Nelle scorse settimane, sull’onda delle rivendicazioni del movimento #MeToo, alcuni attori si sono detti pentiti di aver lavorato con Woody Allen. Il tutto senza che ci siano novità giudiziarie né fattuali relative alle note accuse di molestie della figlia adottiva Dylan Farrow, smentite dal fratello Moses, da cui anni fa il regista è stato assolto. Insomma, almeno a Hollywood, Allen è diventato un nome da lista nera, quasi al livello del molestatore seriale Harvey Weinstein, tanto che il suo ultimo film, targato Amazon, è bloccato e l'incertezza regna sul prossimo, già pronto per le riprese da tempo. Fra i pochi a difendere il grande regista newyorkese la sua storica musa Diane Keaton, Alec Baldwin, e ora Javier Bardem, con cui ha condiviso il set di Vicky Cristina Barcelona.
In una recente intervista al settimanale Paris Match ha detto che non si vergogna assolutamente di aver lavorato con Woody Allen.
“Se ci fossero delle prove della sua colpevolezza, allora sì, avrei smesso di lavorare con lui, ma ho dei dubbi”, ha spiegato Bardem, “sono scioccato da come improvvisamente sia stato trattato. Sentenze negli stati di New York e del Connecticut l’hanno ritenuto innocente. La situazione legale di oggi è la stessa del 2007”. Parole all’insegna della razionalità, molto lontane dal pentimento accusatorio di giovani come Timothée Chalamet e Greta Gerwig, ma anche personalità come Colin Firth o Rebecca Hall, per non dire di un grande vecchio come Michael Caine.
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