Montana, 1950. L'adolescente Joe (Ed Oxenbould) si è appena trasferito in una nuova città con la sua famiglia. Quando il padre Jerry (Jake Gyllenhaal) perde il lavoro, il precario equilibrio viene brutalmente scosso dagli eventi che seguono le decisioni di entrambi i genitori. Il nucleo si scompone, costringendo Joe a lasciare il suo ruolo di spettatore passivo e crescere in fretta.
Paul Dano (Okja, Swiss Army Man, Ruby Sparks, Little Miss Sunshine) debutta dietro alla macchina da presa con questo dramma tratto dall'omonimo libro di Richard Ford e adattato con la collaborazione della attrice e compagna di vita, Zoe Kazan. Il nord west americano, al confine con il Canada, fa da sfondo alle studiate inquadrature del neo regista. Panorami selvaggi catturati minuziosamente scena dopo scena. Fin troppo minuziosamente. La composizione, infatti, risulta forzata, manca di quella dinamicità conferita da più sciolti movimenti di macchina. Appare come una serie di bellissime fotografie posate. Non aiutano a smorzare questo effetto le scelte di montaggio che, piuttosto che presentasi come alleati invisibili, distraggono l'occhio, rendendo le transizioni scontate.
Il film nella sua interezza sembra disgiunto, come disgiunti sono i suoi personaggi, fortemente individualisti. Il ritmo viene reso ancora più statico dalla concertazione di parti dialogate che soffocano gli snodi drammatici. Il punto di vista del personaggio principale, Joe, si perde nonostante gli innumerevoli primi piani che ne osservano le reazioni. Lo spettatore fatica ad identificarsi nel giovane, la sua naturale ingenuità non viene enfatizzata e/o indagata, bensì solo costeggiata e trattata come un elemento di poco valore. Un altro fattore che di sicuro incide sulla perdita di quella naturalezza che avrebbe donato alla pellicola un sotto strato in più.
La carica drammatica della performance trascinante di Carey Mulligan nei panni di Jeanette, una madre "ribelle", è l'ancora di salvezza del film. Le sue battute sono irriverenti, inaspettate ed elargite con classe e maestria. Tuttavia il suo personaggio è fin troppo moderno, stride con l'ambientazione anni cinquanta. La ricostruzione scenica del periodo non è neppure aiutata dalle scelte legate alla fotografia, che seppur ben eseguita, non è caratterizzante. Manca quella luce filtrata a donare l'aspetto retrò e nostalgico, mancano le ombre sui volti dei personaggi, così unidimensionali. Jake Gyllenhaal entra ed esce dall'equazione, l'attore regala un interpretazione solida e costante, senza sbavature ma ampiamente marginale se commisurata alla dirompente presenza della Mulligan.
Il risultato non delude e non esalta. Dano ha chiaramente allenato l'occhio per quanto riguarda la messa in scena, e sa replicare in modo impeccabile le regole base della cinematografia. Ciò che non ha ancora trovato è il suo stile unico e riconoscibile.
(Wildlife); Regia: Paul Dano; sceneggiatura: Paul Dano, Zoe Kazan; fotografia: Diego Garcia; montaggio: Louise Ford, Matthew Hannam; musica: David Lang; interpreti: Carey Mulligan, Jake Gyllenhaal, Ed Oxenbould; produzione: Alex Saks, Paul Dano, Oren Moverman, Ann Ruark, Jake Gyllenhaal, Riva Marker; distribuzione: Kaleidoscope Entertainment (UK Distribution); origine: USA, 2018; durata: 104'
from Close-Up.it - storie della visione https://ift.tt/2QZmPUd
Nessun commento:
Posta un commento