È stata un'annata ricca di titoli di grande qualità, come non accadeva da tempo. E anche per il cinema italiano, presente nella classifica con due titoli.
Insomma, a ripensarlo tutto, questo 2019 è stato davvero un anno niente male. Compilare questa top ten, la classifica dei migliori film usciti nelle sale italiane nel 2019, non è stato affatto facile. Un po' per una congenita incapacità nello stilare liste, un po' perché decidere quali film far rientrare nei primi dieci, e in quale ordine soprattutto, ha rappresentato una vera e propria sfida.
Molti dei film in classifica avrebbero meritato degli ex aequo nelle posizioni più alte, ma in questo modo mi sarebbe parso di barare. In più dobbiamo ricordarci che, come ogni classifica di questo tipo, anche la mia top ten è un gioco, e come tale va presa.
E allora giochiamo.
I Migliori film del 2019
- Parasite
- Un giorno di pioggia a New York
- La mafia non è più quella di una volta
- Burning
- The Irishman
- L'ufficiale e la spia
- Dolor y Gloria
- Free Solo
- Martin Eden
- Noi
Parasite
Dalla Palma d'Oro vinta a Cannes (dove la concorrenza non era mica da poco) in avanti, per il film di Bong Joon-ho è stato un cammino di successi. Tanto dal punto di vista critico (è in cima alle classifiche dei migliori film dell'anno di mezzo mondo, e sta raccattando premi a destra e a sinistra, compreso quello di Film della Critica 2019 del Sindacato dei Critici Italiani) sia da quello del pubblico. Perfino nelle sale italiane è andato bene, rimanendo per cinque settimane nella top ten degli incassi e superando il milione e ottocentomila euro d'incasso. Che altro dire che non abbiamo già detto in questi mesi? Se non l'avete ancora visto, vedetelo.
Un giorno di pioggia a New York
Woody Allen è un genio. Punto. E non solo perché è uno che - a parte recenti problemi che hanno riguardato proprio questo film e che l'hanno portato a saltare un giro - fa un film all'anno da decenni mantenendo uno standard qualitativo come nessun altro. È un genio perché riesce sempre a tirare fuori il film giusto con le cose giuste nel momento giusto. Come in questo caso. Con una semplicità assoluta e un umorismo tagliente e raffinato, Allen lascia imperversare la tempesta attorno a noi e ci parla delle cose importanti della vita: la bellezza, l'arte, la cultura. Il rispetto di sé e degli altri, la coerenza. Poteva anche essere primo.
La mafia non è più quella di una volta
Non so da quanti anni non piazzavo un film italiano sul podio della classifica dei migliori film dell'anno. Anzi, lo so, perché ho ricontrollato: dal 2015, quando al terzo posto c'era Bella e perduta, con Mia madre al sesto. Quest'anno Marcello lo ritroviamo un po' più giù (ma poteva stare più su) e sul podio c'è un grandissimo Franco Maresco. La visione del suo La mafia non è più quella di una volta al Festival di Venezia è stata un'esperienza folgorante, e il palermitano conferma di essere il Grande Irregolare del nostro cinema, con uno sguardo, un'ironia, una dolenza e un'intelligenza di cui avremmo bisogno molto più spesso di quanto Maresco non ci conceda di fare.
Burning
Questo è un altro grandissimo film. Ma proprio grandissimo, tanto quanto i tre che lo hanno preceduto. Se è fuori dal podio è solo, forse, perché è appena un'anticchia meno immediato, meno forte dal punto di vista puramente epidermico, anche se lavora in profondità - e nel tempo - tanto quanto i tre titoli citati fino a questo momento. Lee Chang-dong ha realizzato un film labirintico, metafisico eppure concretissimo sull'animo umano, le classi sociali, sul potere. E sulle ombre. La scena in cui Jon Jong-seo balla in topless in controluce davanti a un tramonto, sulle note di Miles Davis, mentre gli altri due protagonisti la guardano ipnotizzati è forse la più bella dell'anno.
