Alla vigilia del referendum per l'indipendenza del Québec, un uomo torna nella vecchia casa in riva al mare in cui aveva trascorso gli anni migliori della sua vita.
L'edificio non è di sua proprietà, come niente di ciò che in esso è contenuto, ma il proprietario è un caro amico e la possibilità di vivere tra quelle quattro mura rappresenta la speranza di potersi ricostruire un presente riannodando i legami con le parti migliori del suo passato: una moglie e un figlio praticamente abbandonato quando era ancora un bambino e ora uomo fatto.
Il lento processo di ridefinizione personale si rispecchia, dunque, nella storia collettiva di un paese che fa gli stessi conti con la propria identità nazionale secondo un percorso assai simile a quello sperimentato in Andrej Rublëv di Tarkovskij, pellicola fatta oggetto di un omaggio commosso e poi oggetto di discorso dapprima tra la madre e il figlio e poi fra quest'ultimo e la sua fidanzata.
Individuale e collettivo si prendono dunque a braccetto in Ville Neuve di Félix Dufour-Laperrière un film che segue gli sguardi dei suoi tre personaggi principali, entrando loro sottopelle e ricostruendone i più intimi pensieri. E mentre l'uomo gradualmente scende a patti col proprio passato e comincia a desiderare di rifarsi una vita, il paese affronta il referendum che è prima di tutto la risoluzione di un conflitto tra fratelli in cui sono pochi a sapere realmente quello che serve per costruire un futuro migliore.
Disegnato interamente con inchiostro su carta, in un bianco e nero che privilegia i toni scuri e le inflessioni di mille gradazione di grigio, Ville Neuve è un'opera a stento narrativa, tentata com'è in mille modi dal puro e semplice abbandono lirico a un linguaggio al tempo stesso introspettivo e sperimentale.
Grazie al suo tratto di grande efficacia, alle immagini spesso evocative, il film sa muoversi con grande sapienza sulle tracce dell'indistinto, dell'indeciso, dell'incerto prediligendo atmosfere sospese, nebbiose e scure abbastanza da essere appena a un passo dalla notte.
In questo modo la costruzione formale (che si avvale tra l'altro di una impaginazione sonora di astratta limpidezza centrata com'è su pochi suoni esemplari e sul fascino profondo di voci piegate a un linguaggio altamente poetico) sposa senza remore la materia narrativa coniugando insieme suggestione ed emozioni vere.
Félix Dufour-Laperrière chiude con Ville Neuve il suo primo lungometraggio di animazione dopo svariati corti che hanno trovato per di più la strada della proiezione nei musei grazie alla loro vocazione sperimentale. Qui, senza rinnegare il proprio passato, trova un giusto mezzo tra l'aspirazione “alta” della sua vocazione d'artista e un bisogno narrativo che non è mai concessione a un pubblico più vasto, ma esplorazione di un territorio per molti versi affine.
Il risultato è un prodotto decisamente affascinante.
(Ville Neuve); Regia: Félix Dufour-Laperrière; sceneggiatura: Félix Dufour-Laperrière; fotografia: Félix Dufour-Laperrière; montaggio: Félix Dufour-Laperrière; musica: Jean L'Appeau; interpreti: Robert Lalonde (Joseph), Johanne-Marie Tremblay (Emma), Théodore Pellerin (Ulysse), Gildor Roy (Edouard), Paul Ahmarani (il custode); produzione: Productions l'unité centrale; origine: Canada, 2018; durata: 76'
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