La prima grande produzione Netflix continua la sua gloriosa cavalcata fanta-politica giunta ormai alla sua quinta stagione: House of Cards è tornato a raccontare i risvolti inquietanti delle strategie di conquista del potere perpetrate da Francis e Claire Underwood. Il creatore dello show Beau Willimon lascia (serenamente) il comando a Melissa James Gibson e Frank Pugliese, eppure niente sembra cambiato; la qualità della serie si mantiene intatta come pure il tono sardonico e cupo di un affresco politico perverso.
La trama di questa quinta stagione prosegue e conclude la sfida elettorale tra Frank Underwood e il giovane Will Conway (Joel Kinnaman), iniziata nella stagione precedente, esaltando le grandi capacità di scrittura degli autori (non mancano colpi di scena credibili e appassionanti) e le già consolidate abilità di Spacey e Kinnaman nell'incarnare i loro ambiziosi personaggi; sullo sfondo le indagini mai dome del giornalista Hammerschmidt sull'amministrazione Underwood e le novità apportate ai rapporti tra personaggi vecchi e nuovi. In questo senso, la serie Netflix sembra avere una sorta di "pilota automatico", un'apparente inerzia narrativa che consolida lo show anno dopo anno; in realtà il merito è tutto di una scrittura coerente e capace di rinnovarsi attraverso nuovi personaggi (gli interessanti caratteri di Jane Davis e Mark Usher ne sono la dimostrazione) e dalle mutate relazioni che questi portano all'interno della storia. Così House of Cards si mantiene in vita naturalmente (senza forzature), aggiungendo con logica e progettualità piccoli tasselli al quadro generale di un'opera televisiva imponente e matura; quella stessa progettualità pone costantemente le basi per il proseguo della trama, come solo i grandi show sanno fare.
Ad aumentare l'interesse per la serie anche le (sfortunatamente) sempre attuali riflessioni sul terrorismo, attraverso la lotta all'ICO e all'utilizzo strategico (nonché criminale) di Underwood per fini politici, e il piano di brogli elettorali e deviazione dell'interesse mediatico (con relative conseguenze) compiuti dal protagonista; è così che la realtà si fonde con l'invenzione, in un periodo di particolare tensione e instabilità nell'attuale politica statunitense, rendendo paradossalmente ancor più verosimile questo prodotto di finzione. E come, appunto, produzione finzionale, House of Cards funziona ancora una volta benissimo, intrattenendo gli spettatori con un impianto tecnico sempre di altissimo livello e una regia sempre attenta alla forma. E l'ultima parte della quinta stagione, così apertamente estrema ed eccessiva, ci ricorda questa natura dello show, allontanandosi dalla realtà ma coinvolgendoci in questa oscura perversione della realtà.
Nonostante qualche piccola sbavatura e prevedibilità proprio nel finale della stagione, il percorso rimane più che mai logico e coerente, regalando al pubblico ancora ottimi momenti di televisione, ma soprattutto ottime prospettive su cui costruire il prosieguo della storia. E in un prodotto televisivo, questo è tutto.
(House of Cards); genere: Political drama, Thriller; sceneggiatura: Melissa James Gibson, Frank Pugliese ; stagioni: 5 (rinnovata); episodi quinta stagione: 13; interpreti: Kevin Spacey, Robin Wright, Michael Kelly, Paul Sparks, Lars Mikkelsen, Neve Campbell, Joel Kinnaman, Damian Young, Patricia Clarkson, Campbell Scott; produzione: Media Rights Capital (MRC), Panic Pictures (II), Trigger Street Productions; network: Netflix (U.S.A., 30 maggio 2017), Sky Atlantic (Italia, 31 maggio 2017 - 5 luglio 2017); origine: U.S.A., 2017; durata: 55' per episodio; episodio cult terza stagione: 5x08 - Chapter 60.
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