domenica 25 ottobre 2020

IMPREVISTI DIGITALI

Passato alla scorsa Berlinale 2020, dove ha vinto Orso d'argento del 70º anniversario (una vera rarità per un film comico!), Imprevisti digitali s'intitola in originale Effacer l'historique, un'espressione tratta dal gergo telematico che equivale all'italiana “elimina la cronologia”. E di informatica, di trattamento dati, di occupazione della sfera privata in tutti i possibili modi tratta il film della coppia ormai rodata (è il loro decimo film) composta da Benoît Délepine (francese del 1958) e Gustave Kervern (francese ma nato a Mauritius nel 1962).

Lo stile comico del duo si basa su una serie di caratteristiche ricorrenti:1) struttura marcatamente episodica che non intende, almeno fino a un certo punto, fingere una sintagmaticità del plot, ma esibisce il suo carattere paradigmatico; 2) perfetto senso del ritmo nella struttura dei dialoghi, talché (almeno a chi scrive) non è mai parso che il singolo episodio si trascinasse oltre misura; 3) uso sistematico dell'iperbole come tecnica comica.

Detto questo, Imprevisti digitali si concentra su tre personaggi che vivono da qualche parte (nella regione dell'Alta Francia, intorno ad Arras) in un paese fatto di casette a schiera, in cui non è possibile individuare un centro e il tratto urbanistico più vistoso sono le rotonde che vengono inquadrate innumerevoli volte. I tre personaggi, recitati in modo semplicemente strepitoso: un attore (Denis Podalydès della Comèdie Française) e due attrici (Corinne Masiero, ma soprattutto la titolare del più celebre one woman show francese, ovvero Blanche Gardin, al momento legata sentimentalmente non a caso con Louis C.K.), sono tutti affetti da un'insana dipendenza tecnologica, malgrado (o proprio perché) non siano minimamente in grado di dominare i vari device che pure hanno costantemente in mano. Il caso più vistoso e patologico dei tre è forse quello di Marie (la Gardin) che vive sola, pur dando a intendere agli altri due, di avere con sé il figlio, il quale in realtà se ne è andato via insieme al padre. I due si sono eclissati anche perché Marie è totalmente nullafacente, passando la stragrande maggioranza del tempo al telefono a disdire e modificare tariffe oltreché a tenere in piedi la finzione di una famiglia ancora integra. Il punto di svolta consiste nel momento in cui una notte, ormai totalmente ubriaca, finisce a letto per un one night stand con un tipo conosciuto al bancone del bar e costui, da allora in avanti, la ricatta, avendo trasformato, a insaputa di lei, il loro incontro in un sextape. Prima Marie cerca di procurarsi il denaro che il ricattatore richiede, ma poi, vista l'assoluta impossibilità, collegandosi con gli altri due personaggi, intraprende un'azione politica finendo letteralmente a chiedere indietro il documento alle grandi aziende della Silicon Valley (Google, Apple) dove sono conservati i clouds, in cui – da qualche parte – c'è appunto anche il suo sextape. La storia di Marie, come quella degli altri, si compone però di un'altra innumerevole serie di microdettagli esilaranti e strazianti che segnalano una disperata e disperante prigione in cui l'individuo ha ormai finito per cacciarsi, schiavo di una burocrazia sempre più ossessiva, di un controllo sistematico da parte delle aziende, insomma da parte di una società che ha preso possesso completo della tua sfera personale.

Ancor più di Marie, Bertrand (Podalydès) è schiavo delle offerte via internet da parte delle varie aziende, tanto da aver assunto una mostruosa quantità di crediti che lo hanno messo completamente al verde. In mezzo a tutto questo, ha iniziato un'improbabile lite legale con Facebook, perché il social ha osato pubblicare un video in cui la figlia viene bullizzata. Come se non bastasse, s'innamora virtualmente di una voce femminile che si scoprirà essere – lo spettatore lo capisce quasi subito – la voce di un automa, allocato proprio a Mauritius, verso cui a un certo punto si dirigerà. Bertrand di mestiere gestisce un negozietto di ferramenta e simili.

La terza protagonista si chiama Christine (Masiero) e lavora per una ditta di automobili a noleggio soffrendo del fatto che, a suo dire ingiustamente, i clienti al termine del noleggio le riservano una sola stella di gradimento sulle cinque previste. A questo si aggiunga il fatto che Christine soffre di una addiction da serie televisive, il monologo in cui racconta di questa dipendenza è sensazionale.

Nell'ultima parte del film i tre, fin qui rappresentati nella loro solitudine, si mettono insieme provando a sottrarsi ai Moloch della tecnologia, provando a costituire un esempio di ribellione che, in certi momenti, fa chiaramente venire in mente i gilet jaunes. La ribellione culmina con la definitiva rinuncia alla tecnologia, con un finale in cui, come in Pasolini, la terra, anzi per meglio dire: il tramonto della terra, viene vista dalla luna, dalla prospettiva, peraltro, di un dodo, l'animale estinto che Betrand aveva visto nel museo di scienze naturali di Mauritius e che adesso ritroviamo, nascosto proprio nella dark side of the moon. Come a dire: se continuiamo così, siamo destinati ad estinguerci.

A proposito di estinzione: un giorno nel negozietto di Bertrand compare un signore che chiede un tubo di gomma per la sua macchina. Alla reazione di Bertrand, il quale afferma che la macchina non è ecologicamente più compatibile, l'uomo risponde che tanto gli serve solo per suicidarsi. Il cliente di questa minuscola sequenza, esemplare del drammatico nichilismo di questo film comico, è interpretato niente meno che da Michel Houellebecq. E questo la dice lunga.

( Effacer l'historique ); Regia e sceneggiatura:Benoît Délepine e Gustave Kervern; fotografia:Hugues Poulain; montaggio:Stéphane Guillot Elmadjian; interpreti: Denis Podalydès (Bertrand), Blanche Gardin (Marie), Corinne Masiero (Christine); produzione: Les Films du Worso, No Money Productions, France 3 Cinéma, Pictanovo, Scope Pictures; origine: Francia-Belgio 2019;distribuzione: Officine Ubu; durata: 110'.



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