A contendersi la statuetta dorata per il miglior attore protagonista in un'edizione degli Oscar assai particolare, sono artisti molto diversi fra loro e di varia provenienza. In cinquina ci sono due "veterani" che hanno già ottenuto l'Academy Award, di cui uno negli anni '90 a l'altro di recente. Ci sono poi due ottimi interpreti alla loro prima candidatura, che hanno il primo origini pakistane, il secondo sudcoreane. Completa il gruppo, ed è il super favorito, un attore prematuramente scomparso la scorsa estate che Hollywood ha pianto a lungo. Andiamo a scoprire dunque chi sono i cinque nominati agli Oscar 2021 nella categoria miglior attore protagonista.
Chadwick Boseman per Ma Rainey's Black Bottom
Diciamolo subito, il grande, anzi grandissimo favorito per l'Oscar per il miglior attore protagonista 2021 è Chadwick Boseman, che sarebbe destinatario, come ben sappiamo, di un Oscar postumo, dal momento che l'attore reso celebre da Black Panther, il primo supereroe dalla pelle nera, è scomparso lo scorso 28 agosto a causa di una brutta malattia. Per la sua interpretazione dell'impulsivo trombettista Levee, che vuole svecchiare un brano di Ma Rainey in Ma Rainey's Black Bottom e vive per le sue scarpe nuove e l'amore (occasionale) con una bella fanciulla, l'attore si è aggiudicato il Golden Globe, il BAFTA, il Critics’ Choice Award e lo Screen Actors Guild, quindi il trionfo è piuttosto scontato. Dire però che il nostro merita il premio perché non è più fra noi non è giusto. Nel film di George C. Wolfe che porta al cinema un testo teatrale, Boseman incarna una serie di emozioni contrastanti. Con grande naturalezza si infervora e poi prende fuoco, poi piange e ride, è energia propulsiva e rancore immotivato, e soprattutto desiderio di rivalsa che nasce dalla consapevolezza di aver subito ingiustizie. Chadwick, insomma, è un eroe tragico, nel film e, ahinoi, pure nella vita.
Gary Oldman per Mank
Se non fosse per Chadwick Boseman, l'Oscar per il miglior attore protagonista potrebbe benissimo andare a Gary Oldman, che per noi resterà sempre il Dracula di Bram Stoker. La sua performance in Mank non è da meno della sua interpretazione di Winston Churchill ne L'Ora più buia, che gli ha valso la sua unica statuetta dorata. Se in quel film Gary aveva fatto affidamento anche sul trucco, stavolta David Fincher non gli ha concesso nemmeno una spolveratina di cipria, dando al suo Joseph Mankiewicz un'aria naturale, o meglio un po’ disordinata e sfatta, visto che lo sceneggiatore di Quarto Potere, soprattutto nel momento in cui lo incontriamo, era alcolizzato e malmesso. Oldman ha qui impersonato un altro personaggio eccentrico e larger than life, senza mai gigioneggiare come fanno alcuni suoi colleghi che hanno la sua stessa età. Il bianco e nero comunque gli dona e la sua recitazione è ineccepibile.
Anthony Hopkins per The Father
Di Anthony Hopkins non possiamo che dire bene, anche perché pochi attori sarebbero riusciti a rendere credibile fino in fondo un malato di demenza senile. L'attore britannico, come il collega anche lui inglese, ha solamente un Oscar all'attivo: per Il silenzio degli innocenti. Era il lontano 1992 e quindi ne è passata di acqua sotto i ponti. A 83 anni, l'Hannibal Lecter del grande schermo non perde un colpo e la serie Westworld gli ha ridato grande popolarità. Per lui recitare è un hobby per cui lo pagano, più che una necessità esistenziale, e Hopkins non è uno di quei cultori del Metodo che fra un ciak e l'altro se ne stanno in un cantuccio tutti concentrati. Eppure The Father ha fatto breccia nel suo cuore e fin da subito gli è sembrata una di quelle sceneggiature perfette che capitano raramente nella vita. Il personaggio che interpreta ha la sua stessa età, e come lui Sir Anthony sta entrando in contatto con emozioni forti e sentimenti sopiti che il suo burbero carattere ha tenuto in disparte per lungo tempo. Attenzione, però, è lucidissimo e, se non vince, potrebbe avere più di un amico a cena il prossimo 25 aprile.
La piacevole sorpresa di queste candidature agli Oscar è stata per noi Riz Ahmed, il cui Sound of Metal non sarà uno di quei film di cui si è fatto un gran parlare, ma bisogna assolutamente vederlo, prima di tutto per la performance dell'attore e rapper britannico di origini pakistane. La sua interpretazione del batterista sordo Ruben Stone gli ha valso la sua prima candidatura agli Academy Award, e Riz ha preso diligentemente lezioni di batteria e ha imparato la lingua dei segni. Ma non è solo per queste ragioni che Ahmed meriterebbe il riconoscimento. La cosa che ci ha colpito di più è la sua aria prima smarrita e poi terrorizzata quando comincia a perdere l'udito e mentre lo perde. Il suo disorientamento misto a terrore è tutto nei suoi occhi, gli occhi di un uomo che esprime fragilità e tenerezza, che continua a essere un tossicodipendente anche se è pulito da cinque anni e che si mantiene sempre a un passo dal diventare un eroe. Ruben compie un viaggio verso l'autoconsapevolezza, mentre Ahmed familiarizza con i demoni del suo personaggio per svelarci che la sordità non è una disabilità ma una "cultura".
Steven Yeun per Minari
E poi… c'è Steven Yeun, che è il primo attore asiatico-americano candidato come miglior protagonista. Anche lui, al pari del regista di Minari Lee Isaac Chung, è arrivato negli States negli anni '80, solo che ha scelto di recitare, e molti lo conoscono come il Glenn di The Walking Dead. Per Yuen interpretare l'agricoltore Jacob è stato "difficile, bello, gratificante, terrificante". In quanto padre, Steven ha capito il suo personaggio, e attraverso Jacob si è sentito più vicino ai suoi genitori e alla loro generazione. Come i suoi compagni di set e di lavoro, l'attore non si aspettava la candidatura ai più importanti premi cinematografici americani, tanto che ha ringraziato sentitamente l'Academy dicendo: "Ringrazio per l'onore di essere stato candidato insieme ad artisti tanto incredibili. Sono anche grato perché vedo riconosciuto anche il talento di Lee Isaac Chung, Youn Yuh Jung, Emile Mosseri e Christina Oh. Se ho imparato qualcosa dallo scorso anno e dall'esperienza di questo film, è che la vita è condivisione. E’ una benedizione per me averla condivisa con il nostro cast straordinario e con la troupe, e se oggi sono qui è per merito loro".
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