Forte dell'ottima accoglienza prima al Sundance Film Festival e poi al festival del cinema di Berlino, sezione Panorama (unica presenza italiana dell'edizione 2017) Chiamami col tuo nome arriva finalmente nelle sale italiane accompagnato anche dall'ottima notizia di ben quattro nominations ai prossimi Oscar. Lo sfondo della vicenda è una qualche località della pianura padana, di cui non viene mai menzionato il nome, ma che potrebbe essere nei dintorni di Crema. L'anno invece è indicato con processione: siamo nell'estate del 1983, un'estate torrida che fiacca i corpi e surriscalda gli animi. I ragazzi fanno il bagno nel lago, la sera vanno a ballare i ritmi della disco music consumano le prime esperienze amorose. Gli adulti che si interessano di politica parlano di Bettino Craxi e del suo neonato governo pentapartito; in tv si vede un giovane Grillo fare trasmissioni di satira; sui muri del paese campeggiano cartelloni elettorali con i simboli dei partiti di allora e in qualche abitazione di campagna sono ancora appesi i ritratti del duce. Le sequenze di Guadagnino ci consegnano un'Italia lontana e perduta, ma se la localizzazione storica è precisa, il nucleo della narrazione e i suoi protagonisti sono del tutto sfasati, al di fuori del tempo e dello spazio. La storia-apologo evocata dal regista accade in quel tempo in quel lembo di terra lombarda, ma potrebbe accadere sempre e ovunque. È chiaramente una storia di scoperta della propria identità e di iniziazione, una “storia di formazione” che vede come protagonista il giovane Elio (Timothée Chalamet), inquieto diciassettenne, sensibile lettore di poesia e dotato pianista, figlio dell'ebreo americano professor Perlman (Michael Stuhlbarg), esperto d'archeologia greco-romana che trascorre ogni estate le vacanze estive coi suoi famigliari nella villa di campagna ereditata in Italia.
A turbare l'esistenza di Elio è un dottorando del padre, il ventiquattrenne e bellissimo Oliver (Armie Hammer), ospite nella villa per qualche settimana. La prestanza fisica di Oliver, la sua sicurezza, la cultura e perfino una punta d'arroganza scatenano un'ondata di attrazione che pervade l'intera comunità. Le ragazze se ne innamorano, mentre Elio inizia un percorso di avvicinamento tutt'altro che lineare scoprendosi via via sempre più invaghito dell'amico con cui fa giri in bicicletta, escursioni e nuotate. Il modo in cui Guadagnino racconta la scoperta dell'identità omosessuale, con tutti gli spasmi e le complicazioni, i dubbi e i turbamenti della situazione è assolutamente delicato e intrigante, senza forzature e senza ossequi ai luoghi comuni. La cinepresa si sofferma sugli sguardi dei due protagonisti, sui piccoli gesti che fanno trasparire le emozioni del momento in un crescendo estetico di sensualità e mistero.
Tratto dall'omonimo romanzo dello scrittore statunitense André Aciman (tradotto in italiano da Guanda nel 2008), Call me by your name è un gran bel film, emozionante ed ottimamente costruito, grazie anche alla perfetta sceneggiatura cui hanno contribuito insieme a Guadagnino anche il regista inglese James Ivory e Walter Fasano. Per certi aspetti quest'opera conclude la trilogia del regista di origine palermitana dopo i successi di Io sono l'amore (del 2009) e di A Bigger Splash del 2015. È un film che racconta un amore omosessuale, ma sarebbe profondamente sbagliato incasellarlo in quell'etichetta. In realtà si tratta di un film sull'amore in assoluto, che anatomizza le fasi dell'innamoramento e della prima intimità reciproca con una notevole maturità e maestria.
(Call Me By Your Name); Regia: Luca Guadagnino; sceneggiatura: James Ivory, Luca Guadagnino, Walter Fasano; fotografia: Sayombhu Mukdeeprom; montaggio: Walter Fasano; musica: Yves-Marie Omnes, Jean Pierre Laforce; interpreti: Armie Hammer, Timothée Chalamet, Michael Stuhlbarg, Amira Casar, Esther Garrel, Vanda Capriolo, Elena Bucci; produzione: Frenesy (Crema), La Cinéfacture (Parigi); distribuzione: Memento Films International (Parigi), Sony Pictures Classics (New York); origine: Italia, Francia – 2017; durata: 130'
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