martedì 27 ottobre 2020

Tra Mank e Alien 3, David Fincher riflette sulla scrittura a Hollywood

Se come noi siete rimasti sedotti dal trailer di Mank di David Fincher, su Netflix in streaming dal 4 dicembre, v'interesserà sapere cosa il grande regista di Seven e Fight Club pensi del ruolo della scrittura nel cinema, specialmente hollywoodiano: non soltanto infatti Mank racconta del cosceneggiatore di Quarto potere, Herman Mankiewicz, ma Mank si basa su un copione scritto da Jack Fincher, il padre di David scomparso nel 2003. In un'intervista con Vulture, David Fincher ha spiegato quanto sia stato illuminante, seppur in una sofferenza creativa indicibile, il progetto di Alien 3 (1992), il suo debutto nel lungometraggio dopo una decina d'anni trascorsi con i video musicali.

Dopo essere stato nei Pinewood Studios [a Londra, ndr] per due anni e aver affrontato una situazione in cui fui assunto come mercenario per un titolo commerciale, realizzato per una multinazionale, un'azienda conglomerata "verticalmente integrata"... ho maturato una visione diversa di come gli sceneggiatori e i registi hanno bisogno di lavorare. [...] Puoi non gradire il fatto di trovarti legato alle tante diverse discipline e specialità necessarie per realizzare un film, ma se non lo accetti, sbagli del tutto la mira. Un copione è come un uovo, ha bisogno di essere fecondato per dare origine alla divisione cellulare che lo sposta in un'altra dimensione, una terza dimensione in cui è recitabile da qualcuno, e la dimensione piatta dell'immagine, che rende possibile la sua ripresa e la successiva presentazione alle altre persone.

David Fincher, spalleggiato da Sigourney Weaver, combattè strenuamente su Alien 3 per quei due anni, per dare un senso a un progetto che non l'aveva, riscrivendo anche di persona alcune sezioni del copione, senza essere accreditato. Una battaglia che stava per costargli la carriera, se nel caos totale non fosse stato chiaro a molti sul set, alla Weaver in primis, che questo "nuovo arrivato" del cinema aveva le idee molto chiare sulla settima arte. Forse fin troppo chiare per la cultura dello studio system americano, che tende ad esautorare gli autori di un vero tocco personale... E proprio a quello studio system sembra dedicato Mank.



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