Ginevra Elkann ha scritto con Chiara Barzini e montato con Desideria Rayner un film delizioso. È un aggettivo inappropriato per un oggetto cinematografico ma Magari è delizioso in quanto composto da piccole delizie di scrittura e di composizione e taglio scenico. Idee fresche, semplici e potenti, sequenze appassionanti, battute perspicaci e salienti, espressioni del viso belle e composte. Magari è misurato in ogni sua sfaccettatura: nella recitazione di Riccardo Scamarcio che interpreta Carlo il padre sceneggiatore che vive a Roma, in quella di Alba Rohrwacher che fa Benedetta, ufficialmente collaboratrice di Carlo, in realtà l'amante, nella recitazione dei tre figli, Alma (Oro De Commarque) la figlia minore di quasi 9 anni, Jean (Ettore Giustiniani), di circa 12, Sebastiano (Milo Roussel) di 14, che passano disinvolti dal francese all'italiano a qualche scambio in inglese. C'è una prepotente naturalezza nello snocciolarsi di una vacanza natalizia sui generis in una casa sul lungomare tra Sabaudia e il promontorio del Circeo che staglia il suo profilo all'orizzonte, con incontri di locali fascinosi (il maggiorenne Marco, sempre in giacca jeans, di cui la piccola di invaghisce).
Dettagli e paesaggi, il piccolo e il macroscopico, tutto è curato puntigliosamente con precisione attenta e desiderio (forse necessità autobiografica) di raccontare una storia diversa da molte, simile ad alcune, ambientata in un mondo assai diverso da quello attuale, un mondo che non c'è più. La famiglia, i legami sentimentali, i sogni convivono allacciati in maniera viscerale nelle parole fuori campo di Alma, occhio vigile e premuroso, attento e di parte, come è normale sia uno sguardo infantile, nei giorni trascorsi tutti insieme come desidera lei, come una famiglia.
Ancora negli anni Ottanta le vite degli adulti e quelle dei figli piccoli erano intersecate in maniera inattuale: i grandi fumavano, si ubriacavano, avevano rapporti sessuali, tradivano, si svergognavano davanti agli occhi esterrefatti della prole, incapace di capirli, senza strumenti ma obbligata a compiere delle scelte per via dell'infantile gestione degli affetti da parte dei genitori. Questo smarrimento - che si può declinare in terrore, in beffa, in disprezzo, in una forma anomala di accettazione compresa - è raccontato in maniera perfetta da Ginevra Elkann. Sarà perché ti amo si canta e si balla alla festa dopo capodanno («facciamo il nostro solito capodanno triste»), sarà perché ci si ama che si riesce a superare tutto; perché anche la morte accidentale di un cagnolino dal nome funesto (Tenco) può diventare motivo di ricongiungimento; perché crescere fa male sempre, ovunque e comunque, ci passano tutti - quasi tutti - indenni.
Gli anni Ottanta raccontati garbatamente, senza vezzi né compiacimento, come sono passati finalmente, o forse no. Un'opera prima equilibrata, sincera, riuscita.
(Magari); Regia: Ginevra Elkann; sceneggiatura: Chiara Barzini, Ginevra Elkann; fotografia: Vladan Radovic; montaggio: Desideria Rayner; musica: Riccardo Sinigallia; interpreti: Riccardo Scamarcio, Alba Rohrwacher, Milo Roussel, Ettore Giustiniani,, Oro De Commarque, Céline Sallette, Brett Gelman, Benjamin Baroche; produzione: Wildside, Rai Cinema, Tribus P Films, Iconoclast; distribuzione: Bim distribuzione; origine: Italia, Francia, 2019; durata: 104'
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