martedì 28 ottobre 2025

Ellroy vs Los Angeles, un documentario sul mondo noir di uno scrittore detestato e amato

È seduto con le gambe accavallate, pantaloni rossi e camicia blu eccentrico. La sua voce grattugiata si lascia andare al tono provocatorio dei suoi romanzi, non cambia mai espressione, che parli della madre assassinata quando era bambino o delle sue perversioni sessuali. È James Ellroy, ironico più di quanto gli si riconosca, uno degli scrittori più amati e discussi del noir americano. O meglio di Los Angeles, che è protagonista insieme a lui di un documentario, Ellroy vs L.A., scritto e diretto da Francesco Zippel e presentato alla Festa del Cinema di Roma, sezione Freestyle Arts.

È la sua voce, insieme ai suoi ricordi e alle sue invettive, a essere protagonista, in un racconto ritmato dalla piacevole colonna sonora originale dei Calibro 35, gruppo specializzato in un sound che rievoca le musiche dei film di genere italiani degli anni sessanta. E proprio nei primi anni di quel decennio è ambientato il documentario, in quel 1962 - “da aprile al tardo ottobre, volevo che coincidesse con la crisi dei missili di Cuba” - che racconta anche l’ultimo romanzo di Ellroy, Gli incantatori, terza parte del nuovo L.A. Quintet, del quale sono usciti anche Perfidia e Questa tempesta.

Zippel ci conduce, con un sapiente uso di immagini di repertorio dell’epoca della città, in un labirinto di ricordi e invettive, nel puro stile dello scrittore più amato e detestato della narrativa americana. “Sono qui per riscrivere la storia di Los Angeles e la storia dell’America”, come dice, rivendicando il suo essere Cristiano, con tanto di maiuscola, e come spesso i giornalisti che lo intervistano “non capiscono che invento tutto”. Un provocatore, che gioca molto, con un’ironia che si impara a comprendere leggendo i suoi romanzi con attenzione, ed emerge anche in questo ritratto appassionate e liberatorio. Gioca con la sua “natura perversa”, con il non sopportare per Marilyn Monroe, “per cui non provo alcuna empatia”, o gente di cinema come Orson Welles e James Dean, o il disprezzo per il disordine (sociale).

Definito in tutti i modi, come ricorda, da fascista a estremista di destra, vive nel passato, quello che racconta e conosce, come quegli anni ’60 al centro di questo documentario e di molti dei suoi romanzi migliori. “Scrivo dei miei anni”, dice, vivendo poi da tempo a Denver, Colorado. La Los Angeles che rievoca è lontana nel tempo, diventa una guida per definizione nostalgica ed effimera, sospesa in un passato diventato immaginario, chissà quanto mai stato reale, che così abilmente ha contribuito a costruire. In fondo Los Angeles la odia, è all’origine del suo trauma più grande, il brutale assassinio della madre quando era bambino, che lo ha portato verso “una incredibile curiosità per il crimine, le punizioni, il lavoro di polizia, tutto ciò che è mistero. Ne sono ossessionato”.

Elizabeth Short, alias Dalia nera, altra vittima uccisa e seviziata, è una figura che si è sovrapposta a quella della madre, diventando una sorta di “vittima ignota” e centrale nelle sue ossessioni, nei suoi “luoghi oscuri”, come il libro in cui rievoca la morte della madre.

Ellroy vs L.A. è un ritratto poco convenzionale fra confessione e autoritratto, senza filtri e sopra le righe, con quelle volgarità che lo fanno sorridere, ma anche con l’esposizione di una fragilità che emerge proprio nei suoi atteggiamenti da bullo. Un mondo noir nato dai suoi incubi e vissuto sulle pagine di tanti romanzi, quelli che in molti di noi hanno accompagnato letture appassionate e formative.



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