sabato 31 ottobre 2020

The Comey rule (Miniserie) - Teste di Serie

L'UOMO PIÙ ODIATO D'AMERICA

Quale nazione merita un presidente come Donald Trump? O forse sarebbe meglio chiedersi: quale popolo merita come presidente un uomo tanto narcisista, bugiardo e nocivo come Donald Trump?

James Comey – che nella miniserie targata Showtime ha il viso buono e il corpo roccioso di Jeff Daniels, sempre strepitoso da anni a questa parte – è il primo a non credere nella vittoria di “The Don” e non sa letteralmente darsi pace. Ma James Comey, ormai ex-capo dell'FBI, sa bene con che tipo di personaggio è stato costretto a trattare, seppur per breve tempo, e tutte le sue attenzioni e iniziative sono alla base della politica di difesa-attacco dello stesso Bureau, nei confronti di un presidente che non condivide nessun valore costituente della democrazia americana.

Dietro l'operazione The Comey rule c'è Billy Ray, che si basa su e riadatta per il piccolo schermo A higher loyalty: truth, lies and leadership, romanzo-inchiesta bestseller nelle classifiche del New York Times, scritto dallo stesso Comey.

La miniserie in due episodi si presenta come un dramma-politico che poggia a piè pari sulla ricostruzione storica dell'elezione di Trump nel 2016, concentrandosi su tre perni narrativi: la sfida tra Trump e Hillay Clinton, traviata dallo scandalo delle mail della democratica e dalle interferenze comprovate della Russia di Putin sull'esito finale delle elezioni; l'incredulità e lo spaesamento dovuti alla vittoria inattesa del miliardario dal ciuffo biondo; il rapporto nient'affatto idilliaco tra Comey e Trump.

L'appeal della serie – e la sua evidente riuscita – sono dovute alla bravura di Ray nel riuscire a proporre due episodi che si presentano come due entità distinte concettualmente, ma perfettamente legate da un sentimento di straniamento generale.
Il primo episodio racconta con dinamicità e crescente interesse il lavoro dell'FBI e di Comey, indaffarati in operazioni di sicurezza nazionale, risucchiate nel vortice delle campagne elettorali dei due candidati e così The Comey rule si apre come un sottilissimo thriller d'inchiesta, nel quale la figura già tossica di Trump non compare mai fisicamente – se non di spalle per un solo istante -, ma aleggia in ogni stanza e corridoio, come una maledizione incombente e ineluttabile, saturando completamente l'atmosfera e rendendola così pesante da consegnare già alla storia il profilo del futuro 45esimo presidente degli Stati Uniti d'America.
Una volta vinte le elezioni, il tycoon corpulento, quasi goffo e dal ciuffo biondo (imitato e caricato da un Brendan Gleeson tra comicità e dramma) si palesa in tutta la sua arroganza e divora letteralmente lo schermo, minacciando sia la vita professionale di Comey e del Bureau, sia lo sguardo dello spettatore, costretto per forza di cose a indugiare su un personaggio tanto “squilibrato” nel pensiero e nell'apparire, da sembrare un villan scappato da un fumetto per adolescenti.

The Comey rule è, per questo, un “falso biopic” o, ancora un “mezzo biopic”, perchè sceglie con coraggio e lungimiranza di non focalizzarsi sulle sensazionalità degli eventi, ma di sfruttarli per permettere elle emozioni dei protagonisti di emergere: così vediamo un Comey combattivo, uomo di polso, ma garbato e docile nel costruire i rapporti con tutti coloro che lo circondano, araldo istituzionale di valori come la bontà e il rispetto, tempestivamente calpestato, deriso e cancellato via dalle manìe quasi psicotiche di un presidente più attaccato e interessato ai feedback sui social e al gradimento del pubblico, pronto a manipolare la realtà come fosse un gioco a “chi è migliore di chi”. Tempestivamente calpestato, deriso e cancellato via dal giudizio popolare, solo per aver rispettato i suoi saldi ideali e aver svolto il suo lavoro quasi in maniera impeccabile.

In alcune sequenze Ray si lascia prendere la mano dall'enfasi con la quale tenta di elevare Comey a uomo-status-symbol – ne risentono spesso i dilatati primi piani, a volte incentivati da rallenty che rendono il tutto troppo patinato -, ma The Comey rule riesce nel suo intento di tratteggiare Trump come un presidente incapace e distruttivo, uomo-personaggio furbo e malizioso, disturbatore di quel tentativo di ripresa sociale-economica pensata per il lungo periodo e iniziata dalla presidenza Obama - gli imprevedibili ripensamenti sulla “questione Russia”, gli accordi nucleari con l'Iran e i nebulosi trascorsi scabrosi la dicono lunga sul suo modus operandi -, che non solo continua a minacciare la politica nazionale e internazionale degli USA, ma ribadisce ancora una volta la concreta possibilità di ritrovarsi con un Donald Trump qualunque nella stanza ovale, pronto e indifferente nel minare la democrazia sulla quale si fonda uno stato liberale.
Senza alcuna distinzione tra repubblicani o democratici. E questo è ciò che più spaventa. Questo e la possibilità di altri quattro anni di bugie, teatrini e vanagloria.

(The Comey rule); genere: drammatico; showrunner: Billy Ray; stagioni: 1 (miniserie); episodi miniserie: 2; interpreti principali: Jeff Daniels, Holly Hunter, Michael Kelly, Jennifer Ehle, Scoot McNairy, Jonathan Banks, Oona Chaplin, Amy Seimetz, Steven Pasquale, Brendan Gleeson; produzione: Home Run Productions, Secret Hideout, The Story Factory; network: Showtime (USA, 27 settembre - 28 settembre 2020), Sky Atlantic (Italia, 12 ottobre - 13 ottobre 2020); origine: U.S.A., 2020; durata: 90', 120'; episodio cult: Episode 1 - Night one (Episodio 1 - Prima notte)



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