In oltre 20 anni di Noir in Festival abbiamo avuto l'occasione di incontrare, oltre ad illustri scrittori stranieri, i più importanti autori italiani di romanzi noir: da Massimo Carlotto a Gianrico Carofiglio, da Maurizio De Giovanni a Giancarlo De Cataldo, da Gaetano Savatteri a Donato Carrisi. Anche per questo abbiamo trovato molto avvincente il documentario Chi è senza colpa - Viaggio nel noir italiano, che fa parte degli Eventi Speciali della trentacinquesima edizione del festival diretto da Giorgio Gosetti e Marina Fabbri.
Da domani su Rai Play, Chi è senza colpa ci porta dalla Milano di Luca Crovi al Nordest di Massimo Carlotto, passando per la Torino di Maurizio Blini, la Matera di Mariolina Venezia e la Bari di Gabriella Genisi. Lasciando volutamente fuori Roma - che con i suoi frequentatori di Noir costituirà un capitolo a sé - e sotto la guida dello scrittore e viaggiatore Orso Tosco, il doc racconta tendenze del genere che tanto amiamo, personaggi e contaminazioni, e mentre la fotografia lavora sulle ombre, sui silenzi e sugli spazi, il noir si configura sempre più come il grande romanzo sociale contemporaneo, oltre che il migliore strumento per raccontare la realtà e i destini scritti male, che ci spingono a interrogarci su cosa sia il male.
A scrivere la sceneggiatura di chi è senza colpa è stata l'autrice e giornalista Katiuscia Magliarisi, grande appassionata del noir e delle sue declinazioni. L'abbiamo incontrata, insieme al regista Riccardo Alessandri, subito dopo la proiezione del film nello storico Cinema Arlecchino di Milano, reso famoso dalla poesia di Eugenio Montale "Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale" scritta sui gradini della scala che conduce dall'ingresso alla sala vera e propria. La Magliarisi ci ha spiegato innanzitutto il perché del viaggio nei luoghi del noir italiano: "Il viaggio è stato inevitabile, perché, per fare una fotografia del noir italiano attuale, ti devi spostare e devi viaggiare attraverso l'Italia, verso tutte le città e tutti i racconti che sono all'interno delle città. Incontrare, al sud e al nord, gli scrittori contemporanei di noir è stato anche l'espediente per chiedere ad alcuni loro di raccontarci i padri nobili del noir. Ci siamo chiesti: 'Come facciamo a raccontare Giorgio Scerbanenco oggi? E quindi abbiamo messo nel documentario personaggi come Luca Crovi o Piero Colaprico, che sono più che titolati a farlo sia per provenienza che per il genere di rapporto che hanno con la letteratura, e questo ci ha portato da Torno a Napoli a Manduria e siamo andati noi dagli scrittori, anche perché era importante cercare di incontrarli in una situazione che non fosse il classico studio dove si fa un'intervista ma in un luogo che in qualche modo richiamasse e rappresentasse per gli scrittori stessi un pezzetto del loro racconto. E quindi abbiamo incontrato Omar di Monopoli in una sala di pugilato e Antonio Lanzetta, che scrive thriller forti, in una casa disabitata".
Verso la fine del film Gaetano Savatteri dice: "Il noir è il romanzo sociale di oggi". Siete d’accordo?
K.M.: Il noir è romanzo sociale e romanzo di denuncia non perseguibile, come dice Massimo Carlotto, cioè il noir riesce a parlare, appunto senza essere perseguito e senza censure, della realtà scomoda della nostra società, di quello che viviamo. Non fa moralismi, a differenza del giallo, che tende a cercare il colpevole. Nel noir è il colpevole stesso che parla, e noi con lui ci tuffiamo nella parte oscura del suo animo per capire e anche permetterci di non trovare risposte alle nostre domande, dal momento che l'essere umano è anche questo.
Immagino che alla fine del film vi siate ritrovati con tantissimo girato. Come avete lavorato al montaggio del film?
R.A.: Il montaggio è stato sempre un lavoro complementare e parallelo al lavoro di Katiuscia. Si lavorava sulla scrittura e poi sulla scrittura per immagini. Il montaggio ti permette di fermarti anche con degli stop ed entrare dentro a delle dimensioni, quindi di avere delle dilatazioni fatte di sound design, di immagini di archivio, di immagini di Orso che fa l'inviato ma non è propriamente televisivo ma molto letterario, cinematografico. Il montaggio ha lavorato tanto sui silenzi, sul racconto puro per immagini, che ci permetteva di fermarci, avere un quadro di ciò che avevamo visto e poi di ripartire, di essere di nuovo presi per mano e trascinati, dopodiché ci si riferma, si entra in una nuova dimensione, si capisce dove siamo, si riparte di nuovo…
Come voi avete viaggiato per l'Italia, anche il noir attraversa le regioni e i paesi, però viaggia anche nel tempo. Non è forse unico in questo?
R.A.: Ormai sia l'universo sia fumettistico che quello cinematografico e a volte quello letterario non riescono più a fare i viaggi nel tempo, a guardare al futuro o al presente. Piuttosto creano un multiverso, perché oggi non riusciamo a vedere un futuro e quindi creiamo delle copie del presente, e questo è molto interessante perché il noir fa proprio il contrario: ti ferma, ti ancora e ti sporca, e poi c'è sempre un'origine,una provenienza, un passato che detta quello che sei.
In che modo secondo voi l'Intelligenza Artificiale e le nuove tecnologie andranno a impattare sul noir?
K.M.: Alessandro Curioni ha scritto proprio un cybernoir. Lui è un esperto di sicurezza digitale ed è anche un autore, e c'è una parte dell'intervista che gli abbiamo fatto e che purtroppo non abbiamo potuto montare integralmente per questioni di tempo, in cui si ragiona esattamente su questo, cioè su come sta diventando sottile la divisione tra noir e una realtà digitale, un'intelligenza digitale, una realtà posticcia che si sta andando a mischiare con la nostra realtà tanto che il suo effetto comincia a diventare tangibile a livello emotivo. La tecnologia, anzi l'iper-tecnologia, sta iniziando a entrare nei gangli anche dell'atteggiamento umano e delle emozioni.
Per quale ragione, secondo voi il noir è il genere che meglio si mescola con gli altri generi?
K.M.: Mi viene in mente la cinematografia coreana, che mischia i generi partendo tra l'altro esattamente dal noir e dal poliziesco. Ho sempre adorato quella modalità che non dà l'effetto minestrone. La risposta alla tua domanda è sempre quella: perché il noir parte dalla realtà e quindi diventa una tavolozza dove puoi aggiungere, mescolare, mettere insieme, E poi il noir parte da noi, dalla nostra parte oscura, e comunque, se vogliamo giocare con i generi, non dobbiamo dimenticare che esistono noir che sono anche commedie.