In occasione dei 30 anni dall'uscita nelle sale italiane, La scuola sarà presentato oggi come evento di pre-apertura della 23esima edizione di Alice nella Città, sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma. Il film verrà proiettato, in una versione restaurata in alta definizione che dobbiamo a Mediaset Infinity, sullo schermo dell’Auditorium Conciliazione, dove Daniele Luchetti incontrerà gli studenti di alcune scuole romane. Ai ragazzi il regista racconterà la nascita di un'opera che è ancora molto attuale, talmente attuale che, se dovesse girare il sequel, il filmmaker aggiungerebbe giusto gli smartphone, perché negli istituti in cui i ragazzi si dovrebbero formare, le dinamiche sono rimaste le stesse, in primis la dialettica, o meglio il contrasto fra missione educativa e precarietà “strutturale”.
Scritto dallo stesso Luchetti insieme a Stefano Rulli, Sandro Petraglia e Domenico Starnone, La scuola ci ha regalato dei personaggi meravigliosi persino nelle loro scorrettezze, battutacce e nella loro insofferenza agli scrutini, al caldo tardo-primaverile e a colleghi ottusi e studenti somari. A interpretarli era un pool di attori in stato di grazia: da Silvio Orlando a Fabrizio Bentivoglio, da Anna Galiena a Roberto Nobile, da Antonio Petrocelli ad Anita Zagaria. Poi c’erano gli studenti: svogliati, chiassosi, ribelli, goliardici, insicuri o semplicemente assenti, come l’enigmatico Cardini, che sapeva imitare la mosca come nessun altro.
Vincitore del David di Donatello per il miglior film, La scuola ha avuto una gestazione piuttosto difficile, come ci ha spiegato questa mattina Daniele Luchetti a Casa Alice, raccontandoci la storia del film: "Il primo nucleo di questo lavoro è stato un'opera teatrale che Domenico Starnone aveva scritto su richiesta di Silvio Orlando. Silvio leggeva, come tutti noi, i libri di Domenico e i suoi articoli sul Manifesto, e gli aveva chiesto di mettersi al lavoro su una commedia per il teatro. Starnone aveva acconsentito e aveva scritto un bellissimo testo che si chiamava "Sottobanco" e che era molto simile al film. Un giorno ho chiesto a Cecchi Gori, con cui avevo un contratto, di venire a vedere lo spettacolo. Lui mi ha accompagnato e mi ha detto: "Sì, molto intellettuale, ma divertente. Facciamolo!", e quindi con Rulli, Petraglia e Starnone, abbiamo cominciato a scrivere una sceneggiatura ripartendo però da tre libri di Domenico, tutti quanti a sfondo scolastico, di cui avevamo acquistato i diritti. Abbiamo fatto un giro gigantesco, che è durato un paio d'anni, e poi siamo tornati a qualcosa di molto simile alla struttura dello spettacolo: l'unità di tempo. Abbiamo deciso che la vicenda doveva svolgersi interamente in un giorno, ma abbiamo cercato di mantenere le invenzioni più forti dello spettacolo: per esempio lo scrutinio, che è a metà del film, e la mosca. Prima di arrivare a questa soluzione, abbiamo rinunciato due volte al progetto, e per due volte il copione è passato nelle mani di altri registi e altri sceneggiatori, che si sono bloccati esattamente dove ci eravamo arenati noi, finché un giorno ci è venuta appunto l'idea dell'unica giornata, quindi ci siamo telefonati e poi abbiamo cercato di riacquistare i diritti dei libri di Starnone, a cui la seconda ondata di produttori aveva già rinunciato. A quel punto, in pochissimo tempo abbiamo scritto il copione.
Chi rivede oggi La Scuola avverte, nonostante il divertimento, una certa malinconia nei personaggi dei professori. Cosa li accomuna secondo lei?
