Austero, rigoroso, tostissimo, privo di qualunque concessione all'edulcorata rappresentazione della Storia cui ci hanno abituato non tanto quasi un secolo di cinema in costume, quanto una corposa produzione televisiva ispirata a fatti e personaggi del passato ‘tradotti' o ‘adattati' per abbassarne l'epicità e la statura morale al gusto di un pubblico sempre incapace di riconoscerne qualità e valori senza l'ausilio di sceneggiature didascaliche, ricostruzioni ambientali approssimative, e colonne sonore volgari ed enfatiche, Mike Leigh ha portato a Venezia 75 il suo nuovissimo Peterloo, dedicato ad un evento drammatico non molto noto nell'Inghilterra impegnata nelle prime prove tecniche di democrazia in seguito alla vittoria su Napoleone a Waterloo. ‘La battaglia di Peterloo' è infatti il nomignolo che, a massacro appena avvenuto, fu dato al fattaccio parafrasando il nome di St. Peter's Field, la cittadina nel nord del Paese che ne fu il teatro, con la celeberrima battaglia che spense definitivamente l'astro di Bonaparte, e con la quale si apre il racconto del film. Il vento delle conquiste sociali avvenute nel resto d'Europa dopo la Rivoluzione Francese è arrivato in Inghilterra, dove specialmente al nord si levano focolai di malcontento popolare dovuti alla disoccupazione e alla crisi dei raccolti. A ciò si aggiunge la stretta imposta dal Parlamento sui diritti dei cittadini, che stimola nuove riflessioni e nuovi dibattiti scaturiti dalla sempre più diffusa presa di una coscienza sociale da parte degli strati meno abbienti della popolazione. Per due ore e mezzo abbondanti – tanto dura la visione di Peterloo – la mano di Mike Leigh ci introduce nel privato di numerosi personaggi (contadini, reduci, agitatori politici, riformisti) interpretati da attori poco conosciuti e ciò nonostante perfetti e rappresentativi degli Inglesi del primo Ottocento (davvero complimenti a un Casting tra i più scrupolosi della produzione cinematografica recente, considerando l'alto numero di prime parti e di comparse utilizzate nel film) che confluiranno, insieme ad altre migliaia sopraggiunte dai dintorni, nella manifestazione pacifica poi sanguinosamente repressa dalla cavalleria e dall'esercito.
In questo caso la Storia non è un romanzo, e Leigh sceglie infatti di non creare affezione per uno o due protagonisti ‘principali', ma piuttosto li relega ciascuno entro i limiti del peso che hanno avuto nel verificarsi dell'evento storico illustrato, e pur dichiarando con evidenza la propria simpatia per questi popolani buoni e accesi dall'inattesa speranza di una libertà e di una vita migliore, ne illustra con freddezza da entomologo azioni, pensieri ed emozioni, occupandosi soltanto di quanto sia necessario alla fluvialità di un racconto che andrà a sfociare nel grande raduno di St Peter's Field in quel lontano 1819. La grazia rosselliniana, inedita nel cinema di Leigh, che aleggia per tutta la lunga prima parte si trasforma in pagine di cinema di vigorosa potenza descrittiva nell'accumulo del crescendo che porterà ai violenti scontri finali tra soldati armati e popolani inermi, compresi donne e bambini, trapassati a fil di baionetta senza alcuna pietà, con la stessa identica fenomenologia di un evento realisticamente originato e verificatosi secondo una cadenza stabilita con spontanea consequenzialità dal fato stesso, più che dalla penna dello scrittore e dello storico, o da una regia rispettosa dei criteri fondamentali del romanzo cinematografico. Perché la Storia, si diceva, non è un romanzo, ma una sequela di avvenimenti spesso causati, sì, dall'Uomo, poi però, altrettanto spesso, dall'Uomo gestiti con ignoranza, con crudeltà, o con quella colpevole sciatteria che provoca disagi, dolore e morte a tanti altri esseri umani. Ed è con l'oggettività esemplare e implacabile del suo cinema che Mike Leigh riesce a levare la propria voce di sdegnata e compassionevole denuncia senza utilizzare, nelle lunghe e a tratti insostenibili scene della rivolta ferocemente repressa, nemmeno una nota di musica, con un felicissimo esito di maggior distanza dall'anestetica cinematograficità televisiva di tanti odierni prodotti a carattere storico e istruttivo, e molto vicino, invece, al senso, al cuore della Storia, che mai s'interrompe e che sempre volta pagina, proprio come lo stacco finale di Peterloo: non la parola ‘fine' su personaggi di cui si è saputo tutto quel che volevano farci sapere e di cui non sapremo più altro, ma la chiusura di un capitolo che già lascia intendere il contenuto dei prossimi.
(Peterloo); Regia: Mike Leigh; sceneggiatura: Mike Leigh; fotografia: Dick Pope; montaggio: Jon Gregory; musica: Gary Yershon; interpreti: nomi; produzione: Amazon Studios; distribuzione: Academy Two; origine: Regno Unito, 2018; durata: 154'
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