La sala è gremita, sta per entrare un vero Mito: il papà di Capitan Harlock, del Galaxy Express, della Regina dei Mille Anni. La tensione è palpabile tra gli organizzatori che si raccomandano di non affaticare il Maestro e si premurano di sgombrare la strada da zainetti assassini che potrebbero comprometterne la deambulazione. Viene ricordato ai giornalisti che “il Maestro non va interrotto”, come se qualcuno in sala sapesse il giapponese e potesse ribattere alle sue affermazioni. E poi è il papà di Capitan Harlock, chi si sognerebbe di interromperlo? Le fotografie dovranno rigorosamente concentrarsi nei primi tre minuti dell’ingresso del Maestro, non di più, e gli unici autorizzati a registrare la conferenza nella sua interezza sono i canali televisivi che hanno preso accordi con l’organizzazione. Se qualcuno ha un mezzo proposito di bloccarlo una volta finita la conferenza per fargli qualche domanda aggiuntiva o (peggio ancora) farsi fare una dedica, che se lo levi dalla testa.
Ovviamente all’ingresso del Maestro è il delirio. Una standing ovation e un tripudio di flash. Poco importa che nel corso dell’incontro si limiti spesso a ribadire informazioni che si possono trovare tranquillamente in giro per internet nelle sue biografie o nelle sue interviste: solo la sua presenza è sufficiente a estasiare il pubblico. Leiji Matsumoto non è solo: ad accompagnarlo c’è il suo segretario, che si rivelerà sin troppo zelante.
Molte delle risposte sembrano essere dei pensierini pescati a caso tra le banalità mescolate in precedenza in un cappello: il Maestro scrive ovviamente le sue storie pensando al suo pubblico, ma fa le storie che vorrebbe leggere lui. Bisogna credere nei propri sogni e portarli avanti, la vita va vissuta e nessuno nasce per morire. Il mondo non deve avere bandiere e non ci devono essere differenze di religione o di altro tipo ma bisogna essere uniti, una popolazione unica: bisogna proteggere la Terra. Il boom economico del Giappone anni Sessanta nacque anche dall’idea di non mollare, di seguire i sogni, di aiutarsi l’un l’altro (e almeno qui ci offre uno spaccato sociologico forse non banale).
Ma qualche barlume di interesse c’è stato: citando involontariamente il «pacifismo armato» del film Dear Wendy, Matsumoto rivela che è un collezionista di pistole molto affascinato dalle armi. Il Maestro rivela poi che all’origine del suo mondo, a fumetti e animato, c’erano le immagini che sognava, a loro volta ispirate all’immaginario (principalmente cinematografico) di cui si nutriva. Ospite in Italia, non può fare a meno di citare accanto ai film americani anche gli spaghetti western che guardava da bambino (ma il genere nasce nel 1964 e chissà quando sarà arrivato in Giappone, quindi poi tanto bambino non poteva essere). Forse per dovere d’ospitalità cita anche la parte romantica dei film italiani, che guardava in gran quantità nel periodo in cui frequentava le scuole superiori. Il compiacimento per le belle architetture di Lucca si era d’altro canto già manifestato con due disegni inediti a colori nella mostra a lui dedicata.
Un fraintendimento di una domanda del pubblico (l’importanza che rivestono i suoi personaggi femminili e non a cosa si è ispirato per disegnare donne bionde e occidentali) consente una divagazione piuttosto interessante: si è impegnato a disegnarli bene perché gli avevano fatto notare che non sapeva disegnare le donne, l’ispirazione per il suo modello femminile deriva dal film francese Marianne de ma jeunesse di Julien Duvivier. Le caratteristiche occidentali dei suoi personaggi femminili sono dovute anche alla presenza di donne occidentali nel tempio che frequentava in gioventù.
Durante l’incontro il Maestro ci mette anche al corrente di alcuni dettagli suggestivi della sua opera e della sua filosofia: il Galaxy Espress 999, ad esempio, ha quel particolare numero e non il 1000 tondo tondo proprio per rimandare a un senso di incompletezza, a qualcosa in divenire che ricordi la giovinezza ancora aperta a molte possibilità. E questo riconduce al motivo per cui le sue opere non sono mai del tutto complete: sono parti di un puzzle più grande, una storia che non ha intenzione di concludere, un viaggio che non finisce. Una simpatica curiosità è che i personaggi della corazzata spaziale Yamato sono ispirati a persone reali e che la ciurma era costituita da suoi familiari, col padre nel ruolo del capitano.
E adesso che Lucca ha calato l’asso Matsumoto per irretire i nippofili speriamo in futuro di vedere ospitati anche Juillard o Gibrat.
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