Dopo aver esordito al Lido nel 2015 con Underground fragrance, il regista cinese Pengfei torna al Festival di Venezia con un nuovo film che guarda da vicino la mondanitá e le tradizioni di un frammento del microcosmo rurale della sua terra natìa. Ma piú che un elogio alla sacra cultura pastorale e alle resistenti radici mistico-religiose che uniscono i componenti qui protagonisti della piccola comunitá Dai, in The taste of rice flower Pengfei si preoccupa di mostrare un ambiente almeno culturalmente inquinato dagli influssi della “cittá”, luogo da sogno mai mostrato, ma inteso come frontiera del benessere e dello sviluppo sociale-industriale.
Il regista elabora il racconto attraverso il punto di vista della giovane e volenterosa Ye Nan (Ying Ze) che, dopo aver lasciato il lavoro in cittá, fa ritorno a casa, in quella zona rurale, povera e salda alle antiche tradizioni in cui é cresciuta e ha lasciato un pó di se stessa. Ye Nan porta con sé dolci e racconti della cittá a sua figlia Nan Hang (Ye Bule) che ritrova cresciuta sotto lo sguardo sornione e un pó disilluso di suo nonno (Yang Zuojiu), ma la piccola e i suoi coetanei a scuola sono stati rapiti dalle nuove tecnologie (smartphone e internet), sulle quali concentrano tutte le loro attenzioni: a Ye Nan l'arduo compito di riallacciare il rapporto logoro con la figlia e impartirle una lezione sull'effimera utilitá di questo piccolo frammento di benessere, spingendola a rivalutare gli affetti e il valore individuale e collettivo delle antiche tradizioni della propria terra.
L'intento di Pengfei é chiaramente quello di dimostrare come gli eccessi siano in grado di tirare fuori il peggio di ognuno di noi: da una parte la malsana contaminazione di un'innovazione tecnologica dall'uso smodato, dall'altra la farraginosa testardaggine di una comunitá ancora subordinata ad antichi credi mistici-religiosi tanto inculcati nelle usanze e nell'immaginario comune da impedire un'apertura mentale al progresso sociale, da risultare perfino dannosi per il bene dei singoli individui (l'ostinazione di rivolgersi alla cure del dio della montagna per curare la malattia che affligge l'amica di Nan Hang, destinata a morire, per mancanza di un intervento tangibile).
In bilico tra tradizioni e innovazioni, Pengfei non riesce tuttavia a tracciare il valore dei protagonisti con il giusto piglio, abbandonandoli in balia degli eventi, indecisi e in attesa di un qualche avvenimento che rappresenti una vera svolta per le loro vite: la morte stessa della giovane compagna di scuola di Nan Hang non viene narrata con sufficiente attenzione, un climax quasi privo di tensione drammatica che, a rigor di logica, avrebbe dovuto rappresentare un degno punto di rottura nella narrazione degli eventi; il rapporto della giovane madre e sua figlia vive di alti e bassi umorali, e Pengfei non riesce a scegliere una direzione lungo la quale approfondire la crescita di entrambe, mentre da questa indecisione ne consegue un abbandono ingiustificato di almeno due comprimari di estrema importanza (il nonno e il professore di Nan Hang).
The taste of rice flower sembra voler raccontare molte piccole storie, slegate tra loro e, alla fin fine, inconcludenti: Pengfei si perde tra riti ancestrali e lacune culturali, trovando solo disordine tra le idee di base, tra i personaggi e il pensiero critico che si disperde tra i sentieri di campagna di questo pezzo di Cina qui mostrato in maniera forse fin troppo caricaturale.
(Mi Hua Zhi Wei); Regia: Pengfei; sceneggiatura: Pengfei, Ying Ze; fotografia: Liao Penjung; montaggio: Chen Powen; musica: Suzuki Keiichi; interpreti: Ying Ze, Ye Bule, Ye Men, Yang Zuojiu, Cha Ainan, Cha Zongfang, Lin Xiaochu; produzione: Shanghai Uniglobe Film & Culture Co Ltd; origine: Cina, 2017; durata: 102'
from Close-Up.it - storie della visione http://ift.tt/2gF0Zrq
Nessun commento:
Posta un commento