sevizie, e di come questa possa addolcire perfino i cuori degli stessi carnefici (Schachter per primo, vuoi per affetto latente, che per necessità, sente il bisogno di salvaguardare i suoi artisti, al contrario dell'indifferenza del mostruoso Eichmann). Il dono di Hitler fonde al contempo ricerca storica, racconto storico, saggistica e romanzo di formazione, suscitando terrore, passione e, infine, rabbia. Con ogni probabilità, l'opera migliore dell'intera raccolta.

Con la raccolta Le Nebulose, la ChiPiùNeArt S.r.l.s. restituisce la narrazione teatrale ai lettori che grazie a questa raccolta possono immergersi nella fantasia degli autori per rivivere assorti il teatro non su di un palcoscenico, ma tra le pagine di un libro.

Autore: AA.VV.
Titolo: L'Artigogolo 2016
Collana: Le Nebulose
Editore: ChiPiùNeArt S.r.l.s.
Dati: 265 pp.
Anno: 2016
Prezzo: 17,00 €
Isbn: 978-88-98917-17-4
webinfo: Scheda libro sul sito Editore



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