martedì 26 novembre 2019

Torino Film Festival - Pink Wall - Concorso

Una storia d'amore può essere raccontata in mille modi ed è proprio il come viene raccontata che cambia la solfa: la forma - originale - supporta il contenuto - banale e già visto mille volte. Jenna (Tatiana Maslany) e Leon (Jay Duplass) si guardano da lontano in una discoteca, occhieggiano, si avvicinano, ballano insieme ...
Sei anni di relazione suddivisi in sei capitoli montati in ordine non cronologico. La complicità dei due protagonisti è immediata ed è forse l'ultima cosa a sparire nel loro rapporto. Si amano, si sostengono, si stimolano, si sorprendono, si deludono, si tradiscono. La scelta del regista è di seguire i due amanti nei momenti difficili, in cui si trovano in difficoltà, in cui litigano, in cui non fanno l'amore. Solo nel capitolo Anno Uno (girato - o proiettato - in quattro terzi, il formato televisivo, a rimarcare che si tratta di un flashback) i due sono con l'occhio luccicante, il sorriso sempre pronto, la pelle in evidenza; negli altri capitoli si dicono parole cattive per poi riconciliarsi, si ingelosiscono, confessano tradimenti. I film diretti da attori hanno qualcosa in comune: una magnifica recitazione talvolta - spesso - ostentata, fine a sé stessa, di compiacimento generale, di colui che dirige e di coloro che mettono in scena la performance.
In Pink wall Jenna e Leon parlano parlano parlano, i loro amici parlano parlano parlano, tutti costantemente dicono la loro su ogni cosa, su ogni spostamento d'aria, su ogni battito di ciglia: la battuta più ricorrente è I dont't know - Non lo so - un approccio colloquiale che destabilizza lo spettatore, non lo aiuta a identificarsi, neppure a sentirsi testimone partecipe della tavolata, semplicemente allude all'incapacità umana di conoscersi, di capirsi, di tenere in considerazione i propri desideri e le proprie aspirazioni. Il dilemma della coppia è ennesimamente il conflitto tra lavoro e famiglia, tra realizzazione personale e impegno serio nel costruire un rapporto profondo (facendo figli), tra infantilismo maschile e protervia femminile: qui viene raccontata una sorta di inversione di ruoli in cui la parte debole è l'uomo, quello col lavoro precario, che sta a casa e cucina il sugo per la cena dalla mattina, che perde tempo e bighellona per il resto della giornata in attesa della compagna lavoratrice, un uomo che non ha ambizioni o ha troppa paura per tirarle fuori (in una confessione della prima notte Leon dichiara di non essere mai piaciuto a suo padre e che con questa cosa non riesce a fare i conti), un uomo dolce e giocherellone, tendente alla pancetta (disinteresse verso l'aspetto esteriore), silenzioso in comitiva, sensibile e attento nella costruzione di una sorpresa (divertente, ma triste, la scena del travestimento da mummia sensuale che balla per sedurre). Jenna accetta una trasferta lavorativa di qualche giorno a Tokyo, proprio quando cade il compleanno di Leon: ma loro sono due compagni maturi, libertari, comprensivi, non si schiacciano l'uno con l'altra.
Il titolo evoca qualcosa di misterioso seminato nel film: il simbolo del tradimento, il McGuffin Hitchcockiano che porta avanti la trama e sgretola la relazione tra i due. A tratti fastidioso, ben recitato, verboso, mai emozionante nonostante la materia amorosa.

(Pink wall); Regia: Tom Cullen ; sceneggiatura: Tom Cullen; fotografia: Bobby Shore; montaggio: Gina Hirsch; musica: Chris Hyson; interpreti: Tatiana Maslany, Jay Duplass, Sarah Ovens, Tom Cullen; produzione: Dignity Film Finance, Talland Films; origine: Uk, 2019; durata: 82'.



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