mercoledì 21 aprile 2021

Oscar 2021: le candidate come Miglior Attrice Protagonista

Le cinque lady candidate agli Oscar nella categoria miglior attrice protagonista interpretano donne dall'immenso talento artistico, dalla grande personalità o comunque capaci di dimostrare una notevole forza interiore. La maggior parte non ha o non ha avuto la vita facile, e se entriamo nei loro cuori e ci identifichiamo nel loro dolore è perché a interpretarle sono vere e proprie leonesse. Due si sono già aggiudicate la statuetta dorata, una è diventata di recente una stella della tv seriale, una la amiamo da sempre e l'abbiamo trovata fantastica nei panni di una reginetta della vendetta e una è una cantante diventata attrice. Andiamo dunque a scoprire chi sono le cinque attrici candidate all'Oscar 2021 come migliori protagoniste.

Viola Davis per Ma Rainey's Black Bottom

Viola Davis è un'attrice che nella sua carriera ha ricevuto diversi riconoscimenti dall'Academy. Candidata per 4 volte all'Oscar, ha vinto una volta soltanto: nel 2017 per Barriere, ma come miglior attrice non protagonista. Ma Rainey's Black Bottom, nel quale i riflettori sono inevitabilmente puntati su Chadwick Boseman, le ha valso lo Screen Actors Guild Award, il che non è assolutamente poco. Nel film di George C. Wolfe, Viola ha avuto un compito non facile: misurarsi con un personaggio non certo simpatico, perché capriccioso e viziato. Per interpretare al meglio la cantante di blues Ma Gertrude Rainey (detta Mother of the Blues) la Davis ha voluto mettere su peso, essere costantemente sudata e con il trucco che colava dal viso come grasso o pittura. Tuttavia ha sempre ammirato, e cercato di raccontare con la sua recitazione, la grande autoconsapevolezza di un'artista che conosceva il proprio valore e ci teneva a ricordarlo agli altri, in particolare ai bianchi. L'attrice potrebbe stringere fra le proprie mani la statuetta dorata in questo 2021? Probabilmente sì, anche perché il film ha un grande valore sociale, visto che narra di "un gruppo di persone che lottano per i propri valori".

Frances McDormand per Nomadland

L'immensa Frances McDormand vanta una moltitudine di candidature all'Oscar (tre come protagonista e tre come non protagonista). Ha all'attivo due vittorie: la prima per Fargo, la seconda per Tre manifesti a Ebbing, Missouri. La sua performance in Nomadland per noi è sublime, perché la signora Joel Coen dà al personaggio di Fern, che ha fatto del suo furgone la propria casa per necessità ma anche per esigenza di libertà, una incredibile dignità. Fern ha nell'anima un grumo di dolore e si porta sempre dietro un pezzettino di passato, ma ama sbrigarsela da sola, anche se sa essere empatica. Nomadland ha vinto tanti premi (compreso il Leone d'Oro a Venezia) ed è un film fondamentale, perché è uno specchio delle disparità economiche che ancora affliggono l'America. Frances è anche produttrice del film e, qualora dovesse trionfare, speriamo che indossi (e di poter vedere inquadrati) i suoi mitici Birkenstock e che dedichi belle parole a "tutti quelli che hanno scelto di stare sulla strada".

Vanessa Kirby per Pieces of a Woman

Grazie alle prime due stagioni della serie televisiva The Crown, dov'era l'eccentrica e profondamente infelice Principessa Margaret, Vanessa Kirby ha raggiunto la notorietà internazionale. La sua candidatura all'Oscar nella cinquina delle migliori protagoniste è stata una bella sorpresa per lei ma non per noi. Nel primo film americano del regista ungherese Kornél Mundruczó, l'attrice riesce infatti, e mirabilmente, a interpretare una donna che elabora un lutto terribile. Nel piano sequenza iniziale di Pieces of a Woman, che dura 23 minuti, Vanessa è stata eccezionale nel rappresentare, con la voce e il volto, il dolore di una donna che partorisce in casa, per poi esprimere, senza mai andare sopra le righe, la resilienza, che forse è la nostra più grande risorsa. La Kirby, che è alla sua prima nomination, ha aderito con tutto il cuore a un progetto che era una storia di coraggio femminile e un cammino quasi di trascendenza. Trionferà il 25 aprile? Probabilmente no, ma ha 33 anni e tante altre occasioni di crescere e di accumulare premi da mettere accanto al BAFTA conquistato grazie a The Crown e soprattutto alla Coppa Volpi vinta, alla scorsa Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia, proprio per Pieces of a Woman.

Carey Mulligan per Una donna promettente

Cosa accadrà all'Academy se non assegnerà l'Oscar come miglior attrice protagonista a Carey Mulligan? Se ci facciamo questa domanda è perché ricordiamo quanto l'attrice si sia arrabbiata con Variety per una recensione di un critico secondo lei poco lusinghiera nei confronti del suo aspetto e della sua carica erotica in Una donna promettente. Carey è certamente felice per la candidatura, la sua seconda dopo quella per An Education, del 2010, e orgogliosa di aver incarnato, attraverso il suo personaggio, il cosiddetto girl power. Nel film la Mulligan mette in atto un astuto piano per vendicare un torto subito dalla sua amica Nina. L'esordio nella regia di Emerald Fennell (che vede produttrice Margot Robbie), affronta lo spinoso tema dell'abuso sessuale. In un film dal ritmo incalzante, che cambia spesso tono fino a sfiorare la black comedy con tanto di finta infermiera sadomaso, Carey racconta l'ossessione, la tenacia e ottiene un risultato raramente raggiunto da molti suoi colleghi: fare bene la parte dell'ubriaca.

Andra Day per The United States vs. Billie Holiday

Come Vanessa Kirby, anche Andra Day è alla sua prima candidatura all'Oscar e parte avvantaggiata rispetto alle sue compagne di cinquina perché, sempre per The United States vs. Billie Holiday, si è aggiudicata il Golden Globe. La Day prima che attrice è cantante, e la Holiday è stata uno dei suoi idoli di sempre. Andra è al suo primo film importante e già si è fatta notare. Lee Daniels non l'ha resa interprete di un classico biopic, ma si è concentrato su un episodio drammatico della vita della celebre cantante, chiedendole di tirare fuori tutta la sofferenza di una donna che non ha avuto una vita facile. Andra Day all'inizio non voleva impersonare il suo nume tutelare, ma poi ha pensato che fare il film avrebbe significato riabilitare in qualche modo un’artsita che subì delle ingiustizie e che purtroppo morì a soli 44 anni. Era giusto che l'universo intero la ricordasse come "la dea dei diritti civili".



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