Nel corpo docenti c'era un senso di fallimento, di inutilità, anche di devozione nei confronti della ritualità della scuola, una devozione però annoiata, affaticata dagli orari, dalle ore di buco, dagli scrutini, dai voti, dal preside, che è l’autorità che riconosci per dovere ma che in realtà non senti veramente di rispettare. Poi c'erano gli amori che nascono ma che non si consumano, che rimangono ancorati solamente alle ore di scuola. Infine bisognava fare i conti con l’invecchiamento, perché, come diceva la Professoressa Serino, gli studenti restano sempre giovani mentre gli insegnanti invecchiano
Un film dell'orrore…
Un film dell'orrore…
Nei 30 anni che ci separano dall'uscita de La Scuola, com'è cambiato Daniele Luchetti?
Se rivedo il film, noto un modo di lavorare, quindi di far recitare gli attori, di girare e di montare che oggi trovo sorpassato, perché, con il trascorrere del tempo, sono andato in un'altra direzione… però riconosco il tentativo di essere vitale e il desiderio di mescolare umorismo e temi sociali, il serio e lo scherzoso, il profondo e il leggero. Anche 30 anni fa mescolavo i toni, però con un linguaggio che trovo un po’ più elementare, vanitoso forse, un linguaggio che punta a divertire. Oggi cerco invece di dare la sensazione che le cose avvengano con più casualità e sto attento a non far notare il mio lavoro, mentre all'epoca mi piaceva esibirmi. Del resto, avevo poco più di 30 anni.
Lei ha lavorato altre volte con Domenico Starnone, portando al cinema, in tempi recenti, sia "Lacci" che "Confidenza". Com'è cambiata nel tempo la vostra collaborazione? Ammesso che sia cambiata…
Abbiamo sempre avuto un rapporto buonissimo, amichevole, solidale. Ultimamente mi è capitato di vedere tutti e tre film fatti con Starnone in un festival, e devo dire che, anche se pensavo che fossero diversissimi, in realtà si assomigliano tanto. C'è sempre un tema esistenziale molto forte, a volte mascherato da dramma, a volte mascherato da commedia, a volte mascherato da film su un mistero, però c'è sempre una grande attenzione ai temi esistenziali. C'è sempre un tentativo di invenzione strutturale originale, c’è sempre un’invenzione forte, c'è sempre un personaggio invisibile, che non si vede e che comunque aleggia. Infine non manca mai un attore o un'attrice in cui mi identifico molto e attraverso cui entro personalmente nel film, e che so essere stato anche l'ingresso di Domenico nella storia che raccontiamo.
Immagino che ne La Scuola si tratti del Professor Vivaldi impersonato da Silvio Orlando…
Proprio così. Silvio Orlando è il professore che sarei potuto diventare. Se non avessi scelto questo lavoro, sicuramente avrei fatto il professore. E infatti insegno al Centro Sperimentale di Cinematografia. Condivido con il personaggio anche il senso di impotenza nei confronti di chi ha altri grilli per la testa e quindi non va a scuola, o meglio ci va perché è obbligato, altrimenti se ne andrebbe a spasso in mezzo ai prati, a giocare a pallone e a fare l'amore. E allora tocca a noi professori portarli nella zona minata della cultura, e già partenza avvertiamo un senso di inutilità. Come può la cultura vincere contro gli ormoni? Però questo scontro è il divertimento di questo personaggio, che è un idealista, perché viene dalle utopie degli anni Settanta, ma non riesce a far appassionare i ragazzi allo studio.
E il cinema? Come può vincere nel mondo contemporaneo?
Domanda complessa… La verità è che non lo so. Ho tre figli che vedono una quantità assurda di film, ma non li vedono al cinema. Li vedono andando sulle piattaforme e facendosi una loro cultura, anche molto approfondita, che è anche diversa dalla mia, perché ad esempio prescinde dai grandi classici. Però in sala non ci vanno mai, neanche a calci. Quindi non si può dire che non apprezzino il cinema e le storie filmate. Più semplicemente non amano più la sala.
La scuola in versione restaurata sarà disponibile su Mediaset Infinity a partire da domani, 16 giugno.
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