giovedì 26 aprile 2018

Avengers: Infinity War

Poche righe per ratificare la piena riuscita di questa straordinaria ennesima creatura dei Marvel Studios, sorta di cena-festa d'addio sulla terrazza dell'albergo alla fine delle vacanze estive col brindisi e i saluti tipo ‘ci si rivede tutti la prossima stagione, dopo che avremo reimbiancato e cambiato qualche mobile. Forse non ritroverete tutte le stesse facce, ma l'atmosfera, il paesaggio e la cucina saranno sempre gli stessi'... Poche righe, perché ingiusto sarebbe anche soltanto fare il minimo accenno al soggetto e alla annichilente conclusione di questo che è tra i più pessimisti e nicciani blockbuster di sempre. Nemmeno Superman 3 di Richard Lester arrivava a tanto, ma si era nei primi anni '80, e al di là dei tragici fatti della rivoluzione khomeinista in Iran l'Occidente stava attraversando un relativo momento di pace ideologica e politica. Impossibile, invece, non pensare al fragilissimo equilibrio dell'attuale situazione mondiale nell'immergersi, fin dalle sue prime, fiammeggianti battute, nel racconto denso di drammaticità epica e wagneriana di Avengers: Infinity War, uscito qui da noi addirittura in lieve anticipo sull'esordio USA, dieci anni esatti dopo Iron Man, il primo di una serie di titoli più o meno tutti, per incassi e gradimento di pubblico e critica, fiori all'occhiello del cosiddetto Marvel Cinematic Universe. Una creazione Marvel deve rispondere a dei requisiti precisi presenti in dosi differenziate in ciascuno dei diversi film, secondo le caratteristiche del o dei Supereroi protagonisti: insieme all'obbligo di intrattenere senza un attimo di tregua grazie a trame avvincenti dall'intreccio essenziale, un frullato stupefacente di effetti speciali, un approfondimento psicologico dei personaggi di congruo spessore, e regie agili, cineticamente vorticose e spettacolari, capaci di caricare i momenti più riflessivi e solenni delle vicende narrate di un pathos attento a non scadere mai in quella fastidiosa enfasi retorica oggi non più digeribile da nessun tipo di pubblico, dai più adulti agli ormai smaliziati (e forse anche un po' cinici) ragazzini nativi digitali. I modelli sono le grandi saghe eroiche e leggende nordiche, infarinate di imprescindibili riferimenti alle mitologie dell'antichità, e spruzzate di moderato, ma a volte anche impertinente umorismo, utile ad addolcire la tensione senza mai tuttavia svaccare nel ridicolo e nella volgarità trash. Ebbene, tutti questi ingredienti, conditi dall'accumulo di eventi narrati negli episodi delle tre precedenti fasi della saga, sono in questo Avengers: Infinity War dosati e mescolati con la perizia, ampiamente rodata e qui matura e irrobustita come mai prima d'ora di un senso di metafisica tragedia, di Anthony e Joe Russo, i due fratelli che già avevano firmato la regia dei due splendidi episodi di Captain America.

Una festa finale, si diceva: sì, una vera e propria reunion dove, per impedire che l'intero Universo venga distrutto da Thanos, ‘cattivo' tra i migliori della storia del cinema di avventura di tutti i tempi, nichilista tormentato e sensibile, appesantito dall'ancestrale dolore di una segnatura che lo condanna ad essere incarnazione del male puro, tutti, ma proprio tutti gli eroi del Marvel Cinematic Universe affrontano a largo raggio (praticamente dalla Terra fin oltre i più sperduti pianeti della galassia) il titanico sforzo di impedirgli di trovare e infilare nella sua armatura corazzata sei gemme che gli conferirebbero un potere così illimitato da permettergli di polverizzare l'Universo con un solo schiocco delle dita. Quella che in un trailer per la verità non troppo azzeccato messo in circolazione da qualche mese sembrava una baracconata velleitaria e pretestuosamente impostata a tavolino motivata dalla scusa di chiudere e archiviare la saga con il classico ‘finale col botto', si rivela invece tra le più spettacolari ed emozionanti epopee fantastiche viste al cinema in questo secolo ancora ‘nuovo'. Ma quel che si registra con piacevole stupore è che se l'eccellente risultato di molti tra i film realizzati in USA negli ultimi vent'anni va attribuito anche ad una rimeditazione del modello dei grandi classici del passato opportunamente rivisitati e aggiornati, Infinity War parte esclusivamente dalle sue peculiarità di cinefumetto contemporaneo ed elabora un tutto proprio sistema di stili e moduli narrativi di freschezza e novità superlative, rilanciando la Marvel come unica candidata a compendiare in termini di intrattenimento fantasioso e spettacolare tutte le attuali ansie e incertezze di un Occidente messo parecchio male. Si esce dalla visione con un raggelante senso di disfatta a lungo termine, genialmente solleticato dalla consueta (stavolta una sola invece delle due tradizionali) sequenza-francobollo al termine dei titoli di coda. Insomma un blockbuster, sì, ma da maneggiare con molta cura visti i messaggi molteplici che nasconde sotto una veste cinematografica mirabolante di effettistica e sequenze cinetiche di guerra e combattimenti dirette, coreografate e montate con un vigore e una trasparenza degne dei film scespiriani di Laurence Olivier e Orson Welles, adeguati ai neolinguaggi digitali di Zack Snyder, Matt Reeves e Josh Trank. Capolavoro, sì o no? Intanto correte a vederlo. Poi ne parliamo.

(Avengers: Infinity War); Regia: Anthony Russo, Joe Russo; sceneggiatura: Christopher Markus, Stephen McFeely; fotografia: Trent Opaloch; montaggio: Jeffrey Ford, Matthew Schmidt; musica: Alan Silvestri; interpreti: nomi; produzione: Marvel Studios; distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures; origine: USA, 2018; durata: 149'



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