Dopo le sue ultime fatiche con attori esteri (il film Youth con Michael Caine e la serie televisiva The young pope con Jude Law), Paolo Sorrentino torna all'interno dei confini dell'Italia per raccontare la sua versione di un personaggio che ha cambiato la concezione della politica, la cultura e anche, in un certo qual modo, le aspirazioni del popolo italiano: Silvio Berlusconi. Loro 1, in sala dal 25 aprile, e Loro 2, distribuito dal 10 maggio, racconteranno un Berlusconi Sorrentiniano che sicuramente farà discutere e che, nel bene e nel male, lascerà un segno. Per dare forma al suo Silvio, il regista ha richiesto la collaborazione del suo attore feticcio Toni Servillo, che si è prestato già altre volte a ruoli politici, siano essi personaggi realmente esistiti oppure di finzione.
Nel 1997 Mario Martone diresse l'ultimo dei cinque episodi che compongono I vesuviani, intitolato La salita, per il quale scelse proprio Servillo per il ruolo del sindaco di Napoli che, impegnato in un'onirica scalata del monte Vesuvio durante la quale incontra diversi compagni di partito, si ritrova addirittura faccia a faccia con il corvo di Uccellacci e Uccellini, resuscitato per l'occasione da Martone, il quale lo invita a riflettere in maniera profonda su quanti valori di sinistra siano effettivamente rimasti in vita. Dopo essersi concesso un valzer e aver donato il suo pacchetto di sigarette ad alcuni uomini intrappolati tra le crepe del vulcano, il primo cittadino di Napoli conclude la sua scalata arrivando in cima da solo, chiudendo così il cerchio della grottesca metafora sulla condizione della sinistra italiana.
Nel 2008 Servillo proseguì il sodalizio con il regista Paolo Sorrentino, interpretando per lui il presidente Giulio Andreotti ne Il divo, film che racconta luci ed ombre della, come suggerisce il sottotitolo, spettacolare vita di uno dei politici più controversi e misteriosi della scena italiana. Scena, appunto, perché l'Andreotti di Servillo è il primo attore di una rosa di abili teatranti che mescolano la realtà con la finzione, impedendo perfino allo spettatore di distinguere l'una dall'altra. Del resto la verità, come dice Andreotti nel film, è la fine del mondo, pertanto non può essere consentita. Con questo ruolo Servillo si aggiudicò il David di Donatello come miglior attore protagonista.
Tra cospiratori, rivoluzionari, spie e politici, nel 2010 Mario Martone decise di proporre una sua interpretazione dei fatti antecedenti all'unità d'Italia, raccontando le vicende dei tre rivoluzionari Domenico, Angelo e Salvatore. Il regista chiamò nuovamente Toni Servillo per chiedergli di prestare il suo volto a Giuseppe Mazzini, deus ex machina delle scelte dei tre protagonisti, al quale però verranno dedicati solo pochi dei 205 minuti di Noi credevamo, pluripremiato ai David di Donatello e vincitore del Nastro d'argento dell'anno. Qui Servillo, come già accennato, ha un ruolo marginale, nonostante Mazzini sia uno degli uomini chiave dell'unità d'Italia e del Risorgimento, ma in quest'opera Martone ha messo al centro le tensioni italiane e quelle interpersonali, oltre alla lotta per gli ideali in cui si crede e, allo stesso tempo, la loro rinnegazione, partendo da un forte e determinato attivismo fino ad arrivare alla completa disillusione politica.
Nel 2012 Marco Bellocchio intrecciò quattro storie legate tra loro dal tema dell'eutanasia, ambientando il suo Bella addormentata durante gli ultimi sei giorni di vita di Eluana Englaro, la donna al centro di un caso politico e mediatico legato proprio al tema del diritto alla morte. Amore, vita, speranza e relazioni interpersonali sono il cuore pulsante del film di Bellocchio, il quale non scorda il sottotesto politico, offrendo a Servillo il ruolo di Uliano Beffardi, senatore del PdL combattuto tra i suoi ideali e il dovere politico di sostenere il suo Presidente, in netto contrasto con ciò in cui crede. Attraverso la storia di Eluana, l'onorevole ripercorre il suo passato e si interroga sul suo presente, passando dai nuovi contrasti con il Partito ai vecchi screzi con la figlia Maria. Servillo, dunque, è un politico lontano dal suo credo e in dubbio sul proseguire la sua avventura politica, mentre i ricordi lo mettono nella scomoda posizione di dover combattere i suoi fantasmi e le sue angosce che lo tormentano ormai da troppo tempo.
Nel 2013 Roberto Andò dipinse un singolare spaccato della sinistra italiana, dove il candidato Olivieri, ormai prossimo a perdere le elezioni, decide di fuggire dai suoi problemi e rifugiarsi in Francia. In preda al panico, il suo braccio destro lo sostituisce con il fratello gemello uscito da poco da un ospedale psichiatrico. A vestire i doppi panni della coppia di gemelli di Viva la libertà è stato chiamato in causa ancora una volta Toni Servillo, che si ritrova ad interpretare due facce della stessa medaglia: il politico incapace di risollevare il suo partito e il divertente appassionato in grado di trascinare le folle. A tratti può risultare che il lavoro di Andò sia troppo facile, ma il risultato finale è una brillante commedia dai toni agrodolci capace di far riflettere sulla politica, anche se il vero cuore del film è nei sentimenti, nelle relazioni tra le persone e nella crisi di un uomo ormai completamente allo sbando che non riesce più a capire nemmeno se stesso.
Portare sullo schermo una figura ancora oggi tanto popolare e forte come quella di Silvio Berlusconi è un'impresa talmente ardua che, probabilmente, solo un attore così a suo agio nei ruoli politici avrebbe potuto accettare il rischio, ora resta solo da vedere quale effetto susciterà nel pubblico e in che maniera verrà accolto dalla critica.
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