The Irishman
Martin Scorsese. E Netflix. E Robert De Niro, ma ancora di più Joe Pesci e Al Pacino. Se escludiamo i documentari su Bob Dylan, erano anni (ma tanti anni) che Scorsese non faceva un film così bello. Davvero degno di Casinò e di Quei bravi ragazzi. Dentro ci sono il genere, la storia con la esse maiuscola, il crepuscolo, le riflessioni sulla vecchiaia e sulla morte. C'è, forse davvero prima di ogni cosa, la capacità di riaffermare con forza l'attualità di un cinema che in troppi vorrebbero dare per spacciato. Facendolo, peraltro, sulla piattaforma che tutti indicano come il futuro del cinema e della visione cinematografica.
L'ufficiale e la spia
Non poteva mancare l'ultimo, bellissimo film di un altro dei più grandi registi viventi nella top ten dei migliori film del 2019. Roman Polanski c'era già stato l'anno scorso col precedente Quello che non so di lei: che era bello, ma L'ufficiale e la spia lo è molto di più. Un po' come Allen, che è una sorta di compagno di sventura in questi tempi di neo-moralismi e di rinnovati maccartismi, anche il polacco ha in qualche modo parlato di sé in questo film, e del nostro presente. Ma, proprio come Allen, senza mai dimenticare la cosa più importante: il cinema e il racconto. Che sono puliti, nitidi, impeccabili e appassionanti.
Dolor y Gloria
Di sè in un certo senso parla anche Pedro Almodovar, che come Scorsese riporta il suo cinema a vette altissime come non accadeva da tempo. E come quello di Scorsese, anche questo dello spagnolo è un film che riflette sul passare del tempo, sull'invecchiare, sul maturare da soli e insieme agli altri. Non ci fosse stato in giro Parasite, sarebbe stato probabilmente il più ovvio candidato alla Palma d'oro al Festival di Cannes, dove il film è stato presentato - caso eccezionale, come in quelli recenti che hanno riguardato Nanni Moretti - dopo l'uscita nelle sale del suo paese. Uno dei film più commoventi dell'anno, forse il più commovente in assoluto.
Free Solo
È il film che, lo scorso febbraio, ha vinto un meritatissimo premio Oscar come miglior documentario. Nelle sale italiane è stato poco, e se l'avete perso dovreste assolutamente cercare di recuperarlo: il grande schermo è un'altra cosa, ma è comunque disponibile in streaming su diverse piattaforme. L'incredibile gesto atletico di Alex Honnold, che ha scalato a mani nude e senza funi di sicurezza una parete di roccia verticale di 975 metri, e il gesto stesso del filmarlo e documentarlo, assumono sfumature filosofiche, mistiche e metafisiche. E la scalata di Honnold è quanto di più simile ci possa essere oggi alla rappresentazione concreta e pratica del desiderio umano dell’ascesa verso qualche forma di Paradiso, o di Nirvana.
Martin Eden
Eccolo qui, Pietro Marcello. Che non ha scalato pareti di roccia a mani nude, ma che è uno che il cinema lo fa con le mani, oltre che con la testa e con il cuore, con la voglia e la necessità di metterci dentro una materialità che arriva forte fino allo spettatore. Marcello prende il romanzo di London, lo ambienta a Napoli, lo esalta portandolo fuori dallo spazio ma soprattutto dal tempo, mescolando al film la storia del Novecento italiano, le riprese originali con quelle d'archivio, ammiccando allo sceneggiato ma superandolo e sciogliendolo nella storia del cinema. Di autori liberi, ambiziosi e coraggiosi come Marcello ce ne sono pochi: teniamocelo stretto.
Noi
E finalmente, spazio anche per il cinema di genere. Prima di tutto, l'opera seconda di Jordan Peele dopo Scappa - Get Out fa paura. E non poca. Mette ansia e distrugge certezze e orientamento dello spettatore. Poi, fa un'operazione chiaramente e dichiaratamente politica calandola perfettamente dentro le regole del genere, come il miglior horror degli anni Ottanta. Quello di Noi è un testo complesso, che alla lettura immediata e superficiale, e a un primo livello metaforico che riguarda aspetti socio-economici e politici, ne associa uno più profondo, che riguarda questioni intime, singolari e psicanalitiche.
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