Un altro lutto colpisce il mondo del cinema e il cuore dei cinefili: a 81 anni è morto nella sua casa di Palm Springs il celebre attore tedesco Udo Kier, che coi suoi eccentrici personaggi e la sua carismatica presenza ha attraversato, lasciando un segno duraturo, cinquant'anni di cinema contemporaneo, diventando un'icona del bizzarro nei film di registi come Paul Morrissey, Dario Argento. Rainer Werner Fassbinder e Lars Von Trier, che lo ha volutoi in molti dei suoi film. Nella sua sterminata filmografia, che conta oltre 200 titoli, Kier ha alternato ruoli e pellicole di rilievo a film di puro consumo, ma la sua presenza non è mai passata inosservata. La sua carriera si è chiusa con l'acclamato L'agente segreto, il film di Kleber Mendonça Filho, che vedremo il prossimo 29 gennaio. Ricordiamo i ruoli principali di un interprete non comune e dalla magnetica presenza, il cui sguardo tutti, una volta o l'altra, abbiamo incrociato sul grande schermo.
Udo Kier: un attore per tutte le stagioni
In un'epoca in cui il termine icona/iconico è talmente abusato (e usato a sproposito) da dare la nausea, possiamo dire che Udo Kier lo è stato veramente: coi suoi grandi occhi cerulei e la sua fisionomia così particolare, è diventato il simbolo di decine di film “irregolari”, regalandoci personaggi mai scontati e banali e diventando attore feticcio di registi come Lars Von Trier, che da Epidemic in poi lo ha voluto in quasi tutti i suoi film, fino a Nymphomaniac: indimenticabile la sua partecipazione alla serie The Kingdom, in una scena del quale veniva addirittura partorito un bambino con la sua faccia. Il vero parto di Udo Kier era stato, del resto, altrettanto traumatico: la madre lo aveva avuto sotto le bombe, a Colonia, in un ospedale colpito dagli alleati, nel 1944. Indipendente e irrequieto, a soli 18 anni Kier (il cui cognome intero era Kierspe) fa esperienza della vita nella Swinging London e si accompagna in Germania a Rainer Werner Fassbinder, compagno e mentore, che lo dirigerà in diverse opere, come La terza generazione, Lola, Lili Marleen, La moglie del capostazione e la serie tv Berlin Alexanderplatz. Attore girovago e cittadino del mondo, Udo Kier gira il suo primo film italiano nel 1969: in La stagione dei sensi, di Massimo Franciosa, interpreta il ruolo di un seduttore sadico e assassino. Quattro anni dopo, è protagonista del film Il mostro è in tavola, Barone Frankenstein, seguito da Dracula cerca sangue di vergine... e morì di sete, diretti da Paul Morrissey sotto l'egida di Andy Warhol (Antonio Margheriti contribuirà alle versioni italiane).
Altro incontro fondamentale nella vita dell'attore è quello con Gus Van Sant, che lo dirige in Belli e dannati e Cowgirl e gli apre le porte del cinema americano. Tra le centinaia di film in cui appare, ricordiamo in ordine sparso l'attore in Suspiria di Dario Argento, dove interpreta lo psichiatra, e con cui torna a lavorare ne La terza madre, nel film dell'oggi dimenticato, “scandaloso” regista Walerian Borowczyk, Nel profondo del delirio e nei ruoli americani di Ace Ventura, Johnny Mnemonic, Blade, Armageddon, Van Helsing, nel frammento di Grindhouse, Werewolf Women of the SS di Rob Zombie, che lo dirige anche nel suo Halloween. Kier lavora tantissimo e spesso con registi di opposte qualità: ad esempio lo troviamo nel 2008 in Far Cry di Uwe Boll e l'anno successivo in Soul Kitchen di Fatih Akin. Lavora anche con Werner Herzog, che lo dirige in Invincible e My Son, My Son What Have Ye Done, ed è apprezzato dai giovani registi come S. Craig Zahler, che lo vuole nei suoi Cell Block 99 e Dragged Across Concrete. Tra i suoi film più recenti ricordiamo anche Downsizing e Figlia mia di Laura Bispuri. Con Udo Kier scompare un attore eclettico che ha segnato con la sua presenza carismatica e inquietante il cinema della nostra vita. Senza fare impossibili paragoni, anche caratteriali, pensando a lui ci viene in mente il suo compatriota Klaus Kinski, nel senso che era uno di quegli interpreti capaci di regalare momenti di bellezza anche ai peggiori film e di arricchire in modo sostanziale quelli migliori. E di attori così, nel cinema contemporaneo, ce ne sono sempre meno.
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